Un altro colpo di scena. Protagonista, a cadenza ritmata, TripAdvisor. È
solo di pochi giorni fa l’accordo strategico con Fipe-Confcommercio che dovrebbe
cambiare lo status quo in merito alle fake news. Chi si rivolgerà agli uffici delle Ascom per lamentare recensioni false dovrebbe trovare soddisfazione veloci.
Che
il vento stia girando a favore del mondo Horeca lo testimoniano anche le motivazioni di una sentenza della Suprema Corte di Cassazione.
Questa ha affermato la responsabilità penale del gestore di un sito internet per aver mantenuto online i contenuti offensivi di un articolo, omettendo di rimuoverlo una volta venuto a conoscenza del carattere denigratorio pubblicato. In questo modo la Cassazione, di fatto, ammette la sussistenza di un obbligo di rimozione, per i gestori dei siti internet, di ogni contenuto potenzialmente offensivo pubblicato dagli utenti di cui il gestore sia venuto a conoscenza (anche in via potenziale).
Respinte pertanto le argomentazioni sollevate dalla difesa del gestore del sito, che aveva rimarcato il fatto che l’utente aveva inserito in modo autonomo l’articolo nella community “senza alcun intervento del gestore del sito”, il quale, tutt’al più, aveva solamente ricevuto un messaggio di posta elettronica all’interno del quale era allegato proprio il file incriminato.
Il punto è proprio questo. Una piattaforma internet non può fare da collettore di quanto inviato dall’esterno senza
assumersene gli oneri in merito ai contenuti. Non si tratta di un parcheggio incustodito. Oggi
il gestore è responsabile di quanto pubblica. Una sentenza che apre
nuovi scenari. E torniamo a
TripAdvisor. Le news, quando sono fake,
vanno rimosse e quindi controllate in tempo reale. Lo ha enunciato la Cassazione:
hanno rilevanza penale. Ne deriva che gli operatori dei pubblici esercizi possono citare in giudizio il Gufo, al quale non conviene metter mano al portafogli per effettuare rimborsi a pioggia, stile class action.