I celiaci sono in costante aumento e con loro anche la conoscenza di questa malattia con consapevolezza sempre più accentuata di cosa si può mangiare e cosa no. Tuttavia, essendo il glutine utilizzato in molteplici forme, sono molti gli alimenti e le bevande che sembrano “gluten-free” e invece non lo sono. L’insidia si nasconde soprattutto nelle bevande. In un articolo pubblicato su Humanitasalute che qui riportiamo integralmente ne parla Paoletta Preatoni, gastroenterologa ed endoscopista digestiva di Humanitas.
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L’unica terapia possibile per la celiachia è la totale esclusione del glutine dall’alimentazione. Seguire una dieta gluten-free è però piuttosto impegnativo: il glutine è infatti presente in tantissimi alimenti, sia derivati dai cereali che lo contengono sia in altri prodotti industriali, come le zuppe confezionate o i cibi in scatola per fare degli esempi. Naturalmente la disponibilità sul mercato di prodotti espressamente rivolti ai soggetti celiaci rende più agevole seguire una dieta glutino-priva. Oltre a ciò che possono mangiare questi devono prestare attenzione anche a cosa possono bere o meno.
Il glutine è un complesso proteico contenuto in diversi cereali come il frumento, l’orzo e la segale. Se tutti i prodotti solidi a base di questi cereali sono proibiti per i celiaci, lo sono anche le bevande derivate dal loro malto, come la birra, o i prodotti come il latte e gli yogurt liquidi ai cereali, per esempio.
A proposito di latte, per l’Aic-Associazione italiana celiachia sono permessi il latte fresco, quello a lunga conservazione, quello condensato, in polvere e con probiotici. Attenzione invece a questi prodotti nel caso siano addizionati con altri ingredienti: la loro presenza richiede una valutazione più accurata prima di poterli consumare: «I prodotti in commercio che rispondono alle normative vigenti dovrebbero riportare dettagliatamente gli ingredienti e dovrebbero essere segnalate anche le possibili contaminazioni. In caso di dubbio è meglio non acquistare il prodotto o chiedere consiglio allo specialista», suggerisce la dottoressa Preatoni.
«L’intolleranza al lattosio - continua Preatoni - si accompagna sempre alla malattia celiaca quando alla diagnosi è presente atrofia villare; la lattasi, enzima deputato alla scomposizione del lattosio in glucosio e galattosio, infatti, viene prodotta a livello dei microvilli intestinali e, pertanto, la sua produzione risulta deficitaria o addirittura assente in caso atrofia villare completa. In questo caso, in attesa del ripristino dell’integrità della struttura assorbente intestinale, è meglio consumare prodotti senza lattosio».
Dal latte al caffè. La tazzina di espresso non è proibita per chi è affetto da celiachia. Oltre al caffè, il tè, la camomilla, le tisane e gli infusi possono essere bevuti con l’accortezza di guardare bene la lista degli ingredienti in caso di presenza di altre sostanze. «Le bevande solubili possono nascondere tracce di glutine, meglio non consumarle e, se è proprio necessario farlo, essere certi della composizione delle stesse», ricorda l’esperta. Divieto invece per le bevande a base di orzo; «le bevande a base di avena non dovrebbero essere consumate», aggiunge.
Tornando ai cereali e al loro malto, tra i prodotti derivati c’è la birra. Le birre che si ottengono dalla lavorazione dei cereali contenenti glutine non possono essere consumate ma «in commercio esistono birre prive di glutine che invece possono esserlo. L’Associazione italiana celiachia fornisce un prontuario dettagliato su ciò che può essere assunto con assoluta tranquillità e su ciò che invece rimane dubbio per l’incertezza delle informazioni fornite dalla case produttrici. La dicitura “senza glutine” dovrebbe essere garanzia di un consumo sicuro».
Tra gli alcolici rientrano nel novero dei prodotti consentiti, invece, il vino e i distillati come la grappa o il cognac o il whisky (nonostante sia prodotto da cereali contenenti glutine: questo viene perso nel processo di distillazione). Anche in questo caso bisogna stare attenti agli aromi e le altre sostanze aggiunte ai distillati e i liquori. Se i liquori sono fatti in casa è possibile risalire agli ingredienti, se invece sono prodotti industriali è bene leggere l’etichetta, così come nel caso dei distillati. «I prodotti fatti in casa andrebbero consumati solo se preparati seguendo le più corrette attenzioni anche alle possibili contaminazioni. Per quanto riguarda succhi di frutta e analoghi valgono le considerazioni sopra espresse: leggere attentamente le etichette, consultare il prontuario o il numero verde che in alcuni casi è fornito dalla ditta produttrice», conclude la dottoressa Preatoni.
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