Nel 2019, l’assemblea generale delle Nazioni unite ha proclamato il 10 febbraio “Giornata mondiale dei legumi”, un riconoscimento dei benefici a livello nutrizionale e ambientale che i legumi hanno nella produzione sostenibile di cibo, nonché della sua importanza in termini del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo dell’Agenda 2030 dell’Onu. Infatti, almeno 6 tipi di fagioli, del genere “phaeseolus vulgaris” e “vigna” sono tra i 50 alimenti del futuro del Wwf (World Wildlife Fund) per essere considerati cibo sano per l’uomo e per il pianeta.
Ci sono 18mila tipologie di legumi
Buoni per noi, buoni per il pianeta
I legumi sono i semi commestibili delle piante appartenenti alla enorme famiglia delle Leguminose o Fabaceae, oltre 18mila tipologie diverse suddivise in 650 generi disseminate su tutto il pianeta. Sono legumi i fagioli, le lenticchie, i piselli, la soia. Meno conosciuti i lupini, le cicerchie e la carruba. Lo sono anche le arachidi che consideriamo frutta secca e i fagiolini, ma per le loro caratteristiche nutrizionali sono assimilabili alle verdure.
Slow Beans, la rete italiana che include produttori di legumi, ma anche cuochi e attivisti che riconoscono la crucialità delle leguminose per l’ambiente e la nostra salute ripropone l’iniziativa Aggiungi un legume a tavola.
Legumi, quali sono
Andiamo a conoscerli.
- Fagioli: tra i legumi più consumati al mondo, disponibili in tantissime varietà, circa trecento di cui una sessantina quelle commestibili, quelle più diffuse sono native del continente americano e coltivate in tutto il globo. Vengono associati due generi diversi: Phaseolus L. che comprende i fagioli di origine americana (tra cui i borlotti ed i cannellini) e Vigna Savi (dal nome del botanico che li classificò nel Seicento) che comprende quelli del Vecchio Mondo, conosciuti come fagioli dell’occhio diffusi in Europa prima della scoperta dell’America (a cui fanno parte quelli asiatici come azuki). Delle quindici diffuse sul territorio nazionale, sei hanno conquistato i prestigiosi marchi europei di Denominazione di origine protetta (Dop) o di Indicazione Geografica Protetta (Igp) e precisamente: il fagiolo di Lamon igp coltivato nei 21 comuni vallata Bellunese; in Basilicata il fagiolo bianco di Rotunda dop e quello di Sarconi igp; il fagiolo cannellino di Atina dop nel Lazio in provincia di Frosinone; in Piemonte il Fagiolo Cuneo igp. Una trentina poi sono quelli inseriti nei Presidi Slow food di cui la Piattella canavesana di Cortereggio e il Fagiolo di Saluggia in Piemonte; la Fagiola di Venanzio in Toscana; Fagiolo bianco di Pigna con quelli di Corio e Badalucco in Liguria, solo per citarne alcuni.
- Ceci: dalla storia antica, le prime testimonianze risalgono ai Sumeri. Sono i semi contenuti nei baccelli del Cicer arietinum, che si coltiva in diverse parti del mondo, India, Pakistan, Australia e tutto il bacino del Mediterraneo, in Italia principalmente in Liguria e nelle regioni centrali: Toscana, Lazio, Umbria. Dopo la soia ed il fagiolo, è la terza leguminosa per produzione mondiale. Consumato soprattutto in Liguria e nelle zone meridionali in alcuni piatti locali. Ampiamente apprezzati nelle diete vegane e vegetariane. Sono invece diffusissimi in forma essiccata, in salamoia surgelati e in farina. Interessante la recente proposta della pasta di ceci. Presidio Slow Food il Cece liscio di Cassano delle Murge nelle sue varietà nera e rossa, viene prodotto nel comune pugliese e in alcuni territori dei comuni limitrofi in provincia di Bari.
- Piselli: tipicamente primaverili, per migliaia di anni non sono stati consumati freschi, ma essicati grazie alla loro ottima capacità di essicazione. Furono gli Olandesi nel Medioevo a introdurne il consumo fresco. Nella letteratura gastronomica compaiono per la prima volta in Francia nel Medioevo nel manoscritto di Guillaume Tirel Le Viandier. Le varietà sono veramente e si distinguono per la dimensione della pianta. Il periodo di raccolta si concentra nei mesi di maggio e giugno. Oggi vengono commercializzati principalmente surgelati o inscatolati. In passato erano considerati simbolo di fortuna e prosperità. I fiori bianchi e gialli venivano intrecciati in ghirlande bene auguranti per le spose. Non solo il Doge di Venezia il 25 aprile quando si festeggiava San Marco, patrono della città si presentava al balcone di Palazzo Ducale con un piatto di “risi e bisi” a salutare il popolo e ad augurare i migliori auspici per l’anno a venire. Ma attenzione i Dogi richiedevano una varietà particolare: i bisi de Lumignan, ormai scomparsa.
