Su 42mila manifestazioni organizzate ogni anno, 32mila - secondo la Federazione italiana dei pubblici esercizi - sarebbero quelle prive di autenticità e legame col territorio. Cursano: «No alle manifestazioni per fini elettorali, servono norme e responsabilità, a partire dai sindaci».
Il tema si ripropone puntuale tutte le estati, ma quest’anno i numeri sono così elevati da preoccupare un intero settore, quello della ristorazione, che soprattutto nelle località non turistiche, proprio in estate rischia di soffocare. Il caldo non c’entra, a rendere l’aria particolarmente pesante per migliaia di ristoratori sono le
tantissime sagre organizzate in tutta Italia perlopiù proprio nei mesi estivi, da fine giugno a settembre.
Le sagre arrivano a somministrare migliaia di pasti al giorno
Gli italiani ne vanno pazzi, ma secondo la Fipe, l’Associazione italiana dei pubblici esercizi,
costiruirebbero una concorrenza sleale per tanti operatori del settore. E così torna a lanciare l’allarme: «Senza una norma che regoli questo settore, molti ristoratori potrebbero essere costretti a chiudere bottega».
Fossero solo quelle regolari, autentiche e legate al territorio:
il problema è che ormai di sagre ce ne sono di ogni tipo, ovunque, da quelle del pesce in montagna a quelle, sempre numerose, di partito. Numeri alla mano, sono circa 42mila (l’80% delle quali concentrate proprio nei mesi estivi e 15mila solo ad agosto) e generano un giro d’affari pari a 900 milioni di euro. Di queste, addirittura 32mila, secondo Fipe, sarebbero “abusive”, ovvero senza alcuna connotazione di tipicità e, non da ultimo, prive degli stringenti requisiti (richiesti invece ai ristoratori tradizionali) riguardo igiene, sicurezza alimentare e fiscalità.
«Le sagre stanno diventando una ristorazione parallela - dice
Aldo Cursano, vicepresidente vicario Fipe - e in un momento di crisi di consumi e di grande cambiamento, questo mette in seria difficoltà il mondo dei pubblici esercizi, che offrono tutto l’anno un servizio soggetto a fiscalità, controlli e adempimenti che lo rendono estremamente costoso e vulnerabile, rispetto invece a un mercato in deroga da regole, leggi e normative».
Aldo Cursano
Il risultato è che molti ristoratori rischiano di chiudere e altri di improvvisarsi organizzatori di sagre e circoli, pur di continuare a lavorare; una situazione «mortificante» per Cursano, che ammette l’inefficacia degli sforzi profusi finora per provare a chiedere una regolamentazione di questi eventi: «Anche se dei tentativi ci sono stati in alcune regioni, non si è riusciti - ammette - a temporalizzarli, né a legarli al territorio, facendo emergere la componente culturale. Parliamo spesso di manifestazioni con 5-600 posti a sedere e migliaia di pasti somministrati a prezzi sempre più considerevoli, dove il core business è l’incasso e il guadagno».
Per Fipe ci vorrebbe una «norma nazionale che responsabilizzi in un modo estremamente diretto anche i sindaci. Non si possono usare le sagre per consenso elettorale - attacca Cursano - o per accontentare questa o quella società sportiva o culturale. Le istituzioni devono scegliere da che parte stare; è arrivato il momento in cui ognuno si deve assumere le proprie responsabilità».