In occasione del convegno organizzato da Le Soste di Ulisse a Villa Igieta, a Palermo, l'intervento più “caldo” è stato quello di Massimo Bottura, chef numero uno al mondo, che non ha esitato rimproverare seppur in maniera amorevole i suoi colleghi siciliani: «Lo dico senza mezzi termini - spiega il patron dell'Osteria Francescana a Modena, miglior ristorante del mondo - siete pigri. Voi siciliani siete pigri. Non sapete comunicare le vostre eccellenze».
Massimo Bottura (foto: Gourmetescape.com)
Una vera provocazione quella di Bottura, fatta però col sorriso sulle labbra, ma anche con decisione, per spronare i suoi colleghi a dare sempre il meglio. Ad ascoltare le parole di Bottura, erano presenti la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, il
Miglior sommelier del mondo 2010 Luca Gardini, il professore dell'Università degli studi di Palermo Paolo Inglese, Vincenzo Russo del centro di Ricerca di neuromarketing Behavior and Brain Lab Iulm e
Ciccio Sultano, presidente de Le Soste di Ulisse.
Proprio a quest'ultimo si rivolge lo chef tristellato per eccellenza, ergendosi da maestro, impegnato ad impartire una lezione, che possa essere stimolo poiché trasmessa da chi dopotutto è pur sempre un collega, seppur sul primo gradino del panorama ristorativo globale. «Lo dico qui, proprio a Sultano. Lo invito e lui mi dice sempre che è difficile viaggiare dalla Sicilia. Ok, sarà vero, ma organizzatevi». Non manca qualche accenno di turpiloquio, qua e là a colorire il discorso, chiaro segnale di una rabbia proporzionale all'affezione che Bottura prova sia verso questi cuochi che verso le eccellenze di questa terra.
«Qui respiro storia - prosegue Massimo - ma nella mia testa c'è sempre il futuro. L'ispirazione può arrivare in qualunque momento e la fonte può essere qualsiasi esperienza di vita. Il mio passato lo vedo sempre in maniera critica, mentre qui in Sicilia viene visto con nostalgia. E questo si riporta anche nella cucina siciliana, che ha sempre qualcosa di nostalgico, però con qualcosa riportato al futuro».
Un piccolo elogio ad
Arianna Occhipinti, produttrice di vino di Vittoria, che è riuscita ad ottenere una pagina sul
New York Times, e poi via, riparte. «Ho sempre detto di essere un artigiano». E in cucina sono gli artigiani i protagonisti, «non c'è spazio per gli artisti». Detto questo, torna a rivolgersi ai colleghi siciliani: «Per comunicare al meglio bisogna conoscere tanto. Devi conoscere, stop. E non si discute. Qui però vince la pigrizia».
Davvero nessuno spazio a mezzi termini, per Massimo Bottura, che per la posizione raggiunta, sa bene quanto un'esortazione fatta con decisione e convinzione possa essere più efficace di un consiglio che culla, ma non sveglia.
«Dovete viaggiare - ha concluso lo chef emiliano - comunicare, andare in giro, raccontare al mondo cos'è un cappero, cos'è una mandorla. Perché chi viene in Siicilia ha voglia di masticare questo territorio. La gente, però, spesso non sa quali e cosa sono i vostri piatti. Non sa che del limone si può mangiare anche la parte bianca. Non conosce il vero sapore di un pomodoro. Non ha mai provato a mangiare dei gamberi rossi di Mazara crudi seduti ad un tavolo. Non date le cose per scontato, non pensate che la gente conosca le cose. Dovete comunicare con la qualità perché la qualità ce l'avete. Avete una storia da raccontare, tiratevi su le maniche e lavorate. Per il vostro bene e quello della vostra Regione».
La Sicilia agli occhi dei giganti
Oltre a Massimo Bottura, al convegno in rappresentanza della cucina italiana sono interventuti anche altri grandi cuochi, esprimendo un generale apprezzamento nei confronti delle qualità e delle potenzialità della Sicilia, ma sottolineando la necessità che Le Soste di Ulisse, e per estensione l'intera regione, prendano coscienza di queste risorse, e le trasformino in atti concreti.
