Intestino irritabile, una sindrome che colpisce un italiano su tre
Oltre a stitichezza e diarrea, tra i sintomi emicrania, disturbi urinari, irritabilità, depressione, fatica cronica e perdita di concentrazione. Importante la visita gastroenterologica. Consigliata la dieta FodMap
17 novembre 2020 | 11:45
Secondo le stime, un italiano su tre soffre della sindrome dell’intestino irritabile, un disordine funzionale dell’apparato gastrointestinale in assenza di altra patologia specifica che ne causi i sintomi.
I sintomi possono essere diversi, così come le cause. Ne parla Silvio Danese, responsabile del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali di Humanitas e docente di Humanitas University, in un articolo apparso su Humanitas Salute che pubblichiamo.
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Quali sono i sintomi?
I sintomi riferiti dai pazienti sono molteplici: irregolarità intestinale che tende verso la stitichezza oppure verso la diarrea, ma anche una componente mista o un’alternanza tra le due; gonfiore addominale frequente; dolore addominale che non è sempre ben localizzato; urgenza nell’evacuazione. Sono sintomi che impattano notevolmente sulla qualità di vita, peggiorandola. Si pensi che la sindrome del colon irritabile è la seconda causa di assenza dal lavoro dopo l’influenza stagionale.
Possono inoltre esservi anche sintomi extra-intestinali, come emicrania, disturbi urinari, irritabilità, ansia e depressione, fatica cronica e perdita di concentrazione.
Quali sono le cause
Le cause responsabili della sindrome dell’intestino irritabile possono essere molteplici. Occorre innanzitutto sottolineare che si tratta di una patologia funzionale: è dunque il funzionamento dell’intestino a essere anomalo; nei pazienti che ne soffrono infatti non si rilevano lesioni o alterazioni a carico dell’organo. Tra le cause annoveriamo: un’alterazione della motilità intestinale, un’alterazione del microbiota, un’infiammazione, infezioni, un’aumentata sensibilità dell’intestino, eventuali intolleranze alimentari ma anche condizioni di ansia, stress e depressione.
La sindrome dell’intestino irritabile non è una malattia genetica, vi è una familiarità ma non è preponderante. È possibile vi sia riscontro di questa malattia in diverse persone della stessa famiglia per via della somiglianza della flora intestinale tra questi soggetti dovuta a fattori ambientali.
Come avviene la diagnosi?
In presenza dei sintomi è importante effettuare una visita gastroenterologica: lo specialista per la diagnosi terrà conto della storia del paziente, di quanto rilevato mediante l’esame obiettivo e valuterà la prescrizione di esami del sangue e delle feci, utili per escludere la presenza di infezioni e infiammazione.
I sintomi della sindrome del colon irritabile possono anche essere legati ad altre patologie, è dunque importante escludere condizioni quali: malassorbimento, infezioni, malattie croniche (malattia di Crohn, rettocolite ulcerosa), alterazioni metaboliche (come in presenza di diabete), disturbi psichiatrici (depressione) e intolleranze alimentari.
Quale è il ruolo dell’alimentazione?
L’alimentazione gioca un ruolo nel benessere del paziente. È bene però precisare che non esiste una regola valida per tutti: ogni paziente infatti ha una propria tolleranza all’assunzione dei diversi alimenti, è dunque importante valutare con gli specialisti (gastroenterologo, nutrizionista o dietista) – aiutandosi anche con la compilazione di un diario alimentare – la dieta più appropriata per la propria condizione, così da sapere quali alimenti contribuiscono alla persistenza dei sintomi e quali invece sono di aiuto. Pian piano, il paziente imparerà anche a conoscere la propria soglia di tolleranza sui singoli alimenti, così da sapersi regolare in autonomia.
Spesso si consiglia la dieta FodMap (“Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols”) che esclude alimenti contenenti zuccheri scarsamente assorbibili e dal forte potere fermentativo che l’intestino fatica a digerire e che pertanto possono favorire l’insorgenza dei sintomi. Nei pazienti con sindrome del colon irritabile può essere consigliabile limitare il consumo di alimenti quali asparagi, carciofi, funghi, cipolla e aglio; mele, ciliegie, pere, anguria, pesche e frutta essiccata; pistacchi, legumi, latte vaccino e yogurt, miele e prodotti ottenuti dalla lavorazione del grano come pasta e pane. Via libera invece ad alimenti come carote, patate, pomodori, zucchine e melanzane; melone, kiwi, fragole, arance e mandarini; brie, feta e latticini senza lattosio; uova e tofu; carne bianca; quinoa, riso, mais e cioccolato fondente.
