La corsa alla sostenibilità della Gdo (Grande distribuzione organizzata) fa bene alla filiera agroalimentare. A sostenerlo è una ricerca Altis (Alta scuola imprese e società) dell'Università Cattolica del Sacro Cuore che ha analizzato un campione di 27 insegne appartnenti ai maggiori gruppi italiani. Risultato? Per un terzo degli intervistati la sostenibilità è un driver di crescita.
Approccio che, da valle, potrebbe risalire a monte lungo tutta la filiera agroalimentare e spingere l'adozione di buone pratiche come la riduzione degli impatti ambientali (citata dal 77% dei rispondenti), solidarietà e presenza sul territorio (63%), innovazione e sostenibilità (52%), qualità dei prodotti e sicurezza dei clienti (48%), e attenzione alle persone (48%). Per riuscirci, il mezzo più utilizzato è quello della comunicazione aziendale, utilizzata dal 67% dei rispondenti. Tuttavia, spesso, la comunicazione privilegia alcune aree della sostenibilità, come i prodotti ecosostenibili o le iniziative rivolte alla comunità, a discapito di altre per le quali non sono presenti informazioni. Quindi c'è ancora spazio di miglioramento.
In un contesto già di per sé sfidante, le aziende della distribuzione devono rispondere a scelte d’acquisto non più dettate semplicemente dal prezzo e dalla percezione della qualità, ma anche dalla valutazione della sostenibilità del prodotto. L’indagine di Altis suggerisce che un fattore di competitività si situa nelle relazioni commerciali: grazie al rilevante potere contrattuale delle sue imprese e alla posizione intermedia tra produttori e consumatori, la Gdo può diventare un vero e proprio sustainability trigger.
«L’attenzione alla sostenibilità nella Gdo produce ricadute positive su tutta la catena del valore – spiega Stella Gubelli, responsabile dell’area consulenza di Altis Università Cattolica - Ad esempio, influenza positivamente i processi di produzione, trasformazione e distribuzione e porta le filiere a considerare gli impatti generati verso tutti gli stakeholder. Anche i prodotti diventano più sostenibili in termini di packaging, qualità, sicurezza e territorialità, tanto nei partner per i prodotti a Marca del Distributore come in tutto il sistema produttivo. Inoltre, relazionandosi direttamente con i consumatori, le aziende del retail rendono più accessibile e diffuso l’acquisto e il consumo responsabile».
Le aziende della Gdo hanno reagito in modi diversi a questo movimento di sistema, in alcuni casi raggiungendo uno stadio avanzato di adozione dei principi della sostenibilità. Per misurare il livello di integrazione della sostenibilità nel business di queste aziende è stato adottato il modello di Molteni (2006). Il modello identifica un percorso di crescita della sostenibilità corporate, che è suddiviso in stadi: informale, corrente, sistematica, innovativa e, infine, dominante. Dall’analisi emergono principalmente due poli opposti.
Il primo è composto da aziende che sono consapevoli del valore della sostenibilità quale driver di crescita e di comunicazione efficace e sono a uno stadio avanzato di integrazione (33% sistematico e 11% innovativo). L’altro polo è composto da aziende che, al contrario, vedono la sostenibilità in modo tradizionale, principalmente in termini di compliance, sono poco orientate alla comunicazione dei risultati e si relazionano in modo unilaterale con gli stakeholder (19% informale e 15% non classificabile). In mezzo a questi due poli si trovano le aziende appartenenti allo stadio di integrazione “corrente” (22%), che presentano una configurazione più fluida nella comunicazione della sostenibilità.
Anche se con approcci diversi, le aziende del settore hanno colto l’importanza di intraprendere un percorso di sostenibilità. In questo quadro positivo, emerge però una discrepanza fra le azioni intraprese e la loro valorizzazione attraverso iniziative di comunicazione ad hoc. Il 56% delle aziende del campione non comunica nulla o pubblica poche informazioni sul proprio approccio alla sostenibilità, trascurando così i potenziali benefici a livello di miglioramento di immagine e aumento di competitività.
L’indagine evidenzia un rassicurante trend di crescita nel ricorso a strumenti di rendicontazione non finanziaria, che misura e racconta le performance socio-ambientali. Il 48% delle aziende del campione ha pubblicato un Bilancio di Sostenibilità nel biennio 2018-2019, con una crescita del 23% rispetto all’anno precedente (2017). Il 33% ha formalizzato un piano strategico di sostenibilità, dichiarato esplicitamente nelle pagine del bilancio o del sito. Inoltre, il 46% delle aziende che pubblica il bilancio, e che ha formalizzato una strategia di sostenibilità, associa ai propri obiettivi i target degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – Sdg). Gli Obiettivi maggiormente richiamati dalle aziende nelle proprie strategie sono il 2 (Porre fine alla fame), il 3 (Salute e benessere), l’8 (Sviluppo sostenibile), il 12 (Produzione e consumo responsabili) e il 13 (Lotta contro il cambiamento climatico).
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