Istat, Banca d’Italia e l’Organizzazione mondiale del turismo hanno certificato che il 2023 è l’anno della piena ripresa del turismo a livello mondiale, oltre che italiano. Nel 2022 la ripresa è stata robusta, rispetto al disastro provocato dalla pandemia a partire dal febbraio 2020. A fronte di 1,4 miliardi di visitatori internazionali che si sono mossi nel 2019, crollati a meno della metà nei due anni successivi, nel 2022 si è tornati a quota un miliardo: nel 2023 dovremmo raggiungere nuovamente i numeri del 2019, se non superarli. Nel 2022 il turismo italiano ha fornito alle casse dello Stato un surplus di ben 18 miliardi di euro.
Nel 2023 il solo incoming tornerà su quota 44 miliardi di euro. Senza la pandemia avremmo già raggiunto quota 50 miliardi di euro. Calcolando il Tourism Satellite Account, per quanto riguarda l’impatto diretto e indiretto prodotto dall’industria dell’ospitalità, si arriva a una quota del 12-15% del Pil (prodotto interno lordo), che nel 2022 ha superato quota 1.909 miliardi di euro e che cresce ulteriormente considerando anche comparti che sono molto affini al turismo e che da esso traggono vantaggio: la moda, lo sport, la cultura, l’enogastronomia. Almeno un quarto del Pil italiano ruota attorno all’industria dell’ospitalità ed è una quota in costante crescita.
In Italia c'è un forte rischio di emigrazione all'estero dei professionisti dell'ospitalità
Ospitalità italiana: retribuzioni inadeguate non all'altezza del comparto
Sempre il Tsa (Tourism Satellite Account) ha certificato che se Roma è di gran lunga la prima destinazione turistica in Italia con un fatturato complessivo che supera i 7 miliardi di euro, al secondo e terzo posto si sono attestati territori costieri come la costa veneta da Bibbione a Caorle a Jesolo a Cavallino Treporti (che fattura 4,3 miliardi di euro) e la costa romagnola tra Rimini e Riccione (che fattura 4,1 miliardi di euro).
Solo a quel punto arrivano destinazioni come Milano (3,48 miliardi di euro), Venezia (3 miliardi di euro) e Firenze (2,84 miliardi di euro). Napoli è al sesto posto con 1,35 miliardi di euro. Sopra il miliardo di euro c’è Torino, sopra i 900 milioni di euro c’è Bologna.
Un problema a parte, piuttosto drammatico, riguarda gli emolumenti che nell’industria dell’ospitalità italiana sono decisamente inferiori rispetto alla media europea e non corrispondono minimamente all’importanza assunta dal comparto. In passato il problema non era avvertito in maniera seria perché il fuori busta, le mance, altre fonti di guadagno, tutti esentasse, raddoppiavano se non triplicavano l’effettivo guadagno. Tutto ciò è scomparso. Restano contratti sindacali del tutto inadeguati e restano rapporti di lavoro che non corrispondono a ciò che la stessa Costituzione afferma all’articolo 36: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.
Il rischio è che sempre più professionisti del settore dell’ospitalità emigrino all’estero, dove la loro professionalità è decisamente riconosciuta e assai meglio retribuita. Sarebbe una sorta di suicidio per un comparto che è diventato strategico per l’Italia, anche se Parlamento e Governo non se ne sono ancora ben resi conto.