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La fregula entra nello Zingarelli: il riscatto della pasta sarda (e non solo)

La fregula entra nel vocabolario Zingarelli 2025. Questo piatto simbolo si unisce ad altre specialità sarde già presenti, celebrando l'influenza della cultura dell'isola nella lingua e nella cucina italiana [...]

16 settembre 2024 | 16:39
 

La fregula entra nello Zingarelli: il riscatto della pasta sarda (e non solo)

La fregula entra nel vocabolario Zingarelli 2025. Questo piatto simbolo si unisce ad altre specialità sarde già presenti, celebrando l'influenza della cultura dell'isola nella lingua e nella cucina italiana [...]

16 settembre 2024 | 16:39
 

La Sardegna sfonda i confini della sua isola… attraverso una pallina di pasta! È ufficiale, la fregula (o fregola), piatto tipico della cucina sarda, ha fatto il suo ingresso trionfale nella versione digitale 2025 dello Zingarelli. Ora, capiamoci: stiamo parlando di una pasta di semola a forma di minuscole palline. Una cosa apparentemente semplice, ma che ha deciso di spiccare il volo e diventare ambasciatrice di un’intera cultura. Perché, ammettiamolo, fregula non è solo un piatto, è un vero e proprio simbolo culinario che racconta storie di nonne sarde, pranzi in famiglia e profumi di mare e terra. E ora, grazie allo Zingarelli, tutti gli italiani potranno nominare con orgoglio e precisione la pasta "a pallini" che avevano sempre e solo descritto come "quella cosa buonissima che ho mangiato in vacanza in Sardegna".

Foto: shutterstock La fregula entra nello Zingarelli: il riscatto della pasta sarda (e non solo)

Fregula si unisce ad altri vocaboli della cultura sarda già da tempo presenti ne lo Zingarelli. Foto: shutterstock

Zanichelli non si accontenta di catalogare parole mainstream. No, si avventura nei meandri delle tradizioni locali, esplora i confini dialettali e riesce a scovare tesori come la fregula. Ma non finisce qui! La fregula non è la prima parola sarda a finire sotto i riflettori del dizionario. Già da tempo altre prelibatezze e simboli culturali dell'isola sono entrati nel lessico nazionale. Diamo uno sguardo agli altri tesori sardi che già brillano nelle pagine dello Zingarelli. Prendiamo la burrida: un piatto che sembra uscito da un incantesimo culinario, con filetti di pesce gattuccio (o palombo, per i meno coraggiosi) bolliti e marinati in un condimento a base di olio, aceto, noci e fegatini. Ti fa venire fame solo a leggerne la definizione. E poi c’è il famosissimo carasau, quel disco sottilissimo di pane croccante che ha la capacità di trasformarsi in mille varianti, dalle zuppe al pane guttiau. Hai mai provato a masticarne uno? Il rumore che fa mentre lo sgranocchi è quasi poetico, e ora tutti possono pronunciarne il nome senza inciampare in tentativi goffi. Ma attenzione, non dimentichiamo i malloreddus, quei deliziosi gnocchetti a forma di conchiglia, il cui nome suona già come un invito a pranzo. Ogni volta che un italiano li chiama "gnocchetti sardi", un malloreddu si nasconde offeso. Ora, grazie al dizionario, possiamo usare il termine corretto e guadagnarci il rispetto dei veri intenditori.

E se pensavi che i piatti salati fossero tutto, ecco il porceddu, il maialino arrosto che sembra venuto direttamente dall'Olimpo dei buongustai. Cotto lentamente sulla brace, è il re delle grigliate sarde. L’unica pecca? Una volta assaggiato, non riesci più a tornare indietro. Per chiudere in dolcezza, ecco le seadas: un dolcetto fritto ripieno di pecorino e ricoperto da miele caldo. Un capolavoro che unisce dolce e salato, morbido e croccante, il sogno di chiunque abbia un’anima golosa. Pensavi che il contributo sardo si fermasse alla cucina? Ebbene no. Anche la cultura materiale dell’isola è entrata di diritto nel linguaggio italiano, grazie a parole come launeddas, il celebre strumento musicale a fiato con tre canne, che fa ballare i pastori e vibrare i cuori. O le ragas, il tradizionale gonnellino maschile sardo, un indumento che fa sembrare chi lo indossa uscito da una saga epica di guerrieri e pastori.

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