Stamattina Milano è stata riempita di sedie vuote piazza Sempione, davanti all'Arco della Pace. Sulle sedie i cartelli con la scritta "se apriamo falliamo: io non apro". La singolare protesta è stata messa in atto da gestori di bar, ristoranti e locali milanesi (più di settemila attività in tutta la città). Le sedie vuote simboleggiano il timore di molti gestori: quello di aprire i locali ma vederli vuoti. Capofila della protesta il ristoratore Alfredo Zini, presidente del gruppo Imprese Storiche di Confcommercio. «Chiediamo regole certe per riaprire presto - ha affermato - per non creare problemi per i nostri dipendenti e clienti, e chiediamo anche di rivedere i costi strutturali, perché non si può pensare a un fondo perduto di qualche migliaia di euro: i costi saranno maggiori, soprattutto per garantire l'occupazione». Ad alcuni dei manifestanti è stata fatta però una multa per assembramento sociale vietata: 400 euro.
Molte le proteste a livello nazionale per la scelta delle autorità di pubblica sicurezza. Fra cui quella del vicepresidente nazionale della Fipe, Aldo Cursano, che in una nota sostiene che «multare i ristoratori milanesi, accusandoli di assembramento, è come sparare sulla croce rossa. Questa non era una manifestazione organizzata dalla Fipe, ma chiedo allo Stato di mettersi una mano sulla coscienza e fare un gesto di apertura nei confronti di imprenditori e lavoratori disperati. Allo stesso tempo, però, è importante che i ristoratori comprendano che, soprattutto in questo momento, è fondamentale non farsi prendere la mano: le proteste sono sacrosante ma le manifestazioni devono essere organizzate in modo serio, coinvolgendo prefetture e forze dell’ordine e nel rispetto della sicurezza di tutti. Altrimenti finiscono per essere contro producenti».
Cursano ricorda poi che Fipe, da mesi, anche nel corso di audizioni in Parlamento, denuncia il rischio di problemi sociali «e ora la rabbia sta montando. Gli imprenditori sono giustamente esasperati per essere stati lasciati soli da uno Stato che ha promesso di aiutarli ma che in due mesi non ha saputo dare loro alcun contributo concreto per sopravvivere. E qui non parliamo di attività basate sulla rendita o di finanza, ma di persone, titolari e dipendenti, che vivono solo se lavorano. Aziende schiacciate dai debiti che hanno bisogno di ossigeno ora, o rischiano di finire anche loro in rianimazione. I contributi a fondo perduto devono arrivare subito alle imprese, così come la cassa integrazione per i dipendenti e la liquidità promessa. Altrimenti per centinaia di migliaia di persone diventerà difficile persino arrivare a fine giornata, non a fine mese. Ai ristoratori – conclude il vicepresidente Fipe – chiediamo di resistere e supportare, nel rispetto delle regole della convivenza civile, la nostra azione quotidiana nei confronti del governo. Ma al presidente Conte chiediamo di prendere in mano la situazione subito, altrimenti controllare la rabbia diventerà molto difficile».