Maida Mercuri è la titolare del Pont de Ferr di Milano, il ristorante dove
Vittorio Fusari -
morto nella serata di mercoledì 1 gennaio in seguito ad un attacco cardiaco - aveva
lavorato per tre anni prima di arrivare a
Bergamo per rilanciare Balzer. Trattiene a stento le lacrime nel parlare della tragedia che ha coinvolto tutto il mondo della ristorazione, ma con orgoglio e rispetto nei confronti di un amico riesce a farsi forza e a ricordare.
Maida Mercuri e Vittorio Fusari
«Così giovane e con tutta quella voglia di lottare che aveva - esordisce - è impressionante, ci siamo guardati in faccia qui al ristorante e abbiamo visto solo occhi rossi. Se c’era un uomo, un uomo vero quello era lui. Attaccato alla vita e alla coerenza in ciò che faceva, all’etica del lavoro e dell’amicizia. Chi l’ha conosciuto ha conosciuto un uomo che non si perdeva nelle cose nelle quali in cui non credeva, tanto nella vita quanto nel mestiere di cuoco».
Nel fiume di parole che vengono alla mente di Maida Mercuri nel ricordare Vittorio Fusari un pensiero non può che essere speso per la sua riconosciuta e apprezzata qualità in cucina: «Aveva questa straordinaria conoscenza della materia prima - ci tiene a precisare - ed è per questo che si è contraddistinto. E poi lui è diventato cuoco per passione, da autodidatta. Passione per la cucina ma vorrei dire soprattutto per l’accoglienza delle persone. Penso al suo ristorante Il Volto di Iseo dove ci si sentiva bene perché era quello che lui voleva. Da lui si mangiava molto bene, ma si giocava anche a carte e questa era l’essenza di Vittorio».
Un rapporto quello tra Maida Mercuri e Vittorio Fusari che si è mantenuto anche dopo la separazione professionale: «Era impossibile non mantenere rapporti con Vittorio - spiega lei - era una persona troppo preziosa. Sono andato a trovarlo a Bergamo, a Balzer, ho mangiato da lui. Non abbiamo molto tempo noi ristoratori, ma non avere una profondità con Vittorio era impossibile soprattutto se c’era l’affetto che c’era tra di noi».
Troppo complicato in questo momento mettere a fuoco le decine e decine di episodi che i due hanno vissuto insieme, ma c’è ancora spazio per un pensiero che aiuta a inquadrare la figura del cuoco bresciano: «Non riesco a farmi venire in mente ricordi - ammette la titolare del Pont de Ferr - c’è troppa confusione per il dolore che stiamo provando. Se ripenso a lui però penso all’amore che aveva per suo figlio e la sua famiglia, quando parlava di Giacomo, il figlio, il suo volergli bene era tangibile».