La pericardite è un’infiammazione del pericardio, membrana che protegge e riveste il cuore, più comune nel sesso maschile che in quello femminile.
Approfondisce le cause che possono condurre al processo infiammatorio la dottoressa Daniela Pini, cardiologa di Humanitas, in un articolo di Humanitas Salute che riportiamo di seguito integralmente.
Pericardite: di cosa si tratta?
La pericardite è un’infiammazione della struttura che riveste e protegge il cuore, il pericardio. Il pericardio è composto da due membrane, separate da un sottile strato di liquido. Quando si sviluppa la pericardite le due membrane si infiammano e la quantità di liquido presente può aumentare (versamento pericardico). Un versamento abbondante e rapido potrebbe ostacolare il corretto riempimento delle cavità cardiache, causando quello che definiamo “tamponamento cardiaco” e che va trattato tempestivamente drenando il liquido in eccesso.
Più raramente, l’infiammazione può provocare una pericardite costrittiva, che si verifica a seguito di un ispessimento e irrigidimento del pericardio per cui il cuore non riesce a espandersi adeguatamente.
Le cause più comuni della pericardite
Solitamente è un’infezione virale a provocare la pericardite mentre, più raramente, la causa è da riscontrarsi in batteri o altri patogeni. Inoltre la sua comparsa può essere correlata a malattie quali tumori, insufficienza renale e patologie autoimmuni, come il lupus eritematoso sistemico (LES). Vi sono poi diversi farmaci che possono provocare la pericardite, tra cui antineoplastici e antibiotici. Da tenere in considerazione anche i trattamenti radianti coinvolgenti il cuore.
La pericardite, inoltre, può manifestarsi in conseguenza a interventi chirurgici in cui viene tagliato il pericardio, comuni in cardiochirurgia. Infatti la lesione del pericardio può innescare una reazione autoimmune.
Il trattamento adeguato viene valutato dallo specialista in base alla causa della pericardite, dunque se di origine infettiva o meno.
I sintomi della pericardite
Il dolore toracico è il sintomo più comune della pericardite acuta.
La zona in cui si scatena il dolore è in parte la stessa che si associa all’infarto, ma i due dolori hanno caratteristiche diverse: il dolore causato dalla pericardite, infatti, tende a modificarsi con la respirazione o tossendo, e a peggiorare in posizione supina.
Cosa succede in caso di pericardite?
Se l’infiammazione conduce a un accumulo rapido di una quantità elevata di liquido nel sacco pericardico, il rischio è che il cuore venga compresso e, non riuscendo più a riempirsi di sangue, sviluppi un tamponamento cardiaco, che è un’urgenza medica.
Quando, al contrario, il liquido si accumula lentamente oppure l’infiammazione provoca ispessimento e irrigidimento del pericardio, il cuore pur non riuscendo a espandersi adeguatamente non si trova in una condizione di urgenza drammatica come in caso di tamponamento cardiaco.
È raro che la pericardite si cronicizzi, ma può ripresentarsi anche se l’infiammazione viene risolta (pericardite ricorrente).
Pericardite: i trattamenti possibili
Quando la presentazione clinica risulta sospetta per un’eziologia specifica, come l’esposizione a farmaci associati a pericardite o sistemi sospetti per malattia autoimmune sistemica, questa va indagata ed eventualmente trattata.
Negli altri casi, compresi quelli di sospetta eziologia virale, la terapia di prima linea è rappresentata dagli antinfiammatori non steroidei (FANS), tra cui il più comune è l’acido acetilsalicilico o ibuprofene, somministrati per 2-4 settimane senza indicazione di indagini più approfondite sulla causa della pericardite. A questa terapia si associa la colchicina, utile a ridurre il rischio di recidiva, da assumere per 3 mesi. Abitualmente i pazienti hanno una pronta risposta alla terapia e i sintomi si risolvono in pochi giorni.
In caso, invece, di mancata risposta all’associazione di FANS e colchicina oppure di controindicazioni all’assunzione di FANS, la terapia di seconda linea è rappresentata dai corticosteroidi associati anche in questo caso alla colchicina. I corticosteroidi possono favorire recidive e cronicizzazione della malattia, per questo motivo sono considerati farmaci di seconda scelta.
In casi in cui, per prevenire la riattivazione della pericardite, si rivela necessaria una terapia a lungo termine con dosi di corticosteroidi elevate, possono utilizzarsi altri farmaci, quali azatioprina, le immunoglobuline via endovenosa (a effetto sia immunomodulatorio sia antivirale) e l’anakinra, un antagonista del recettore dell’interleuchina 1b, tra i principali mediatori della risposta infiammatoria.
Ai soggetti con pericardite è consigliato astenersi dalle attività sportive non agonistiche fino alla risoluzione dei sintomi e alla normalizzazione degli indici infiammatori, e dalle attività sportive agonistiche per 3 mesi dall’esordio dei sintomi.