Industria alimentare italiana traino per l’economia del Bel Paese: con 179 miliardi di euro di fatturato annuo, 60mila imprese e 464mila occupati è componente di primo piano dell’interesse nazionale. L’export supera i 50 miliardi di valore in un anno. Secondo quanto emerso dal primo Rapporto Federalimentare-Censis «Il valore economico e sociale dell’industria alimentare italiana» presentato, presso la Sala della Regina alla Camera dei Deputati, l’86,4% degli italiani ha fiducia nell’industria alimentare.
L'industria alimentare italiana ha raggiunto 179 miliardi di euro di fatturato annuo
All’interno della filiera del food italiano, l’industria alimentare registra un fatturato totale di 607 miliardi di euro, pari al 31,8% del Pil, con 1,3 milioni di imprese, 3,6 milioni di addetti e che costituisce quindi un patrimonio di interesse nazionale. «L'industria alimentare italiana ha un valore strategico - ha dichiarato Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste - ed è un elemento portante della nostra economia. Bisogna sempre più comprendere la potenzialità legata ai prodotti italiani. I dati fotografano una crescita del settore, sul quale il governo continua a investire. La qualità è al centro del nostro dibattito e lo facciamo attenzionando il contesto, ma anche incentivando l’esportazione e promuovendo le aziende del Paese all’estero».
Da sinistra: Paolo Mascarino, Francesco Lollobrigida, Luigi D‘Eramo, Massimiliano Valerii
Industria alimentare prima per fatturato
L’industria alimentare, nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani, è al primo posto per fatturato, al secondo posto per numero di imprese, per addetti e per l’export in valore. In dieci anni il fatturato ha registrato in termini reali un incremento del 24,7%, il numero di addetti del 12,2% e il valore delle esportazioni del 60,3%. L’industria alimentare risponde a una spesa interna che, come quota del totale della spesa, è in Italia pari al 16,6%, come la Spagna, superiore a Francia (15,7%), Paesi Bassi (13,9%), Germania (13,4%) e media della Ue a 27 Paesi (16,1%). Come anticipato, dal Rapporto si evince come l’86,4% degli italiani dichiara di avere fiducia nell’industria alimentare italiana ed è una fiducia trasversale, che coinvolge il 93,8% degli anziani, l’84,2% degli adulti e l’81,6% dei più giovani.
Nel settore alta l'attenzione al Made in Italy
Durante la presentazione del rapporto, Lorenzo Fontana, presidente della Camera dei Deputati, evidenzia come: «Si tratta di numeri importanti che ben rappresentano il prezioso contributo dell’industria agroalimentare al benessere dei consumatori, allo sviluppo di un'economia competitiva e alla coesione sociale. Le imprese del settore sono oggi chiamate a nuove e impegnative sfide riguardo alla modernizzazione e sostenibilità dei processi produttivi, alla valorizzazione dei prodotti e alla difesa degli alti livelli di qualità e sicurezza. Sono certo che sapranno essere all'altezza di questo compito». Secondo Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare: «Il settore è uno dei più dinamici e robusti dell’industria italiana e, dopo secoli di storia al fianco della nostra popolazione, vuole ancora essere impegnato a favore della crescita, nella consapevolezza di rappresentare un patrimonio nazionale nella produzione di alimenti di qualità, unici e con marchi riconoscibili. Quei prodotti del Made in Italy che, grazie all’industria alimentare italiana, costituiscono da sempre un vanto nel mondo».
Alla Camera, il primo Rapporto Federalimentare-Censis
Il valore sociale dell’Alimentare e degli stabilimenti in Italia
Secondo quanto emerso dal rapporto, il 78,3% degli italiani valuta molto positivamente che gli stabilimenti dell’industria alimentare siano localizzati in Italia, perché contribuiscono alla creazione di redditi e occupazione nei territori coinvolti. Inoltre, pur in situazioni di crisi e nell’attuale inflazione, l’industria alimentare ha sempre garantito un’articolazione interna di prezzi che rende possibile l’inclusività, anche dei gruppi sociali più vulnerabili, nei consumi alimentari. Il 90,7% degli italiani dice che mangiare il cibo che preferisce è importante per il proprio benessere psicofisico. Pur non rinunciando al rigoroso controllo del budget familiare, il 63,4% degli italiani per alcuni alimenti acquista solo prodotti di qualità, senza badare al prezzo. Il 79%, pur praticando diete soggettive nel perimetro di quelle tipicamente italiane, apprezza la disponibilità di nuove referenze nei punti vendita. È il senso del ruolo sociale di promozione del benessere e di welfare dei consumi alimentari.
L’industria alimentare, nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani, è al primo posto per fatturato
Italiani a tavola? abitudinari ma non manca chi osa
Quali sono le abitudini degli italiani a tavola secondo il report?
- Il 42,1% degli italiani a tavola nel quotidiano si definisce un abitudinario, cioè mangia più o meno sempre lo stesso cibo,
- il 20,5% un innovatore a cui piace sperimentare alimenti e gastronomie nuove,
- il 9,2% un salutista che mangia sempre e solo cibo che fa bene alla salute,
- il 7% un appassionato, cura la spesa e gli piace cucinare, il 6,3% un italianista, vuole sempre e solo prodotti italiani,
- il 5,8% un convivialista, considera il cibo importante perché occasione per stare con gli altri,
- il 4,4% godereccio, perché mangia sempre quel che gli piace.
Ma cosa mangiano gli italiani?
- Il 92,7% ha l’abitudine di mangiare un po’ di tutto senza vincoli particolari,
- il 7,1% si dichiara vegetariano,
- 4,3% vegano o vegetaliano.
Molti italiani tendono a comprare prodotti che fanno bene alla salute
Alta l’attenzione ai valori etici nel carrello
Tra i fattori che gli italiani valutano nel fare la spesa o quando si mettono a tavola ci sono anche i valori etici e sociali:
- il 66,7% è pronto a rinunciare a prodotti che potrebbero essere dannosi per la salute,
- il 52,6% a quelli non in linea con criteri di sicurezza alimentare, il 43,3% a quelli la cui produzione e distribuzione non rispetta l’ambiente,
- il 35,6% a quelli per la cui produzione non sono tutelati i diritti dei lavoratori e dei fornitori.