Tutta la storia ha inizio nella Calabria degli anni '70 con la Famiglia Mattiani che da un piccolo punto ristoro con 5 camere, vicino al mare, arrivò a gestire nel decennio successivo una tra le prime e più grandi sale ricevimenti del tempo. Una struttura che ospitava fino a 1.200 invitati, la cui forza motrice era la cucina di nonna Lilla, una cucina tradizionale italiana ed ovviamente di impronta calabrese. «La pasta era fatta in casa. A quel tempo non esistevano nemmeno i macchinari di oggi, eppure i miei nonni riuscivano a gestire fino a 4 matrimoni al giorno» dice il nipote e attuale proprietario della struttura Antonino Saccà.
Lo chef Giuseppe Milana
Nel 2000 una decisione ambiziosa, puntare al cuore dell’Italia, Roma. Rilevarono così una struttura storica immersa nel verde del Gianicolo. Un ex monastero - Villa Luiz Casanova (in nome di chi aveva creato una fondazione per i più bisognosi) – lo trasformarono in un albergo con 48 camere ma anche e soprattutto in uno spazio ideale per ricevimenti e banchetti che la Famiglia Mattiani fronteggiava con un servizio di catering esterno. Il Grand’Hotel Gianicolo iniziò così a diventare un punto di riferimento per i “festeggiamenti in grande” della capitale grazie al rooftop, al giardino e all’area piscina e ai grandi spazi interni che si distribuiscono tutt’ora in tre sale (Sala Casanova, Sala Luz e Corte degli Archi).
Il ristorante ed il nuovo arrivato: Giuseppe Milana
La struttura è diventata ufficialmente ristorativa dal 2010 con l’apertura del ristorante “La Corte degli Archi”: tre archi (da qui il nome) incorniciano la sala in stile classico, decorata con affreschi di San Pietro e dell’Isola Tiberina, un modo per ricordare che si, siamo nel cuore di Roma. All’interno 30 coperti, 80 nello spazio esterno del giardino immerso nel prato inglese, fino a 120 posti a bordo piscina e altri 80 nel “bistrot” semi coperto. Un ristorante rivolto a tutti e non più solo agli ospiti dell’hotel ma soprattutto un’insegna che vanta un nuovissimo arrivo, quello dello chef Giuseppe Milana.
Il giovane chef trentaquattrenne, di origini siciliane (Caltanissetta), a soli venti anni aveva lasciato la sua isola ed era volato a Roma per seguire il suo sogno. Aveva frequentato poi un corso di cucina professionale, che l’ha portato a lavorare da un famosissimo chef suo conterraneo, Filippo La Mantìa. Lo seguì prima all’Hotel Majestic e poi al Jumeirah - Grand’Hotel di Via Veneto. Un’esperienza questa che lo portò ad approfondire la conoscenza della materia prima siciliana e la preparazione dei piatti della tradizione. Arrivarono varie e importanti parentesi nella sua carriera (Fiore Crudo e Vapore di Via Boncompagni e Pataclara) ma più di ogni altro arrivò l’amore per l’Oriente e la cucina asiatica. Rimase affascinato dalla cura della materia prima e dalla cultura gastronomica del Sol Levante. Nel 2018 decide così di seguire questa forte passione e, insieme ai suoi soci, avvia Umami – Trattoria Giapponese, dove rimane tre anni. Successivamente decide di idealizzare la sua cucina creando una nuova combinazione di sapori e tecniche tra Lazio, Giappone e Sicilia, terre così diverse ma che si racchiudono nella mente e nelle mani dello chef. Ad ottobre scorso arriva quindi alla Corte degli Archi del Grand’Hotel Gianicolo dove ha potuto portare con sé il suo bagaglio di esperienze e la sua personale visione in cucina. Un vero e proprio uragano che ha stravolto il menu dell’insegna. Tutto è nuovo, tutto è rivisitato, tutto è risultato di un pensiero dello chef, dalla colazione fino a cena.
Una cucina influenzata dal Giappone
«La mia amatriciana, ad esempio, è diversa dalle altre perché sfumo il guanciale con una parte acetica che rende la ricetta più leggera da quella tradizionale. L’influenza giapponese nella mia cucina mi porta ad utilizzare anche ingredienti come il tosazu (aceto affumicato giapponese) e salsa di soia e tra le tecniche prediligo il kabayaki (una cottura giapponese in cui la proteina, pesce o carne, subisce una sorta di glassatura con sakè e salsa di soia e viene poi affumicato alla griglia)» racconta lo chef.
Nel menu si ritrova anche il pennone con broccolo arriminato tipico della Sicilia, arricchito con lime e aglio nero; l’ostrica croccante alla pizzaiola; lo sgombro kabayaki, mela verde e sedano rapa; spaghettone con cime di rapa saltate nell’olio aromatizzato alle spezie giapponesi (shichimi), cozze, pecorino e nduja, ma anche torta di rosa aromatizzata al limone come dedica alle donne, servito con gelato alla mandorla tostata siciliana. I ricordi d’infanzia si rifanno vivi con il “pane cunzato” che diventa un entrée, reinterpretato in chiave moderna. Una ricetta della tradizione siciliana che, nella cultura povera contadina, anticipava i tempi del zero waste in nome della sostenibilità. Un tempo in cui tutto era parte di una ricetta, soprattutto gli scarti e chef Milana i ricordi del “non si butta via nulla” li porta ancora con sé dando vita ad una cucina moderna ma di tradizione, un po' come la struttura che lo ospita.
Grand'Hotel Gianicolo
Via delle Mura Gianicolensi 107 Roma
Tel 06 58333405