C’è un solo modo per capire la forza, la tenacia, l’umiltà, la dolcezza e la classe di
Alex Zanardi: guardarlo negli occhi. L’ex pilota automobilistico è intervenuto all’Università di Bergamo nel corso di un incontro dedicato allo sport e alla carriera universitaria con un focus sulla capacità di riconoscere i propri limiti e sfidarli, o convincerci, o superarli. Perché Alex Zanardi - che nel 2001 in seguito ad un incidente in gara sul circuito tedesco di Lausitzring, è rimasto aggrappato alla vita per un soffio per poi rinascere più consapevole di prima nonostante l’amputazione di entrambi gli arti inferiori - ha subito precisato che i limiti, gli handicap, li abbiamo tutti e possono essere di diversa natura, ma che non per forza bisogna impegnarsi per superarli. Ciò che conta è ambire alla propria completezza.
Alex Zanardi con il Rettore dell'Unibg Remo Morzenti Pellegrini
«Ci sono tanti modi per imparare ed essere studenti - ha detto a margine dell’evento - perché qualcuno può imparare sedendosi tra i banchi di una scuola bella come questa, altri invece possono essere studenti nella scuola della vita. Ciò che conta è cogliere tutte le opportunità, più siamo curiosi e più ci avvicineremo alla completezza che trasforma alcuni di noi in fuoriclasse».
La grandezza di Alex Zanardi sta nel sentirsi assolutamente normale. Non c’è presunzione, rabbia, orgoglio, voglia di ergersi a maestro di vita, semplicemente il desiderio di raccontare ciò che gli è accaduto per condividere con altri la sua esperienza. Zanardi è un uomo che è stato ferito, il segno ce l’ha nello sguardo a tratti malinconico e dispiaciuto di chi ha visto spegnersi alcuni dei suoi sogni di bambino dopo quell’incidente. Ma Zanardi è anche l’uomo umile e volenteroso che ha accettato il suo destino ed è ripartito, guardando gli altri.
«Io non credo di essere un insegnante di vita - ha ammesso - ma posso dire che nei momenti più difficili della mia vita girando la testa verso gli altri ho trovato ispirazioni ed insegnamenti. Ho capito che sarebbe servito lavoro ed impegno, ma non fatica perché quando sposi una missione con passione, il vero desiderio è portare avanti il tuo progetto come l’hai immaginato piuttosto che concluderlo vittoriosamente. Io ho i titoli sui giornali, ma ci sono altre persone che vivono nell’ombra, ma avrebbero da insegnarci tantissimo».
Zanardi volta la testa per ispirarsi ad altri, ma guarda soprattutto avanti. Le Paralimpiadi di Tokyo 2020 sono già nel suo mirino dopo che a Londra 2012 ha conquistato l’oro nell’hand-bike. Ma lui ha accettato di accogliere ogni cosa che la vita gli propone: «La mia vita è piena di sorprese e io sono un privilegiato». Stride questa frase che gli viene dal cuore con la sua immagine di uomo forte, ma zoppicante eppure è profondamente contagiosa, vera, onesta, consapevole.
Gremita l'aula magna dell'Ateneo
Poi la parentesi sul legame tra sport e disabilità: «La percezione della gente rispetto agli sport paralimpici è cambiata - dice - perché il pubblico ha capito che le nostre sono gare vere, competitive, dove l’aspetto tecnico è rilevante. Resta comunque forte il sentimento di ammirazione nei confronti di chi certamente ha qualcosa in meno dei normodotati; ma è un sentimento non fine a sé stesso perché porta l’osservatore a pensare di potercela fare comunque, in ogni caso, in qualunque condizione».
La folta platea che ha gremito la splendida aula magna dell’ateneo bergamasco ha accolto Zanardi in un silenzio tra l’intimorito, l’ammirato e il rispettoso, ma non ha tardato - a metà incontro - a sciogliersi in un applauso scrosciante durante il quale tutti si sono scomodati e si sono alzati dalle proprie sedie. Una sorta di ringraziamento nei suoi confronti per aver arricchito il bagaglio di ognuno dei presenti con un messaggio forte, conciso, diretto, immediato: «Se agisci con passione le cose accadono in modo anche relativamente semplice».