Siamo verso la fine di una estate molto calda, passata tra eventi sportivi come Euro2020 e le Olimpiadi di Tokyo 2020, con ricchi bonus scommesse, e giornate al mare a rilassarsi leggendo un bel libro o ascoltando un po’ di musica. Tra le mete più visitate in questa estate ancora condizionata del Covid-19, c’è sicuramente Procida. La famosa isola di origine vulcanica da sempre affascina i turisti per i suoi colori molto accesi e allegri, ponendola come “bomboniera” del Golfo di Napoli. Nel 2022, inoltre, Procida sarà Capitale della cultura italiana, dandola un maggior lustro e visibilità.
L’isola napoletana, però, non è solo famosa per la sua incredibile bellezza, come dimostrata dalle innumerevoli foto della Marina di Corricella, ma anche per le opere in cui viene raccontata e in cui fa da sfondo, come “Il Postino”, con protagonista l’intramontabile Massimo Troisi e Pablo Neruda. Altra opera molto importante ambientata a Procida è il Romanzo “L’Isola di Arturo”.
“L’isola di Arturo” è un romanzo di formazione scritto da Elsa Morante e pubblicato nel 1957 dalla Giulio Einaudi Editore. Il libro ha raccolto ottimi giudizi dalla critica letteraria. La Morante, di fatto, è stata la prima donna nella storia ad aggiudicarsi il Premio Strega nel medesimo anno di pubblicazione. Si tratta di un’opera indimenticabile che sia i giovani sia gli adulti devono leggere almeno una volta nella vita. Chi non l’ha ancora fatto, potrebbe rimediare in questo periodo ideale.
“Il postino”, invece, è un film del 1994 per la regia di Michael Radford. Vede protagonisti l’attore napoletano Massimo Troisi nei panni del postino Mario Ruoppolo ed il poeta cileno Pablo Neruda, interpretato da Philippe Noiret. La pellicola è ritenuta un capolavoro dalla critica, un vero cult intramontabile. Massimo Troisi ha impiegato ogni sua energia per realizzarlo e, dopo aver terminato le riprese, ha chiuso gli occhi per sempre a causa di problemi cardiaci. Ogni occasione è buona per rivedere questo film e, chi non ha ancora trovato il tempo per visionarlo, potrebbe farlo adesso in quanto il regista ha ambientato le scene nell’isola di Procida, la Capitale italiana della Cultura 2022.
La famosa pellicola ha permesso di far conoscere ancora meglio al mondo intero la bellezza dell’isola napoletana, con le sue case colorate e la vista mozzafiato. L’incredibile interpretazione di Troisi ha fatto si che questo film entrasse nel cuore di tutti gli spettatori, inserendolo tra i migliori film mai prodotti e tra i must del famoso attore partenopeo.
Ovviamente la colorata isola partenopea non è conosciuta solamente per le due opere che ne hanno esaltato la bellezza, ma anche per la cucina. Sull’isola, così come nell’intera regione campana, sono in molte le persone che rimangono soddisfatti dai piatti che offre, tra cui quelli di mare. Però oggi, vi vogliamo raccontare di un dolce tipico procidano, ovvero la Lingua di Bue.
Si tratta di una deliziosa pasta sfoglia farcita con crema a limone procidano. Esistono, però, alcune varianti, come quelle con la crema pasticciera o il cioccolato, anche se la classica è sicuramente quella preferita da isolani e turisti. I limoni di Procida, infatti, sono tra i migliori della Campania, insieme a quelli di Sorrento.
La lingua di Procida è sicuramente ottima per la prima colazione, ma si usa mangiarla anche durante le feste e viene servita quasi sempre calda, perché ancora più buona e fragrante. Il colore dorato ed il profumo della crema non potranno che farvi cadere in tentazione.
Viene chiamato così per la forma che ricorda la lingua del grosso animale o in maniera più ironica “Lingua di Suocera”. Questo secondo nome, forse, per opera di qualche nuora o di qualche genero che non vedeva troppo di buon occhio il proprio parente acquisito.
Storia della Lingua di Bue
Dolce tipico di Procida, si dice che sia stata inventata da Pasquale Mazziotti. Il pasticciere napoletano, trasferitosi a Procida negli anni cinquanta del ‘900, lanciò la sua pasticceria proponendo un nuovo prodotto, appunto la Lingua. Questo buonissimo dolce è riuscita a cambiare il modo in cui la gente procidana consuma la colazione, andando ad abbandonare il famoso cornetto,
Il nome del bar pasticceria preso in gestione dal pasticcere Mazziotti prima che desse vita alle lingue di Procida si chiamava “O cafè re Barone”. Solo più tardi cambiò nome, diventando quello che oggi è conosciuto come il Bar Roma, il bar pasticceria più antico dell’isola.
Dove mangiarla
Ora ci si chiede, dov’è possibile mangiare la Lingua di Bue? Beh, a Procida tutte le pasticcerie e alcuni ristoranti preparano questa pietanza, ma le più buone in assoluto sono quelle del Bar Roma (il più antico dell’isola), del Bar Mazziotti e del Bar Capriccio. Il primo si trova nel centro storico dell’isola e, ogni giorno, sforna centinaia di dolci. Il secondo, anch’esso nel cuore del territorio, è molto famoso e i suoi dolci tipici sono davvero fantastici. Infine il Bar Capriccio, che si trova al porto all’altezza degli imbarchi, è frequentatissimo dai tanti pendolari e turisti che, non appena sbarcati, si fiondano a provare il dolce tipico procidano.
La ricetta della Lingua di Bue
Il gustoso dolce, come raccontato in precedenza, è composto da due strati di pasta sfoglia, ripiene di gustosa crema pasticcera aromatizzata al limone e ricoperte con dello zucchero che le rende croccanti. La versione storica prevede l’utilizzo dei limoni procidani, ma nelle pasticcerie e nei bar troviamo anche lingue di Procida con crema pasticcera o al cioccolato.
Sono in molte le persone che provano a replicare questo dolce nella propria abitazione. Ecco la ricetta:
Ingredienti:
500 g pasta sfoglia (2 rotoli rettangolari), 3 tuorli, 120 g zucchero, 400 ml latte, 50 g farina, Scorza grattugiata di 1 limone 1 tuorlo, 1 albume, Zucchero semolato q b
Preparazione:
In un pentolino lavorate tuorli con lo zucchero, aggiungete le bucce di limone e la farina, e fateli addensare a fuoco lento rigirando di continuo fino ad addensamento; spegnere e versare in un recipiente coprendola con una pellicola.
Stendere la pasta sfoglia, praticando dei forellini al fine che non rigonfi durante la cottura; formate degli ovali lunghi 15 cm e larghi 8 cm.
Con un pennellino stendere l’albume tutto intorno al bordo, servirà da collante, su metà degli ovali, stendere la crema lasciando libero il bordo; sovrapporre l’altra metà e sigillare bene.
Spennellate i bordi con l’albume e adagiateci sopra la seconda sfoglia e procedete fino a completare tutte le lingue. Infine spennellatele con il tuorlo e un po’ di latte e spolverate la superficie con lo zucchero.
Cuocete in forno già caldo a 200° per 20 minuti, o fino a doratura. Una volta pronte lasciatele intiepidire e servite.