Il ruolo della sala nel rilancio della ristorazione è stato il tema della tavola rotonda organizzata a Roma dall'Associazione Noi di Sala, impegnata da 8 anni a dare nuova visibilità ai professionisti dell'accoglienza, in occasione del suo secondo congresso. L'evento, dal nome PASS (Professionalità, Accoglienza, Servizio, Squadra), ha riunito a Villa Agrippina alcuni dei più significativi personaggi dell’universo enogastronomico italiano per cercare attraverso la loro esperienza a riprogettare il futuro del personale di sala.
I relatori della tavola rotonda
La
figura del cameriere non è infatti meno importante di quella dello chef e della sua brigata di cucina sia nella soddisfazione del cliente che nella visibilità e nell'economia del locale. Ed è proprio al servizio, dal momento che un cliente entra dalla porta fino a quando esce, che è delegato il compito di accogliere, proporre e comunicare la filosofia dello chef e del ristorante. Ne hanno parlato
Andrea Berton (Ristorante Berton),
Marcello Masi (Rai),
Paolo Marchi (Identità Golose),
Paolo Cuccia (Presidente Gambero Rosso)
Alessandro Federzoni (Direttore Première Srl),
Savino Muraglia (Frantoio Muraglia),
Antonello Magistà (Ristorante Pashà),
Rossella Cerea (Ristorante Da Vittorio),
Alessandro Roja (attore e appassionato gourmand), e per Noi di Sala
Marco Reitano (chef sommelier de La Pergola),
Marco Amato (Responsabile della didattica e maitre e sommelier dell'Imago) e
Alessandro Pipero (responsabile della comunicazione e titolare di Pipero Roma).
È intervenuto anche
Joe Bastianich, che nel suo nuovo libro, “
Le Regole per il successo”, ha raccolto i segreti, i consigli e gli insegnamenti su cui ha fondato la propria carriera. Esperienze diverse ma il messaggio uscito dall'incontro è stato univoco: la barriera tra sala e cucina è destinata a cadere, nel nuovo concetto di ristorazione, per diventare un corpo solo. Il dibattito, moderato dal giornalista
Paolo Fratter, è stato introdotto dal presidente di Noi di Sala Marco Reitano, sommelier de La Pergola, che ha definito l'appuntamento un'edizione speciale di PASS .
La tavola rotonda organizzata da Noi di Sala
«A causa delle vicissitudini legate all’emergenza sanitaria - ha detto - non è stato possibile costruire una manifestazione simile a quella dello scorso anno, con laboratori e dibattiti spalmati su un’intera giornata, che ci hanno permesso di raccogliere una grande partecipazione di colleghi e addetti ai lavori. Volevamo però in tutti i modi dare continuità al lavoro iniziato, da qui una tavola rotonda dalla quale pensiamo si potranno trarre tanti spunti degni di nota. Dobbiamo completare la proposta del mondo gastronomico e grazie all'accoglienza abbiamo potuto sempre promuovere la nostra proposta che è poi quello che il cliente vuole. Inoltre innalzare il livello della sala ci rafforzerà».
Proprio sulla formazione si sono espressi molti partecipanti, perché la complessità delle azioni per
chi deve accogliere e raccontare l'offerta ristorativa non si impara nelle scuole alberghiere e gli stessi docenti difficilmente entrano nelle cucine dei ristoranti.
Ed è anche all'interno del ristorante che la formazione dovrebbe continuare. Di una sorta di interscambio tra cucina e sala ha parlato Andrea Berton. «Quando lavoravo con Gualtiero Marchesi - ha detto - invitavamo i ragazzi di cucina ad uscire in sala e viceversa per far cogliere ad entrambe le professionalità il valore del loro lavoro. Così faccio nella mia attività perché per far star bene il cliente serve il lavoro di tutti. Ma forse la sala è ancora più importante perché se si sbaglia viene rovinato tutto l'impegno della cucina». Negli ultimi anni si è assisto a un cambiamento del lavoro di sala, una maggiore presa di coscienza su quanto viene richiesto per la professione.
«Ma stanno cambiando anche i giovani che si iscrivono ai corsi - ha sottolineato Marco Amato che di occupa della didattica- e
si nota un maggiore impegno verso la professionalità, nella convinzione che il ristorante debba essere una macchina perfetta e che la qualifica di chi opera in sala a contato con il cliente possa essere diversa: piuttosto che cameriere - un termine sempre sottovalutato- quasi un manager di tavolo».
Joe Bastianich ha parlato della sua esperienza quarantennale nel settore vissuta soprattutto negli Stati Uniti e seguendone la continua evoluzione. «La ristorazione sta cambiando - ha detto- e non solo per il Covid. A vincere oggi è una nuova realtà, con gente che lavora per una diversa esperienza da offrire attraverso il cibo, senza il muro tra sala e cucina che devono stare insieme per reinventare e rivalutare, per tener conto dei gusti e delle aspettative di tutti».
Per Marcello Masi impegnato per la Rai nella comunicazione enogastronomica è il rapporto con le persone, prima ancora che col cibo, a fare la differenza. «Il vero fronte - ha detto - è la sala. Loro, gli addetti, sono il biglietto da visita a cominciare da chi risponde al telefono per ricevere la prenotazione. E se la nostra cucina per il suo alto livello ha raggiunto una supremazia mondiale, lo stesso non si può dire per la formazione e il servizio. Altri Paesi europei come la Francia e la Germania ne hanno compreso l'importanza prima di noi».
Per Paolo Marchi, fondatore di Identità Golose, il settore dovrebbe avere più attenzione da parte delle istituzioni e di conseguenza non riesce a far comprendere la sua forza, comunicare quanto può offrire. «La gente - ha detto- va al ristorante per star bene che è molto diverso dal mangiar bene». Anche nel proporre e servire un vino c'è bisogno di maggiore competenza, così come per spiegare la qualità degli oli usati nei piatti a secondo della loro territorialità, a volte meno considerati della qualità delle acque minerali, come ha sottolineato Savino Muraglia dell'omonimo frantoio.
Per
Antonello Magistà, titolare di un ristorante stellato a Conversano (Ba) si sta assottigliando la distanza tra i giovani che scelgono la cucina rispetto alla sala. «Se alcuni non si sentono in grado di confrontarsi con un certo tipo di clientela più evoluta dipende solo da un insegnamento sbagliato, per aver imparato nei 5 anni di scuola alberghiera concetti oggi quasi anacronistici. Ma anche i veri valori si possono apprendere dall'insegnamento».
Anche per Alessandro Pipero il lavoro di sala è fondamentale, difficile e delicato. Si è prima linea e se un errore può esser perdonato in cucina non è lo stesso per quello commesso di fronte al cliente. «Io sull'insegna - ha detto - metto il mio nome, non quello dello chef, perché è il sistema che deve cambiare, non si può identificare un ristorante con nome dello chef che può cambiare, essere sostituito. Inoltre se si premia il ristorante nel suo complesso e non solo figura dello chef il personale è più stimolato e gratificato. Il cuoco non è tutto, è la squadra quella che conta».
L'associazione Noi di Sala ha recentemente pubblicato la guida "I protagonisti dell'ospitalità nella ristorazione italiana, (Editore Giunti) con 159 indirizzi in cui viene celebrata, regione per regione, il valore dell'ospitalità.
Per informazioni:
www.noidisala.com