Davide Scabin e Heinz Beck
«Noi italiani con la fantasia, pensiamo di poter fare tutto», ha dichiarato
Paolo Marchi, direttore di Identità Golose. «Eppure la valorizzazione di ciò che facciamo ci sfugge dalle mani. Per spiegare questo concetto utilizzo una frase che Davide Scabin ripete da diverso tempo: “Noi lavoriamo per codificare i cento piatti che hanno fatto la cucina italiana”. Per farlo dobbiamo iniziare a spogliarci dell'attaccamento morboso alla nostra storia e portare una cucina che sia di livello più alto».
«Innanzitutto bisogna raccontare al mondo le proprie eccellenze - continua Marchi - e nel farlo è bene anche fare fronte unito tra noi italiani. Invece che paragonare ad esempio, i vini dell'Etna ai Bordeaux francesi, pur di non esaltare nel paragone un altro italiano, come possono essere i piemontesi, rifacciamoci alle nostre produzioni nazionali, così da esaltarle e per estensione innalzare la nostra immagine, tutta insieme, unita».
«Altra cosa, i consorzi. Prendiamo esempio dai francesi in questo. Non possiamo vendere indistintamente, celebrando ogni prodotto e ogni produttore allo stesso modo solo perché parte di un consorzio. Così vale per i ristoranti: non dobbiamo insistere sull'andare a mangiare in una trattoria, io ad esempio quando vengo in Sicilia è normale mi rivolga ad eccellenze come Ciccio Sultano o Pino Cuttaia, dopo di queste posso andare ed esplorare altro. Esiste la meritocrazia, sia nei ristoranti che tra i produttori affiliati a un consorzio, bisogna avere il coraggio di dirlo, anche in pubblico».
«Sette anni - racconta
Davide Scabin, Combal.Zero
- fa ho provato qui in Sicilia un prodotto, il Pallone di Fico, prodotto tipico del sud coltivato anche qui in regione. Saltuariamente, da allora, me ne faccio inviare delle casse dai produttori, e con queste preparo un piatto nel mio ristorante. Lo utilizzo molto di più io rispetto a voi cuochi siciliani, che l'avete praticamente in casa».
«Partendo da questo esempio - sostiene Scabin - quello che consiglio, specialmente ai giovani cuochi siciliani, è di andare all'estero solo dopo aver imparato a valorizzare i prodotti e le tecniche di casa. Il rischio è che senza questa base, tornati dalle vostre esperienze estere, portiate in Sicilia o in Italia in generale tecniche di cucina che tendono ad omologare i piatti, togliendogli autenticità e tradizione. In quest'ottica si inseriscono i rischi e i drammi della bassa temperatura, tecnica di cottura che trasforma la carne sempre in maniera identica, da Bolzano a Taormina».
Enzo Vizzari e Paolo Marchi
«In Sicilia si concretizzano prodotti e piatti eccellenti - afferma
Enzo Vizzari, direttore de Le Guide de L'Espresso - il problema è la comunicazione, e non solo questo. Infatti, prima di comunicare sarebbe corretto studiare i mercati, fare il cosiddetto “marketing”. A questo proposito, vi voglio scoraggiare su iniziative che partano subito dall'estero, in piazze come Londra o New York: cominciate a Milano. Partendo dal presupposto che l'immagine, anzi, la reputazione della Sicilia in quanto produttrice non è ancora al livello della qualità che la Regione può vantare come intrinseca, raccontate questa reputazione prima in Italia che all'estero, raccontatela a buyer e anche alla grande distribuzione».
«Per quanto riguarda Le Soste di Ulisse- continua Vizzari - devo dire che è la prima volta che vedo un'intenzione, seppur ancora da perfezionare. Oggi c'è finalmente la consapevolezza che esistono ancora spazi enormi da poter occupare. Continuate con le iniziative, e cominciate dall'Italia. E già che fate questo, mettere i giovani in condizione di viaggiare, spostarsi e imparare creando una rete, un network con i ristoranti eccellenti della Penisola».
«Quello che mi auguro - dice
Heinz Beck, La Pergola
- è vedere tanti cuochi siciliani uscire, sia dalla Sicilia che dall'Italia, poi rientrare per dare alla propria regione il giusto contributo, attraverso ciò che hanno imparato. Penso che la Sicilia possa crescere ancora moltissimo, è una terra meravigliosa che merita di essere raccontata. Dipende da voi cuochi, tocca a voi portare orgoglio a questa terra di grande cultura e tradizione».