L’avvento dei social media, diciamocelo, rende tutti un po’ più nervosi, soprattutto i ristoratori. Al cliente non pare vero di essere stato dotato di un’arma fino a pochi anni fa solo vagheggiata ed oniricamente invocata affinché, nel fatuo anelito di farsi giustizia per sopruso subito, potesse raccontare al mondo la nefanda esperienza vissuta, la serata rovinata. E adesso, invece, che l’arma c’è, la questione diviene: tu cliente adoperi il web 2.0 ed i social media come arma di offesa? Bene, ed allora io ristoratore mi cautelo dotandomi di mie armi di difesa. Ma il cliente è sparatore in proprio ed adopera in prima persona l’arma di offesa che detiene.
![Sindrome da social nella ristorazione Il cliente va ascoltato di più Sindrome da social nella ristorazione Il cliente va ascoltato di più](/images/contenutiarticoli/sindrome-social-ristorazione-cliente-ascoltato.jpg)
Il ristoratore se adopera in proprio l’arma di difesa c’è rischio che nei fatti cambi mestiere, nel senso che sarà sempre di più, sempre più impegnativo e stressante il tempo e le energie (negative la gran parte) che spenderà per difendersi, rispetto a tempo ed energie (positive) che dovrebbe spendere per il core business della sua attività: gestire, approvvigionare, governare la cucina, presidiare la sala, curare il personale. Se non è sparatore difensivo in proprio... peggio ancora! Eh, sì. Dalla padella alla brace. È segno che ha assoldato difensori d’ufficio che è un po’ come dire la toppa peggiore del buco! Costoro sovente o divengono aggressivi nelle risposte, e ciò è un errore, oppure commettono l’errore opposto, ovvero divengono remissivi.
Eppure uno scenario atto ad evitare il blaterare guerreggiato c’è, è anche bene evidente, è, come dire, nel “manuale del bravo ristoratore del secondo decennio del ventunesimo secolo”, ma non viene posto in essere, non viene vissuto. Peccato! Qual è questo scenario? Lo tratteggiammo nell’articolo “Dal conto al... racconto” del gennaio di quest’anno. Qui lo riproponiamo con approccio diverso ricorrendo al concetto di “stroke”. Per stroke vogliamo qui intendere “carezza”. E di carezze ne hanno bisogno, ne abbiamo bisogno, tutti, ma proprio tutti. Cani e gatti inclusi!
Posto che un cameriere riporti il messaggio, quanto appaga in quel momento il cuoco sapere che un cliente gli sta mandando tramite suddetto cameriere i complimenti per quel piatto in particolare? Ecco, lo stroke, e non è detto che sia raro, dal cliente sappiamo prendercelo, ma siamo sicuri che sappiamo darlo, lo stroke al cliente? E qual è lo stroke che potremmo, ma vorrei dire dovremmo, dare a tutti i clienti? Chiedere, ben prima del commiato, se tutto è andato bene, se tutto è stato di gradimento, se ci sono stati momenti di disservizio, se un piatto non è risultato impeccabile. Attenzione, porre la domanda, le domande, implica essere poi attenti e disponibili ad ascoltare le risposte, i commenti, le precisazioni, i dettagli addirittura. Porgere ascolto e non “fare finta di”! E poi, proprio l’esatto opposto sia dell’aggressività che della remissività, saper essere assertivi nel commentare garbatamente le risposte.
Le obiezioni ci sono e già... le sento: il cliente le cose non ce le dice in faccia (!); e quando c’è folla e si ha premura a liberare il tavolo per farlo girare, come si fa a mettersi a parlare con il cliente? E se poi la conversazione si allarga al tavolo vicino, che può succedere in sala? E via tante altre ancora. Ed anche qui c’è una semplice quanto efficace soluzione: il modulino dei commenti, che giunge al tavolo, a ciascun commensale, al momento del conto. Ma come si fa a farne a meno? Innanzitutto il cliente ci comunica chi è, ci fornisce la sua email, il numero del suo smartphone, poi ci aiuta a capire quali sono le nostre debolezze, ci segnala dettagli che ci sfuggono, e noi dilapidiamo - semplicemente perché non ne facciamo uso - un tesoro così prezioso?
Una meditata e non frettolosa (e neanche nevrotica) lettura di questi moduli a fine serata, un metodo per farne collazione (embrione di “big data”) inibisce a monte le probabilità (esse si minimizzano ma non si azzerano!) di essere “rimproverati” a mezzo social. Ed il cliente, il giorno successivo a quello in cui ci ha onorato della sua visita, una nostra email la riceve comunque. Lo si ringrazia per averci dato fiducia e per aver compilato il modulo (donandoci il suo tempo) e, caso per caso, si commentano alcune sue opinioni. Un cliente che ha ricevuto stroke è molto meno propenso a giudicare negativa la sua esperienza di quanto invece possa esserlo il cliente trattato sbrigativamente e al quale non abbiamo saputo / potuto dare almeno uno stroke.
Diffidiamo da chi individua la ricetta sul “come reagire alle critiche negative che appaiono in rete”. Più che terapie di scarsa efficacia, meglio adottare, a ciò umilmente attrezzandosi, un’adeguata prevenzione. D’altronde, si sa, prevenire è meglio che curare!