- Lenticchie: tra le piante agricole più antiche, alcuni studi le fanno risalire al 7000 a.C. nella zona compresa fra Siria ed Iraq. Simbolo di prosperità e denaro, tanto da attribuire loro il potere di portare soldi, soprattutto se mangiate a cavallo del nuovo anno. Sono tra i primissimi legumi a essere consumati e coltivati dall'uomo, se ne trovano testimonianze anche nella Genesi, nel famoso episodio di Esaù che proprio per un piatto di lenticchie cedette il diritto di primogenitura al fratello Giacobbe. Delle otto varietà italiane, tre e precisamente Lenticchia di Altamura nelle Murge, quella di Castelluccio di Norcia e quella di Ornano in Lazio hanno ottenuto l’Identificazione Geografica Protetta. Quattro invece sono i Presidi Slow Food e precisamente: Lenticchia nera delle colline ennesi, Lenticchia di Rascino nella zona del Cicolano in provincia di Rieti, Lenticchia di Villalba e quella di Ustica in Sicilia.
- Fagiolini: sono dei legumi anomali, dal punto di vista nutrizionale sono più simili alle verdure. Esistono svariate tipologie di fagiolino che si differenziano tra loro per il colore e la forma del baccello. Tra queste ricordiamo i piattoni, fagiolini verdi, lunghi e schiacciati, e i fagiolini Gancetto, verdi con baccello a forma tendenzialmente arricciata molto utilizzati in Liguria. Tra le varietà colorate il Meraviglia di Venezia, giallo chiaro brillante ed il Trionfo Violetto caratterizzato da un baccello di color viola scuro tendente al nero. Una curiosità sono i Serpentoni o Stringhe, sottilissimi e lunghi (possono arrivare persino ad un metro!), sebbene siano tipicamente coltivati in Toscana è più facile trovarli nei negozi di prodotti esotici e nei mercati con banchi etnici, poiché una qualità analoga di origine cinese è usata nelle cucine orientali.
- Soia: originaria dell'estremo oriente (Manciuria), coltivata da 5mila anni in Cina, inserita nelle cinque piante sacre insieme al riso, frumento, orzo e miglio, è il pilastro dell’alimentazione cinese grazie alle sue proprietà organolettiche, proteine di elevata qualità paragonabili a quelle della carne. È una delle principali colture a livello globale, ma i tre quarti della produzione sono destinati a mangime per animali, prima di tutto polli, poi maiali, vacche da latte e bovini da carne. Arriva in Occidente tra l’800 e il 900 e diventa il prodotto di punta nell'agricoltura statunitense durante la seconda guerra mondiale. Non viene consumata solo nella sua forma originaria, ma trasformata in farina, germogli consumati come verdure, latte, olio, tofu (forse il prodotto più conosciuto), miso. Sempre più frequentemente si trova in commercio l’edamame, ovvero i baccelli di soia lessati di cui si consumano solo i sempi, fonte di proteine e minerali.
- Fave: le tante leggende legate a questo legume ci indica che la loro coltivazione risale ai primi millenni avanti Cristo. Per quanto riguarda l’Italia le prime notizie risalgono ai Romani del II secolo: nel trattato De Agricoltura di Marco Porcio Catone la fava (faba) è citata due volte. L’unica controindicazione di questo legume è rappresentata dal favismo, un grave disturbo dovuto a un difetto congenito dei globuli rossi che comporta l’assoluta necessità di evitarne l’assunzione. Nei Presidi Slow Food troviamo la Fava di Carpino in Puglia, di Ustica, la fava cottoia di Modica e quella di Leonforte in Sicilia, da ricordare che fino agli anni ‘50, nelle regioni del nord, anche oltre i 1000/1200 metri, le fave si coltivavano in tutti gli orti famigliari, come unico legume. Una curiosità: la fava nascosta nell’impasto della focaccia dolce della Befana, tipica dell’Italia nord-occidentale. Un tempo se ne mettevano due, una bianca ed una nera. Chi trovava quella bianca doveva pagare la focaccia, chi quella nera il vino. Trovare la fava era presagio di un anno fortunato. Lo stesso accade in Francia con la galette des rois.
- Lupini: dalle origini antichissime coltivato per diverse finalità soprattutto per miglioramento del suolo a pascolo e per l’alimentazione umana. Gli archeologi hanno ritrovato i suoi semi nelle piramidi egizie e maya. Le prime coltivazioni vengono fatte risalire a circa 4mila anni fa, sia nell'area del Mediterraneo (lupino bianco) che nelle zone andine del Sud America. Attualmente in Italia la coltivazione è maggiormente diffusa al Sud, in particolare in Calabria, Lazio, Puglia, Campania. Tipico cibo da strada, specialmente nelle sagre estive. Presidio Slow Food il lupino gigante di Vairano in Campania e quello di Anterivo, località montana della Val di Fiemme all’interno del parco naturale del Monte Corno con una particolarità: era un surrogato del caffè di tradizione contadina, i semi essicati e tostati diventavano una polvere dal profumo di nocciola e cacao.
