Non si arresta l'inflazione. L'Istat ha certificato per il mese di marzo un aumento dell'indice nazionale dei prezzi al consumo dell'1,2% rispetto allo scorso mese e del 6,7% rispetto al 2021 (a febbraio la percentuale era al 5,7%). Un dato così alto non si registrava da luglio 1991. Anche questo mese sono i prezzi dei Beni energetici non regolamentati a sostenere l’ulteriore ascesa, ma tensioni inflazionistiche continuano a diffondersi con la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa” che accelera di quasi un punto percentuale, portandosi a +5%. Per il Codacons, l'associazione dei consumatori, il rialzo al 6,7% a marzo rappresenta una "tragedia" e rischia di avere effetti pesanti sui consumi degli italiani. Ha infatti stimato una maggiore spesa fino a +2.674 euro annui a famiglia a causa della fiammata dei prezzi. Ma intanto gli agricoltori continuano a lavorare in perdita e rischiano di chiudere l'attività, a causa dell'elevato costo delle materie prime.
Il peso dell'inflazione: boom dei prezzi di frutta e verdura
Accelerano sia i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +4,1% a +5,0%) sia quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +5,3% a +6,9%). Crescono i prezzi al dettaglio dei prodotti alimentari. Per la frutta gli aumenti arrivano all'8,1% mentre per la verdura addirittura al 17,8%.
L'allarme del Codacons: «Per le famiglie è una stangata»
Il rialzo dell’inflazione al 6,7% a marzo per l'associazione consumatori rappresenta una "tragedia" e rischia di avere effetti pesanti sui consumi degli italiani. A lanciare l'allarme è il Codacons che stima una maggiore spesa fino a +2.674 euro annui a famiglia a causa della fiammata dei prezzi. «Le nostre peggiori previsioni trovano purtroppo conferma nei dati Istat, L’inflazione al 6,7%, considerata la totalità dei consumi di una famiglia, si traduce in una stangata da +2.058 euro annui per la famiglia 'tipo', e addirittura +2.674 euro annui per un nucleo con due figli», spiega il presidente Carlo Rienzi. L'associazione ha quindi chiesto al Governo di adottare misure straordinarie, partiendo da prezzi amministrati per i generi di prima necessità come gli alimentari di cui le famiglie non possono fare a meno.
«Le spinte al rialzo dei prezzi si stanno ampiamente trasferendo dalle materie prime importate, specialmente energetiche, al resto dei beni e servizi, portando l’inflazione di fondo al 2% nel confronto annuo, un valore che non si registrava da quasi dieci anni. E non consola per niente – ha invece dichiarato Confcommercio - Il fatto che in Paesi come la Germania e la Spagna il tasso di variazione dei prezzi al consumo sia anche superiore a quello italiano, rispettivamente +7,6% e +9,8%».
L'impatto sul sistema agricolo
Nonostante l'aumento dei prezzi nei campi e nelle stalle è crisi profonda. Più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma circa un terzo del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione.
«Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti - ha sottolineato Coldiretti - sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che servono al Paese a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato. In difficoltà serre e vivai per la produzione di piante, fiori, ma anche verdura e ortaggi seguiti dalle stalle da latte».