Si ricorda che in generale per la salute dell’intestino è bene assicurarsi una sufficiente idratazione, bevendo circa due litri di acqua al giorno e praticare regolare attività fisica.
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L’alimentazione gioca un ruolo nel benessere del paziente
I sintomi possono essere diversi, così come le cause. Ne parla Silvio Danese, responsabile del Centro per le malattie infiammatorie croniche intestinali di Humanitas e docente di Humanitas University, in un articolo apparso su Humanitas Salute che pubblichiamo.
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Quali sono i sintomi?
I sintomi riferiti dai pazienti sono molteplici: irregolarità intestinale che tende verso la stitichezza oppure verso la diarrea, ma anche una componente mista o un’alternanza tra le due; gonfiore addominale frequente; dolore addominale che non è sempre ben localizzato; urgenza nell’evacuazione. Sono sintomi che impattano notevolmente sulla qualità di vita, peggiorandola. Si pensi che la sindrome del colon irritabile è la seconda causa di assenza dal lavoro dopo l’influenza stagionale.
Possono inoltre esservi anche sintomi extra-intestinali, come emicrania, disturbi urinari, irritabilità, ansia e depressione, fatica cronica e perdita di concentrazione.
Quali sono le cause
Le cause responsabili della sindrome dell’intestino irritabile possono essere molteplici. Occorre innanzitutto sottolineare che si tratta di una patologia funzionale: è dunque il funzionamento dell’intestino a essere anomalo; nei pazienti che ne soffrono infatti non si rilevano lesioni o alterazioni a carico dell’organo. Tra le cause annoveriamo: un’alterazione della motilità intestinale, un’alterazione del microbiota, un’infiammazione, infezioni, un’aumentata sensibilità dell’intestino, eventuali intolleranze alimentari ma anche condizioni di ansia, stress e depressione.
La sindrome dell’intestino irritabile non è una malattia genetica, vi è una familiarità ma non è preponderante. È possibile vi sia riscontro di questa malattia in diverse persone della stessa famiglia per via della somiglianza della flora intestinale tra questi soggetti dovuta a fattori ambientali.
Come avviene la diagnosi?
In presenza dei sintomi è importante effettuare una visita gastroenterologica: lo specialista per la diagnosi terrà conto della storia del paziente, di quanto rilevato mediante l’esame obiettivo e valuterà la prescrizione di esami del sangue e delle feci, utili per escludere la presenza di infezioni e infiammazione.
I sintomi della sindrome del colon irritabile possono anche essere legati ad altre patologie, è dunque importante escludere condizioni quali: malassorbimento, infezioni, malattie croniche (malattia di Crohn, rettocolite ulcerosa), alterazioni metaboliche (come in presenza di diabete), disturbi psichiatrici (depressione) e intolleranze alimentari.
Quale è il ruolo dell’alimentazione?
L’alimentazione gioca un ruolo nel benessere del paziente. È bene però precisare che non esiste una regola valida per tutti: ogni paziente infatti ha una propria tolleranza all’assunzione dei diversi alimenti, è dunque importante valutare con gli specialisti (gastroenterologo, nutrizionista o dietista) – aiutandosi anche con la compilazione di un diario alimentare – la dieta più appropriata per la propria condizione, così da sapere quali alimenti contribuiscono alla persistenza dei sintomi e quali invece sono di aiuto. Pian piano, il paziente imparerà anche a conoscere la propria soglia di tolleranza sui singoli alimenti, così da sapersi regolare in autonomia.
Spesso si consiglia la dieta FodMap (“Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols”) che esclude alimenti contenenti zuccheri scarsamente assorbibili e dal forte potere fermentativo che l’intestino fatica a digerire e che pertanto possono favorire l’insorgenza dei sintomi. Nei pazienti con sindrome del colon irritabile può essere consigliabile limitare il consumo di alimenti quali asparagi, carciofi, funghi, cipolla e aglio; mele, ciliegie, pere, anguria, pesche e frutta essiccata; pistacchi, legumi, latte vaccino e yogurt, miele e prodotti ottenuti dalla lavorazione del grano come pasta e pane. Via libera invece ad alimenti come carote, patate, pomodori, zucchine e melanzane; melone, kiwi, fragole, arance e mandarini; brie, feta e latticini senza lattosio; uova e tofu; carne bianca; quinoa, riso, mais e cioccolato fondente.
Si ricorda che in generale per la salute dell’intestino è bene assicurarsi una sufficiente idratazione, bevendo circa due litri di acqua al giorno e praticare regolare attività fisica.
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Alberto Lupini
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