- Cicerchie: a lungo dimenticate, ma oggi riscoperti soprattutto in un’ottica di salvaguardia della biodiversità ambientale. Le prime tracce della loro presenza risalgono all'8000 a.C. in Mesopotamia e al 6000 a.C nella penisola balcanica, ma è soprattutto nell'Antico Egitto che divenne un alimento principe della tavola, utilizzato nella preparazione di pani e zuppe. Coltivata nel centro-sud Italia con precisione nelle regioni di Marche, Molise, Umbria, Lazio e Puglia. In questi territori fanno parte delle ricette tradizionali, acquistando il riconoscimento di Prodotto agroalimentare tradizionale italiano (Pat). Presidio Slow Food la Cicerchia di Serra de’ Conti nelle Marche, quella di Anacapri (Napoli). Negli ultimi anni si son fatte conoscere anche altre varietà autoctone, come la Cicerchia dell’Altopiano di Navelli (Aq), la Cicerchia di Frigento (Av), la Cicerchia di Campodimele (Lt) e la Cicerchia della Murgia (Ba). Dai loro semi si ricava una farina senza glutine perfetta per fare a casa pane e focacce adatti anche ai celiaci.
- Carruba: a lungo dimenticato ed oggi riscoperto. È il frutto del carrubo, un albero sempreverde, robusto e longevo originario dell’Asia minore e della Siria. L’Italia meridionale è da epoche remote il suo habitat ideale. Attualmente l’area sud-orientale siciliana, individuata come Val di Noto tra la provincia di Ragusa, di Siracusa e parte delle province di Catania, di Enna e di Caltanissetta, rappresenta circa l’80% delle coltivazioni di carrubo del territorio nazionale. Costituiscono motivo di orgoglio la presenza di alcuni esemplari, secolari e monumentali, che si calcola abbiano raggiunto età eccezionali come il carrubo di Favarotto a cui vengono attribuiti duemila anni di vita. I suoi principali utilizzi sono: farina prodotta con la tostatura e macinazione dei semi, usata come addensante; farina di polpa da cui si estrae un prodotto alternativo al cacao a basso contenuto di grssi dal sapore che ricorda il cioccolato. In commercio si trova anche la farina, indicata anche per i celici. La carruba di Maratea è inserita tra i prodotti agroalimentari tradizionali della Basilicata. Curiosità: i semi sono anche chiamati carati, poiché grazie al loro peso costante, erano usati per pesare oro e pietre preziose (da qui l'utilizzo come unità di misura).
- Arachidi: siamo abituati a considerarli una varietà di frutta secca invece appartengono alla famiglia delle Fabacee. Oggi sono fra i semi da olio più coltivati; fra i principali produttori troviamo Cina, India, alcune nazioni africane e gli Stati Uniti. Ne esistono diverse varietà con diverse caratteristiche morfologiche ma simili proprietà nutrizionali e vennero coltivate anche in Italia dalla seconda metà dell’Ottocento, inizialmente nell’orto sperimentale di Torino dalla Règia Società Agraria.
La coltivazione dei legumi è altamente sostenibile
Freschi, essiccati, in lattina
I legumi sono commercializzati sotto diverse forme di conservazione; quelli freschi facilmente reperibili in corrispondenza del periodo di raccolta: fave e piselli a fine primavera, mentre fagioli (in base alla varietà), lenticchie e ceci in estate. In lattina: sono già cotti e vengono immersi nel loro liquido di cottura. Essiccati: i legumi secchi, non le lenticchie però, prima della cottura necessitano di un periodo in ammollo in acqua fredda. Surgelati: furono proprio i piselli i primi legumi ad essere surgelati.
L’importanza dei legumi nel piatto
Sono alimenti ad alto valore nutrizionale e ingredienti fondamentali di una dieta sana, nonché un’apprezzabile fonte di proteine e micronutrienti e possono costituire una valida alternativa alla carne. Rispetto ad altre colture alimentari di base, i legumi hanno un prezzo di vendita più elevato e sono quindi un’importante coltura commerciale per i piccoli produttori.
I legumi hanno innumerevoli proprietà e sono una fonte di proteine alternativa
I legumi sono conosciuti per la loro caratteristica di fissare l’azoto atmosferico, contribuendo ad arricchire il suolo di materia organica di alta qualità, e di aumentare la capacità del terreno di trattenere l’acqua. Queste proprietà consentono agli agricoltori di ottimizzare l’uso dei fertilizzanti e dell’energia nei sistemi arabili, con una conseguente riduzione anche delle emissioni di gas a effetto serra. La coltivazione dei legumi richiede un minor quantitativo d’acqua rispetto ad altre fonti di proteine ed è essenziale per la biodiversità. I legumi possono essere conservati per mesi senza perdere il loro elevato valore nutrizionale; per tale ragione arricchiscono l’offerta di alimenti disponibili tra un raccolto e l’altro.
Volete cimentarvi con i legumi a tavola ecco alcune ricette da provare: