La “Cerca e cavatura del tartufo in Italia” un importante patrimonio culturale di conoscenze e pratiche tramandate oralmente per secoli che va salvaguardato perché non vada disperso, con l'Umbria tra i protagonisti di questa tradizione. Un know how così importante da essere proposto dalla comunità del tartufo come patrimonio culturale immateriale dell'Umanità e la cui candidatura è ora in fase finale di valutazione nella sede centrale dell'Unesco, a Parigi, che dovrebbe pronunciarsi entro il 2021. Tra i promotori dell'iniziativa l'Associazione nazionale Città del tartufo, composta da 57 amministrazioni pubbliche dislocate dal nord al sud dell'Italia.
Entro il 2021 la decisione sulla candidatura per l’Unesco"Il percorso tutto parte da molto lontano, dal 2012, quando in una riunione ad Alba con le Città del tartufo fu portata sul tavolo l'idea di candidare questa tradizione - spiega Michele Bosagli, presidente Associazione Nazionale Città del Tartufo -.
Con il tempo è stata presa consapevolezza che il bene da candidare come bene immateriale è la tradizione della ricerca e quindi portare avanti la memoria di coloro che da secoli oramai vanno a cercare tartufi in Italia".
Attualmente sono circa 80mila i cosiddetti cavatori o cercatori di tartufo regolarmente autorizzati in Italia e che hanno passato un regolare esame. Il progetto che è stato avviato ha permesso un lavoro di catalogazione finora mai realizzato, permettendo di documentare una tradizione secolare praticata e tramandata in gran parte del Paese.
"Fino a quando non abbiamo messo mano a questi archivi, che spesso singoli territori o singole persone e famiglie avevano per se - prosegue Boscagli - non ci rendevamo veramente conto di quello che era la ricerca e la cavatura del tartufo e da cosa derivasse. In realtà abbiamo visto che tutto quel sapere, quella tradizione orale che fino ad ora è stata tramandata da padre in figlio o da nonni a nipoti, in realtà è un patrimonio veramente ricco, particolare, con la tecnica, la tradizione, il modo di cercare, il modo di addestrare i cani, riconoscere quell'habitat e quell'ambiente dove cercare il tartufo. Tutti questi segreti, questi aneddoti, è qualcosa che è stato documentato, archiviato e vorremmo che venisse portato a conoscenza del mondo intero proprio perché questa tradizione è una tradizione secolare che esiste solo in Italia".
In attesa della decisione del comitato intergovernativo Unesco e nonostante la pandemia, l'Associazione nazionale Città del tartufo, non ferma i suoi lavori e prosegue la sua attività. Nei prossimi mesi sono attesi almeno tre eventi, di cui online sicuramente due legati all'analisi olfattiva del tartufo, per far capire anche al principiante come si può riconoscere un tartufo e un altro legato all'habitat naturale del mondo del tartufo e alla conservazione di questo habitat.
Infine, uno sul benessere animale. "Perché - ricorda Boscagli - ricordiamoci sempre che il protagonista assoluto di questa tradizione di cerca e cavatura, è si il cercatore ma è soprattutto il cane".
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