Quando entri da Tilde il profumo del pane ti avvolge completamente. Potremmo dire che t’investe, ma non sarebbe giusto: è più un abbraccio. Delicato e morbido. Il laboratorio è lì a due passi, si vede dall’ingresso. Dietro al grande vetro che delimita il territorio dei clienti da quello dei panificatori c’è il sorriso contagioso di Marisol Malatesta che ti accoglie. Il suo buonumore lo puoi quasi toccare con mano: è il buonumore di chi sta facendo quello che ama.
Tilde a Castel Cerreto
La gioventù a Londra, come artista
Marisol non ha sempre fatto il pane nella sua vita. Anzi, fino a una decina d’anni fa il pane non era proprio parte della sua vita, della sua quotidianità. La sua storia inizia a Lima, dove è nata nel 1976 e dove nel 2000 si è laureata in Belle Arti all’Università Catòlica del Perù. La strada come artista la porta in Europa: a Londra frequenta un master, sempre in Belle Arti, alla Central Saint Martins College of Art and Design e dal 2009 comincia a insegnare alla Arts University Bournemouth nel Dorset. Poi però alla Tate Modern di Londra conosce Simone Conti, bergamasco classe 1980, laureato in lingue e in editoria: entrambi lavoravano lì come addetti alle opere per arrotondare. E assieme, dopo che Conti decide di frequentare un master all’università di Pollenzo e di diventare panificatore, scelgono di spostarsi in Italia. Dove nel 2017 decidono di aprire nella frazione di Castel Cerreto a Treviglio (meno di 400 abitanti), nella Bassa Bergamasca, “Tilde Forno Artigianale”, che in spagnolo significa accento.
«Quando io e Simone ci siamo conosciuti il pane non era presente nelle nostre vite - ci racconta Marisol -, facevamo entrambi tutt’altro. A Londra la vita non è facile, è contemporaneamente una città bella e brutta: ti assorbe completamente ma al tempo stesso ti dà tantissimo. Però un artista lì può solo sopravvivere: io avevo l'impressione di stare a galla in un mondo troppo grande per me».
Il pane di Tilde
Il ruolo da insegnante e il lavoro da vigilante
«Quando abitavo in Perù mi occupavo solo di pittura - continua Marisol -. Solo a Londra ho scoperto altri aspetti dell’arte che mi intrigavano tanto. Così ho iniziato anche a fare altro. Il lavoro da insegnante alla Arts University Bournemouth, nel Dorset, è stato un punto cruciale della mia avventura londinese: prendevo il treno alle 5.30 per arrivare in orario alle lezioni, ma insegnare l’arte era qualcosa di stupendo».
Ma la vita a Londra è tanto - spesso troppo - impegnativa. Anche dal punto di vista economico: «Ero costretta a fare altri lavoretti per arrotondare il mio stipendio da insegnante, così sono finita nei musei a fare la vigilante, insieme a tanti altri ragazzi che, come me, volevano fare due soldi stando vicini alla cultura. Quello della vigilante è stato un lavoro incredibile: bellissimo da una parte, perché mi permetteva di vedere da vicino opere stupende; ma faticosissimo dall’altra, perché stare in piedi per ore e ore richiedeva uno sforzo fisico non indifferente».
Marisol Malatesta
L’incontro con Simone e il primo pane
Al Tate Modern l’incontro con Simone Conti è uno di quelli che cambia per sempre la vita di Marisol. Simone è un ragazzo bergamasco timido e gentile, finito a Londra in cerca di opportunità dopo la doppia laurea in lingue e in editoria, con alle spalle una famiglia di ristoratori. L’idea di iniziare a studiare un nuovo tipo di panificazione è il primo stimolo che guida la coppia verso la nuova avventura. Simone torna in Italia per studiare all’università di Pollenzo, per poi riabbracciare Marisol a Londra e iniziare a lavorare all’E5 Bakehouse di Londra, «un panificio rivoluzionario - sottolinea Marisol -, ai tempi uno dei primissimi a produrre solo pane con pasta madre».
