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Sicurezza, tracciabilità e recensioni La ristorazione nell'era della blockchain

Un brioso elemento sfidante atto a rendere ancora migliore il mondo della ristorazione di qualità (ma non solo) è costituito, in questo anno appena cominciato, da una commutazione paradigmatica. Quale? Rendere trasparente e pertanto visibile anche al commensale, la tracciabilità.

20 gennaio 2019 | 09:21
Sicurezza, tracciabilità e recensioni 
La ristorazione nell'era della blockchain
Sicurezza, tracciabilità e recensioni 
La ristorazione nell'era della blockchain

Sicurezza, tracciabilità e recensioni La ristorazione nell'era della blockchain

Un brioso elemento sfidante atto a rendere ancora migliore il mondo della ristorazione di qualità (ma non solo) è costituito, in questo anno appena cominciato, da una commutazione paradigmatica. Quale? Rendere trasparente e pertanto visibile anche al commensale, la tracciabilità.

20 gennaio 2019 | 09:21
 

Un brioso elemento sfidante atto a rendere ancora migliore il mondo della ristorazione di qualità (ma non solo) è costituito, in questo anno appena cominciato, da una commutazione paradigmatica. Quale? Rendere trasparente e pertanto visibile anche al commensale, la tracciabilità.

La tracciabilità di tutta la filiera agroalimentare, dal campo al tavolo del ristorante. Si può. Si può perché ancora una volta è la tecnologia che abilità ciò. Abilita nel senso che lo rende agevolmente possibile. Non a caso, si parla di tecnologia abilitante. In questo frangente, l’enalber, ovvero il fattore tecnologico che tutto ciò sta prodigiosamente rendendo fattibile è la blockchain.

(Sicurezza, tracciabilità e recensioni La ristorazione nell'era della blockchain)

Si dirà, obiezione ben corretta, che la tracciabilità preesiste alla blockchain. Certo, come i libri preesistevano a Gutenberg, ma senza l’invenzione di Gutenberg della stampa a caratteri mobili, mai il leggere libri sarebbe diventato il fenomeno di massa che tutti conosciamo. Ecco, la blockchain commuta la tracciabilità da analogica a digitale. La rende pressoché immune da malversazioni e pertanto la fa diventare rigorosamente veritiera come è doveroso che sia e nel contempo la rende nota e conosciuta all’anello a valle, ovvero a tutti noi consumatori.

È la blockchain, ovvero il suo utilizzo sapiente e consapevole, che potrà concorrere fortemente a ridurre il flagello delle frodi alimentari. Non dimentichiamo il dato allarmante del 2017: 22mila tonnellate di prodotti alimentari sequestrati. Allarmante la notizia: le etichette mentono nel 38% dei casi. Ma c’è anche una sorta di lettura rovesciata: in assenza di blockchain non vi è base di narrazione del piatto che giunge a tavola.

Insomma il cosiddetto storytelling non si discosterà da affabulazione, dati riscontrabili latitando, fino a quando non sarà reso divulgabile l’esito della blockchain applicata alla tracciabilità. Tre gli elementi cardine della blockchain. Primo elemento: la trasparenza. La piattaforma consente a tutti gli attori della filiera di verificare e controllare le transazioni. Secondo elemento: la condivisione. Un registro pubblico e condiviso, laddove ogni operazione è confermata automaticamente da tutti i singoli nodi. Terzo elemento: la sicurezza. La blockchain difatti fa nascere archivi immutabili ed inalterabili, immuni da corruzione.

È la stretta di mano, è il gentlemen agreement supportato da dati certi, noti e condivisi, tra i produttori dell’agroalimentare seri, permeati di rigore etico, ed il mercato finale dove si incontra il consumatore avveduto, ovvero tutti noi. Una tracciabilità mediante blockchain, proprio in virtù dei tre suddetti elementi cardine, consente di affermare che nella ristorazione di qualità avremo il “piatto tracciato” laddove gli ingredienti principali che lo costituiscono sono essi tracciati.

L’interazione commensale-sala-cucina-sala-commensale grazie alla blockchain si arricchisce di un interessante corredo informativo che va dalla certezza dell’origine dei prodotti alla suadente narrazione. Un caso emblematico di cui già si parla è quello di Antonello Colonna, partner di pOsti. pOsti è la start-up che utilizza la tecnologia blockchain proprio allo scopo di rendere trasparente ed a beneficio di tutti gli attori, la tracciabilità dei prodotti agroalimentari. Il caso è dato da un piatto tipico quale è la panzanella.

La panzanella di Antonello Colonna è realizzata utilizzando il pomodoro Torpedino. Orbene, del pomodoro Torpedino si conosce praticamente tutto, da quando viene piantato a quando viene lavorato nella cucina di Antonello Colonna per divenire la panzanella che arriva al tavolo del cliente.

Immaginiamo solo per un attimo questo scenario: la panzanella è pronta, un attimo prima che giunga al tavolo del commensale, se ne scatta foto che arriva al commensale pressoché contestualmente al piatto. Il commensale degusta il piatto e, è suo diritto, esprime le sue valutazioni che vanno in rete. E cosa c’è di nuovo? Eh, sì che c’è di nuovo. Che questa valutazione, a prescindere dal merito, siamo pur sempre nell’opinabile, è valutazione certificata ove per “certificata” in tale caso si vuole intendere che il cliente che sta valutando, certamente (certificare=fare certo) è stato (magari è ancora proprio lì) in quel ristorante e certamente ha ordinato e degustato quel piatto.

Non è l’obiettivo strategico della blockchain; pur essendone un utilizzo derivato, rende comunque il senso di quali scenari si apriranno non appena la tracciabilità mediante blockchain divenga patrimonio condiviso dal produttore al cliente transitando per la figura centrale del ristoratore. Sì, il paragone con Gutenberg e la diffusione dei libri. Ma l’abbiamo già detto.

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