Traumi o distorsioni alle mani? La chirurgia ha fatto passi avanti

Trauma, distorsione, lacerazione e amputazione sono alcuni dei pericoli a cui vanno incontro le nostre mani. Negli ultimi anni la chirurgia ha fatto passi da gigante sia per intervenire sulle ossa che sui legamenti

19 agosto 2018 | 17:42
La mano è una delle parti del corpo più scoperte e anche una delle più utilizzate nella vita di tutti i giorni, per qualunque tipo di movimento. Portare le mani avanti è anche il primo gesto istintivo che si compie per proteggersi da qualcosa o qualcuno, specialmente quando stiamo cadendo. Ecco che per queste caratteristiche le mani accusano traumi anche molto importanti frequentemente. In un articolo pubblicato su Humanitasalute che qui riportiamo integralmente parla di problemi e rimedi relativi a traumi alla mano, Alberto Lazzerini, responsabile di Chirurgia della mano in Humanitas.




I danni alla mano sono uno dei principali motivi di accesso al pronto soccorso: fratture, distorsioni, traumi, al polso e alle dita sono infortuni particolarmente comuni. «La mano fa una serie infinita di movimenti che a loro volta sono l’insieme di un grandissimo numero di gesti. I movimenti che compiamo, anche se ci appaiono elementari, sono il frutto della sinergia di tutti i muscoli, le ossa e le articolazioni della mano. È una macchina straordinaria, che necessita di pochissima manutenzione, ma che non va trascurata», racconta Lazzerini.

«Le fratture del polso sono sicuramente i traumi più frequenti, poi tutte le ossa della mano - che sono numerose - possono rompersi e andare incontro a fratture e ognuna ha trattamenti specifici. Le ossa poi sono unite da legamenti, che possono lacerarsi. Sono lesioni molto importanti, che sul momento possono non rendersi evidenti; il paziente se le trascina così per molto tempo e quando iniziano a comparire i sintomi è tardi per effettuare un trattamento primario. Ci sono poi le lussazioni, le ferite, i traumi da schiacciamento e le amputazioni.

In caso di amputazione è bene seguire alcune accortezze: il pezzo amputato non va disinfettato e non va bagnato. Lo si avvolge in una garza o in un fazzoletto, lo si mette in un sacchetto di plastica chiuso e sigillato e il sacchetto si immerge in acqua e ghiaccio. Conservato in questo modo un segmento distale può essere reimpiantato anche molte ore dopo», spiega Lazzerini.

«In presenza di un trauma alla mano è bene recarsi al pronto soccorso, soprattutto se il trauma genera dolore, tumefazione, incapacità motoria o deformità. Il paziente sarà così sottoposto agli esami utili per la diagnosi. Oltre alla radiografia, utile per i traumi ossei, il paziente - a seconda dei casi - può essere sottoposto a ecografia, che consente di osservare i tendini; a ecografia con il doppler, che permette di verificare anche il funzionamento dei vasi e a elettromiografia, un esame grazie al quale si appura se un nervo funziona bene o meno».

«È innanzitutto importante identificare subito il tipo di danno e poi procedere al trattamento più appropriato che nel caso della frattura non sarà necessariamente un gesso o un fissatore esterno. I fissatori esterni hanno avuto un ruolo importante in passato, oggi sono un mezzo temporaneo nelle fratture estremamente frammentate per dare un certo grado di stabilità prima di mettere la placca oppure nelle fratture molto esposte, in cui l’osso è inquinato e c’è pericolo di infezione per cui è meglio non mettere la placca.

Oggi soprattutto nelle fratture del polso la chirurgia consente di ottenere risultati che fino a qualche anno fa non erano immaginabili. La frattura può essere semplice e interessare un pezzo dell’osso, oppure articolare e coinvolgere l’articolazione. In questo caso occorre ricomporla perfettamente, altrimenti l’articolazione smette di funzionare in maniera corretta e degenera. Il paziente dovrà sottoporsi poi a un percorso di riabilitazione, questa conta quanto l’intervento chirurgico e deve essere condotta per il tempo necessario con un terapista della mano», conclude Lazzerini.

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Alberto Lupini


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