Meglio i clienti delle banche. Con questa filosofia, due imprenditori di Ascoli Piceno, Franco Piccioni e Matteo Ferretti, hanno deciso di inaugurare i "Beer bonus". Una sorta di premio fedeltà ai clienti che hanno supportato l'avventura dei due fondatori del pub Beer Coyote.
Beer bonus, l'iniziativa lanciata dal Coyote Pub di Ascoli Piceno
Aperto a ottobre, all'inizio della seconda ondata, il locale ha subito le alternanze dei vari
Dpcm che hanno costretto il pub a un'attività a singhiozzo. Situazione che ha esposto i due imprenditori a ulteriori
difficoltà di gestione: «Di fronte a ulteriori e notevoli difficoltà nell'onorare gli impegni
economici presi con la gestione del locale, abbiamo pensato ad una soluzione, preferendo donare il 10% ai nostri clienti e alle persone che hanno sempre mostrato grande vicinanza e fiducia nel nostro operato, piuttosto che pagarli alle banche attraverso la corresponsione degli
interessi», ha spiegato Piccioni all'
Ansa.
Come funziona il bonusIl "Beer bonus" è un'iniziativa attraverso la quale il cliente potrà acquistare
buoni consumazione da 50 euro ciascuno, con pagamento anticipato, che poi potranno essere utilizzati e spesi quando si potrà riaprire. «I bonus conferiranno il diritto di consumare nel nostro locale per un importo di 55 euro, ricevendo quindi il 10% in più rispetto al valore del buono. Così facendo i clienti ci potranno dare un prezioso
sostegno e la possibilità di rispettare i pagamenti - ha aggiunto Piccioni - Confidando nella vicinanza delle persone affezionate al nostro modo di lavorare, crediamo che questa iniziativa possa essere da esempio anche ai colleghi di questo settore che in questo momento si trovano a fronteggiare grandi
difficoltà come noi».
Unionbirrai a fianco di Fipe e FiepetA proposito di birra e pub, Unionbirrai (l'associazione che riunisce tutti i birrifici artigianali indipendenti) si è schierata al fianco di Fipe e Fiepet nella richiesta di un nuovo protocollo condiviso per le riaperture. Le proposte sul tavolo non mancano e ricalcano quelle
espresse dalle due associazioni datoriali durante l'incontro con il ministro Patuanelli del 18 gennaio. La sigla dei piccoli birrifici, in particolare, intende sostenere la necessità di una
riapertura anche graduale, purché stabile e in grado di garantire l’effettiva possibilità di lavoro ai pubblici esercizi. Le limitazioni a cui sono sottoposti i locali, infatti, si ripercuotono inevitabilmente sulla produzione della
birra artigianale, prodotto caratterizzato nella maggior parte dei casi una
shelf life estremamente ridotta, che a differenza dell’
industria identifica il suo mercato di vendita quasi esclusivamente in pub e ristoranti, avendo solo in maniera minima sbocco commerciale nella grande distribuzione.
Antigianalità vs. grande distribuzione«Riaprire in sicurezza significherebbe dare una
spinta per la ripartenza ad un’intera rete», ha commentato
Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai. «La crisi dei pubblici esercizi è strettamente collegata a quella della birra artigianale, che seguendo principi di
filiera corta e territorialità si esprime maggiormente nei canali commerciali tipicamente legati a quelli della
somministrazione», ha proseguito Ferraris. Alcune limitazioni, come ad esempio il divieto di asporto dopo le 18, hanno di fatto solo spostato l’acquisto di bevande (e il rischio assembramenti) verso la grande distribuzione. Per non confondere i canali «da tempo ci stiamo battendo affinché piccoli
birrifici indipendenti e industrie siano identificati da
codici Ateco differenti e, in condivisione con le altre associazioni direttamente coinvolte nella filiera, riteniamo favorevole il superamento del criterio legato ai codici Ateco per identificare la platea di beneficiari di ristori», ha concluso Ferraris.