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Ipocondria da internet "Dottor Google" non aiuta i medici

Per lo specialista la situazione è doppiamente problematica: non bisogna combattere solo con la patologia in questione, ma è necessario riconquistare la fiducia del paziente e vincere contro un “falso collega”, Google.

 
03 novembre 2020 | 12:50

Ipocondria da internet "Dottor Google" non aiuta i medici

Per lo specialista la situazione è doppiamente problematica: non bisogna combattere solo con la patologia in questione, ma è necessario riconquistare la fiducia del paziente e vincere contro un “falso collega”, Google.

03 novembre 2020 | 12:50
 

Oggi siamo tutti un po’ ipocondriaci. La colpa? Anche internet. Al giorno d’oggi internet dà, infatti, la possibilità di accedere con facilità a un quantitativo enorme di informazioni: è sufficiente porre una domanda nel proprio motore di ricerca e, in pochi secondi, potremo consultare risultati provenienti da fonti più o meno verificate.

Sempre più persone utilizzano internet per capire i propri disturbi e sintomi - Ipocondria da internet Dottor Google non aiuta i medici

Sempre più persone utilizzano internet per capire i propri disturbi e sintomi

Sono tante le persone che utilizzano il web per provare a capire i propri disturbi o sintomi. A maggior ragione, in questo momento di pandemia mondiale.

La domanda sorge spontanea, può quest’abitudine aiutare il medico nella diagnosi? Risponde Francesco Cuniberti, specialista del Centro per i disturbi d’ansia e di panico di Humanitas San Pio X, in un articolo apparso su Humanitas salute che pubblichiamo.


Spesso noto, nei pazienti che hanno precedentemente cercato su internet i propri sintomi, alcuni comportamenti ricorrenti. Questi pazienti tendono, infatti, a dirigere la discussione sulle patologie che pensano di avere; utilizzano termini specialistici – e, come si può facilmente immaginare, a volte del tutto fuori luogo – per descrivere i sintomi che manifestano. Spesso utilizzano anche frasi o affermazioni fuori contesto allo status culturale del paziente stesso.

Per lo specialista la situazione diventa doppiamente problematica: non bisogna combattere solo con la patologia in questione, ma è necessario riconquistare la fiducia del paziente e vincere contro un “falso collega”, Google, che tutto sa e mai sbaglia.

Certo, sul web si possono trovare anche fonti autorevoli che nessuno vieta di consultare, ma occorre sottolineare come il quadro clinico di un paziente non si deduce da un semplice elenco di sintomi, ma da tutta una serie di fattori e caratteristiche individuali che possono essere chiariti attraverso l’incontro con lo specialista.

Vorrei invitare chi legge, quindi, a fare due riflessioni: la prima riguarda la necessità di accettare il fatto che il web sia ricco di fake news, difficili da smascherare per i non addetti ai lavori. La seconda riguarda l’interpretazione di ciò che viene letto. Lo specialista ha impegnato buona parte della propria vita per studiare, informarsi, approfondire la propria conoscenza sull’argomento, fare esperienza nel proprio campo: impariamo a fidarci.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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