Ecologica e ricca di Omega 3 La verità sulla carne “grass fed”

Si tratta di una tipologia ricavata da bovini allevati allo stato brado e alimentati solo a erba. Il nutrizionista Sacha Sorrentino ci spiega perché viene sempre più consigliata e sfata alcuni miti

08 dicembre 2019 | 12:32
di Federico Biffignandi
Nel vocabolario dei nutrizionisti e di chi ama seguire diete sane è entrato da poco tempo anche il termine “grass fed”. La traduzione dall’inglese significa, letteralmente, “nutrito ad erba” e già ci dà un’idea piuttosto completa di quello di cui si sta parlando. Chi viene “nutrito ad erba” sono i bovini i quali, appunto, non vengono alimentati con mais e soia come avviene dappertutto negli allevamenti, ma solo con erba. Questo tipo di “allevamento” non si fonda però solo sulla tipologia di alimentazione, ma anche sul modo di gestire gli animali che vengono mantenuti al pascolo allo stato brado dalla nascita alla macellazione senza alcun tipo di stalla dentro alle quali mantenerli.


Uno dei principi cardine è l'allevamento allo stato brado

Perché la carne “grass fed” sta diventando così di moda? In prima battuta perché rispetta il benessere degli animali che possono vivere nel modo più naturale e appropriato possibile; poi perché è decisamente meno impattante visto che il mangime utilizzato negli allevamenti tradizionali richiede un’enorme quantità di acqua e un ampio consumo di suolo. Infine il problema delle tonnellate di liquami da smaltire per ogni allevamento.

I vantaggi della carne “grass fed” però ricadono non solo sugli animali, ma anche su chi consuma quel tipo di carne che vanta una presenza risicata o nulla di antibiotici, chemioterapici, pesticidi. Ma uno degli aspetti più rilevanti dal punto di vista nutrizionale è che la carne “grass fed” contiene un’alta percentuale di Omega 3, acidi grassi essenziali spesso poco presenti nella nostra alimentazione e fondamentali nella prevenzione di malattie cardiovascolari e per il buon funzionamento di cervello, occhi e ghiandole endocrine. Una fonte alternativa al classico pesce che è risaputo fornire una buona quantità di Omega 3, a fronte però di un contenuto di mercurio preoccupante.

Il nutrizionista Sacha Sorrentino ci aiuta ad inquadrare dal punto di vista nutrizionale questo tipo di carne: «Premetto - esordisce - che bisogna sfatare una volta per tutte il mito per il quale la carne rossa faccia male. Bisogna sempre stare molto attenti a queste indicazioni perché molto dipende sempre dalla quantità di cibo che si assume. Ogni alimento può essere dannoso se assunto in quantità spropositate, così anche la carne rossa la quale - però - se inserita in una dieta regolare ha un ruolo fondamentale. Così come per la dieta in generale, anche per la questione della carne “grass fed” bisogna dare molto rilievo agli equilibri. La “dose” consigliata è quella di una porzione a settimana che ci garantisce una quantità giusta di Omega 3. Gli Omega 3 sono essenziali come antinfiammatori, ma non bisogna dare peso tanto al loro valore assoluto, quanto alla proporzione tra Omega 3 e Omega 6».

A questo punto il discorso diventa molto specifico, ma il principio dell’equilibrio è elementare e comprensibile da tutti. Gli Omega 6 - meno noti al grande pubblico - sono contenuti nei semi oleosi, nel germe o embrione di cereali, legumi e pseudo cereali, e i relativi oli estratti. «Il problema vero è il rapporto tra Omega 3 e Omega 6 - dice Sorrentino - basta considerare che in Italia il rapporto tra di essi, in media, si stanzia sul 13-16 a 1 quanto il rapporto ideale sarebbe invece sul 4-6 a 1. Molto dipende dalla tipologia di pesce che consumiamo: quello che consumiamo noi, da allevamento, non ne ha di Omega 3. Gli Omega 6 insomma non devono essere alla pari degli Omega 3 (che non sono la panacea di tutti i mali), ma sono comunque fondamentali perché bilanciano la percentuale di infiammazione del nostro corpo che non va assolutamente azzerata dal momento che innesca reazioni del nostro organismo di importanza vitale».

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Alberto Lupini


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