L’apertura di un panificio tutto loro, in Italia, è il più logico risultato finale. Un progetto condiviso in egual misura da Simone e Marisol, che hanno in mente di costruire un forno alternativo, con laboratorio di panificazione artigianale che lavora solo con pasta madre, lunghe fermentazioni e varietà pregiate di grani. «L’idea di Tilde era molto, molto chiara: non avevamo nessuna intenzione di preparare del pane canonico, di piegarci alle logiche di mercato. Noi volevamo fare un prodotto tutto nostro - spiega Marisol -, qualcosa di diverso».
Marisol e Simone al lavoro nel laboratorio
Il viaggio in Italia e la nascita di Tilde
«Entrambi eravamo stanchi di Londra, dei ritmi e dei costi che quella città ti impone. Non abbiamo mai pensato di avviare la nostra attività lì, abbiamo sempre voluto puntare sull’Italia anche se sapevamo che il mercato non era facile per il prodotto che volevamo proporre. Abbiamo girato decine di mulini per trovare la farina che faceva al caso nostro, poi abbiamo cercato il locale giusto a Milano - continua la panificatrice -, ma l’occasione perfetta è arrivata a Castel Cerreto, questa piccola frazione di Treviglio nella Bassa bergamasca, lontana dal caos della città eppure, al tempo stesso, così comodamente vicina alla metropoli».
Presto Tilde è diventato un luogo dove acquistare pane buono (nel 2021 ha conquistato il massimo riconoscimento dalla guida settoriale del Gambero Rosso) ma anche un progetto culturale, “Spazio Tilde”, adiacente al panificio, che si avvale, grazie al lavoro di Marisol, di collaborazioni con altri artisti che qui possono esporre, produttori, artigiani e la stessa Arts University Bournemouth che ogni anno organizza due settimane di stage da nel locale di Treviglio per due suoi studenti.
Il cibo e l’arte possono essere una cosa sola
«Per me mescolare arte e cucina è un vero e proprio sogno che si avvera - ci racconta Marisol -. Per tanta, troppa gente l’arte è una cosa lontanissima, così come lo è un certo tipo di pane. Per questo qua da Tilde, prima di tutto, cerchiamo di fare cultura, di trasmettere una passione che può essere per un bel dipinto, per una bella scultura o per un’ottima pagnotta. Del resto, arte e cibo possono essere una cosa sola. Con la tecnologia che ci circonda oggi tutto sembra dover essere per forza fatto in un modo o nell’altro, ma non è così: non esistono solo il giusto e lo sbagliato, tra il bianco e il nero c’è di mezzo il grigio e l’arte, per me, è proprio quel grigio, un po’ sfumato. È una necessità, soprattutto in questi tempi. Col nostro pane noi cerchiamo di insegnare che il cibo deve essere qualcosa di integrale, uno spunto per una discussione. Così come è l’arte, che esiste proprio perché nessuno può essere sicuro di quello che sa e da questo ne nasce un infinito dibattito».
Vendere il pane in un paesino di 400 anime
Oggi Tilde non è solo un forno nel quale viene proposto un pane particolare, certificato biologico, preparato solo in grandi pezzature e risultato di lunghe fermentazioni naturali e alte idratazioni. Oggi Tilde è un luogo di cultura a tutti gli effetti, e chi varca la soglia del locale di Castel Cerreto ha la consapevolezza di compiere un atto politico. «Non è stato facile proporre un certo tipo di prodotto in un paese piccolo come questo, a un prezzo così alto rispetto al pane canonico che tanta gente è abituata a compare ogni giorno - spiega Marisol -. Non tutti accettano di spendere 9 euro per un kg di pane, in pochi si chiedono perché il prezzo è quello, che lavoro ci sta dietro, che materia prima viene utilizzata. Poi, però, non ci si fa problemi a spendere mille euro per uno smartphone. La nostra missione è anche questa: ridare dignità al pane, far capire che non va mai dato per scontato, farlo diventare un alimento vero e proprio e non un prodotto ‘da contorno’ sulle nostre tavole apparecchiate».
Per ora, la scommessa di Marisol e Simone è stata senza dubbio vinta: Tilde, infatti, produce - e vende - quasi 400 kg di pane a settimana.
Le foto sono di Sonia Caravia
Tilde
Via Contessa Piazzoni 7, 24047 Treviglio BG
Tel 0363563981