La spalla si blocca, non riuscendo a compiere alcun movimento, e il dolore che si prova è molto intenso. Nota come spalla congelata o frozen shoulder, la capsulite adesiva è una patologia della spalla che interessa soprattutto le donne di età tra i 35 e 55 anni. Può comparire in momenti particolari della vita della donna, con molte probabilità in concomitanza a forti stress lavorativi o emotivi, ma anche in presenza di alcune patologie.
Impediti i movimenti
«La capsulite adesiva – spiega Andrea Lisai, ortopedico specialista in chirurgia della spalla di Humanitas San Pio X - colpisce prevalentemente la capsula articolare, ovvero la struttura elastica che permette alla spalla di effettuare i suoi ampi movimenti. Inizialmente, la capsula articolare viene colpita da un’infiammazione (sinovite) che poi degenera in fibrosi retraente, ovvero lo stesso processo di cicatrizzazione di un’ustione. Inoltre, viene aumentata la produzione di alcune cellule (fibroblasti e miofibroblasti) che producono bande fibrose che irrigidiscono la spalla. In genere la capsulite riguarda solo una spalla, anche se nel 20-30% dei casi può comparire dopo del tempo anche nell’altra. Oltre alla progressiva rigidità articolare che impedisce ogni movimento sia passivo che attivo, la capsulite si manifesta con dolore continuo e poi lancinante quando si fa un movimento brusco. Di solito la persona non riesce a sollevare il braccio oltre la testa e non riesce a superare il gluteo quando cerca di toccare la schiena».
La capsulite si manifesta con dolore continuo
Idiopatica se non presenta cause esterne
«La capsulite adesiva viene definita idiopatica quando non presenta cause esterne note, anche se in alcuni casi l’iperlassità costituzionale ne è un fattore predisponente. Inoltre, si pensa che la capsulite adesiva possa essere associata a diverse patologie, come malattie metaboliche (diabete), patologie della tiroide e delle paratiroidi, patologie del surrene, dislipidemie, malattie neurologiche, traumi capsulari anche di bassa energia come la trazione di un cane o il girarsi per prendere la borsa dai sedili posteriori dell’auto e l’utilizzo di alcuni farmaci. Talvolta la capsulite può comparire a seguito di fratture, ad esempio, del trochite o del collo omerale, di interventi di svuotamento per una tendinite calcifica o di una lesione parziale o completa della cuffia, oltre che come conseguenza di una lussazione della spalla, esiti di mastectomia e linfadenectomia ascellare o impianto di pacemaker», continua lo specialista.
La visita ortopedica per la diagnosi
«Per la diagnosi della capsulite adesiva è necessaria la visita ortopedica con lo specialista che, mantenendo la scapola bloccata, osserva come e di quanto è ridotto il movimento, oltre a valutare l’intensità del dolore avvertito dal paziente – sottolinea il medico - La visita ortopedica viene eseguita anche con l’ecografia per poter guardare subito dentro la spalla ed escludere altre patologie alla base del dolore. L’ecografia effettuata durante la visita ortopedica, inoltre, permette di individuare eventuali piccole fratture di trochite che possono essere causa di forme secondarie di capsulite e verificare tempestivamente la presenza di sinovite articolare. Se necessario, viene richiesta anche la radiografia per escludere altre patologie come artrosi di spalla, tendinopatia calcifica, fratture articolari o lussazioni croniche non note».
Come si cura la capsulite adesiva?
«La capsulite adesiva è una patologia particolare, in quanto può risolversi in maniera autonoma oppure, se diagnosticata tardivamente, la limitazione dei movimenti è tale da rendere necessario l’intervento chirurgico in artroscopia. Fortunatamente, se la patologia viene riconosciuta precocemente, nella quasi totalità dei casi la terapia conservativa risulta curativa. Questa terapia consiste nella somministrazione di basse dosi di cortisone per via orale e in un ciclo di infiltrazioni ecoguidate intra-articolari. L’utilizzo dell’ecografo è fondamentale, perché in questa patologia il principio attivo deve raggiungere in maniera precisa il suo bersaglio, cioè la capsula articolare. A distanza di 2-3 giorni dalla prima infiltrazione il dolore scompare praticamente del tutto. Successivamente è importante la fisioterapia, allo scopo di ripristinare la mobilità dell’articolazione ed evitare che si la spalla si blocchi di nuovo. L’importante è rivolgersi sempre allo specialista e non cominciare a praticare esercizi autonomamente perché potrebbero portare a peggiorare la situazione», conclude Andrea Lisai.