La mancanza non solo di camerieri, ma anche di cuochi e addetti vari della ristorazione, è il tema centrale delle cronache di settore nel 2022, e io non posso esimermi ancora una volta dall’affrontarlo sebbene preferirei scrivere dei risvolti belli del mio mestiere. Il problema è concreto e reale, se ne parla oramai da mesi, e l’attribuzione, “comoda” per molti, è quella che fa riferimento alla pandemia da Covid19 e i conseguenti sussidi/redditi di cittadinanza.
Il problema spiegato in modo "pop"
Visto che la percezione del mio mestiere, per chi non lo ha mai fatto, è piuttosto distorta, proverò a fare un esempio che possa rendere meglio l’idea sullo stato dell’impiego nel settore, paragonandolo alla struttura di un palazzo. Credo sia giunta l’ora di parlare senza troppi fronzoli: il settore è dominato dallo sfruttamento dei lavoratori, dalla retribuzione “a nero” e da una disarmante mancanza di diritti che ledono metabolismo, salute e sfera privata dell’individuo. Insomma, il nostro “palazzo” ha le fondamenta minate, non da oggi, e nemmeno dal 2020, anno d’inizio pandemia. Orari massacranti e salari bassi avrebbero dovuto da tempo destare l’attenzione delle amministrazioni, ma non si è mossa foglia. Al ministero del Turismo si è recentemente parlato di aprire i flussi migratori per favorire l’inserimento di manodopera straniera nei ristoranti, come se questa, per magia, potesse migliorare il settore e il valore della professione, andando a “sminare” le traballanti fondamenta sopra menzionate. Ma il turismo non dovrebbe puntare ad avere un personale qualificato e preparato, in grado di contribuire alla crescita, al successo del settore? Nella ristorazione occorrono professionisti motivati e non personale di “ripiego”.
Il lockdown rivelatore
Tornando al nostro “palazzo”, i solai della struttura sono da tempo crepati a causa dell’obsoleta formazione dei futuri impiegati del settore: mi riferisco principalmente alla scuola alberghiera. Insomma, diciamocelo, a scuola non si può continuare ad insegnare ad un cameriere a tenere un tovagliolo sull’avambraccio quando questa pratica non si vede più in nessun ristorante. Il nostro “palazzo” dovrebbe poi avere solidi infissi per proteggerci dalle “intemperie” del mercato, ma anche questi sono traballanti: è necessaria una drastica riduzione del costo del lavoro per poter dare più certezze agli imprenditori e garantire più reddito ai lavoratori. Quando è arrivata la pandemia, l’intonaco del nostro palazzo ha iniziato a cedere, rovinandone l’estetica e colpendo alcuni passanti: ecco, in quel momento si sono svegliati tutti, perché è chiaro che, nella nostra epoca, si dà più importanza alla “facciata” che al contenuto, e la questione è divenuta pubblica. In effetti il personale della ristorazione, rimasto a casa in lockdown, si accorto, fermandosi, di quello che aveva patito fino al giorno precedente. Si è accorto delle rinunce esistenziali, del tempo sottratto agli amici e alla famiglia visti gli orari notturni o i turni (non pagati adeguatamente) da 15 ore. Qualche personaggio pubblico ha giustificato la mancanza di personale asserendo che i giovani non vogliono più fare la gavetta e i relativi sacrifici: un'esposizione piuttosto “medievale”.
Doveroso un cambio di registro
Mi sembra abbastanza chiaro che la “passione” nel nostro mestiere, seppur bellissimo, non può essere più sufficiente. Gli addetti alla ristorazione, e anche le nuove leve, hanno bisogno di un’esistenza più sostenibile, niente di così diverso dalla maggior parte degli altri impieghi! Il personale della ristorazione deve poter godere del tempo libero e dedicarlo anche ai propri cari. Allora mi chiedo: perché un cameriere non può lavorare 8 ore al giorno come da contratto di settore? Mi chiedo anche perché un cameriere non possa essere retribuito per le ore di straordinario svolte. E mi chiedo perché non si possano adottare forme di impiego/retribuzione alternative imparando da Paesi più sviluppati del nostro dove lo stile di vita è dignitosamente salvaguardato. Capisco che la questione sia piuttosto spinosa per i nostri ministeri, per il nostro governo, ma la risposta a queste problematiche è l’apertura dei flussi migratori?