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La ripartenza in Campania I ristoratori a De Luca: «Chiarezza»

L’associazione Ristoratori Uniti, per voce di Vincenzo Butticè, si è rivolta al Governatore campano per chiedere chiarimenti sull’ordinanza regionale che detta le regole per i locali.

 
03 maggio 2020 | 16:35

La ripartenza in Campania I ristoratori a De Luca: «Chiarezza»

L’associazione Ristoratori Uniti, per voce di Vincenzo Butticè, si è rivolta al Governatore campano per chiedere chiarimenti sull’ordinanza regionale che detta le regole per i locali.

03 maggio 2020 | 16:35
 

Sanificazione dei locali, visite mediche e formazione obbligatoria per il personale. Sono alcune delle condizioni dettate dal Governatore della Campania, Vincenzo De Luca per la riapertura di bar e ristoranti nell’ordinanza regionale del 22 aprile scorso. Il provvedimento individua le misure necessarie per garantire la prevenzione e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in occasione della ripartenza degli esercizi pubblici.

Vincenzo De Luca - La ripartenza in Campania I ristoratori scrivono De Luca

Vincenzo De Luca

Misure che in alcuni casi ricalcano quanto già previsto per legge, e in altri obbligheranno i ristoratori ad adeguarsi, costringendoli ad ulteriori esborsi, come l’obbligo di dover ricorrere ad aziende specializzate per quel che riguarda le operazioni di sanificazione. Attorno a queste questioni e in cerca di ulteriori chiarimenti, ruota la lunga lettera aperta che il co-fondatore dell’associazione Ristoratori Uniti, Vincenzo Butticè, ha indirizzato a nome dei soci, proprio al Governatore della Campania.

Di seguito il testo integrale della lettera:

Gentile Governatore De Luca,

abbiamo sempre ammirato l’arguzia, lo stile e la competenza, ma oggi ci sentiamo in dovere morale, etico e civico di manifestare pubblicamente alcune riflessioni. Si condivide umanamente lo spirito dell’allegato di sicurezza sanitaria all’O.R. 37/2020, perché si è consapevoli della responsabilità di chi abbia il ruolo decisionale di decidere e di tutelare la salute pubblica e prevenire, si prevenire che la curva di diffusione si alzi dai livelli attuali del coefficiente R.

Alcuni aspetti ci sfuggono, non risultano comprensibili, tipo Titolo I all’art 1 dell’allegato si legge testualmente:
  • ” In via preliminare si ritiene necessario che l’apertura dell’attivita sia preceduta da un intervento di sanificazione dei locali interessati, certificato da ditta autorizzata che deve indicare i prodotti utilizzati ed allegare le schede tecniche di quest’ultimi”.
  • Art 3/ l’ammissione del personale alle attività lavorative deve essere preceduta a visita medica che verifichi e certifichi il buono stato di salute effettuata da qualunque medico ... assenza di infezioni respiratorie ....
  • Titolo II -misure specifiche per le attività di ristorazione. Art 1 “5 capoverso i lavoratori devono essere formati e i datori devono fornire camici etc....
La domanda, nel merito del primo punto, che Le poniamo è la seguente:
perché se la ristorazione sanifica anche per il rischio biologico dal 1997, oggi dovrebbe ricorrere ad investire aziende specializzate nonostante si tratti di un rischio generale e non specifico, potrebbe spiegarci la ratio?
La domanda, nel merito del secondo e terzo punto, che Le poniamo è la seguente:
perché impone con ordinanza l’obbligo della visita e della formazione specifica quando si tratta di rischi generali e non specifici, potrebbe spiegarci la ratio?
Condividiamo pubblicamente le ratio generali, normanti e vigenti.

Alcuni punti essenziali:
Dal 1990 la responsabilità igienico/sanitaria ricade sull’Osa (operatore settore alimentare), il quale è tenuto civilmente e penalmente ad adottare ed usare empiricamente processi e protocolli di base scientifica atte a eliminare e/o ridurre rischi di contaminazione: fisica, chimica e biologica.

Un po' di sana e costruttiva ricostruzione nel merito del protocollo HACCP:

1. “Il metodo HACCP è stato sviluppato negli anni '50 dalla Pillsbury
Co (USA) per garantire l'assenza di pericolo microbiologico negli alimenti destinati agli astronauti, basandosi sul sistema di analisi "Modes of Failure" degli U.S. Army Natick Laboratories, nell'ambito del programma "zero defects" della NASA”
2. Dagli anni '70 il metodo HACCP è stato applicato, in maniera non codificata, da aziende ali-mentari anglosassoni, estendendolo dal pericolo microbiologico (infezioni e intossicazioni) al pericolo chimico (residui e inquinanti tossici) ed a quello fisico (corpi estranei).
3. Negli anni ‘90 il metodo è stato sviluppato nell'ottica degli organismi preposti alla tutela della salu-te del consumatore, sia come strumento di autocontrollo nelle aziende alimentari sia come stru-mento di vigilanza ispettiva.
4. Nel 1993 il metodo è stato formalizzato dal Codex Alimentarius (WHO-FAO) - Division of Food and Nutrition - Food Safety Unit), come strumento efficace ed efficiente di auto-controllo nelle aziende alimentari e di vigilanza ispettiva da parte delle A.A. ufficiali.
5. Nel 1993, la Direttiva 93/43/CEE "Sull'igiene dei prodotti alimentari" (recepita in Italia con D.Lvo 155/1997), richiama espressamente l'uso del metodo HACCP per una corretta im-postazione controllo della sicurezza e dell’integrità dei prodotti alimentari in tutte le fasi.
6. Nel 1999 formalizzato in Italia dall’UNI “Norma UNI 10854:1999 Azienda agroalimentare.
7. Linee guida per la progettazione e realizzazione di un sistema di autocontrollo basato sul metodo HACCP
8. Nel 2000 reso obbligatorio negli USA per prodotti a base di carne e pollame
9. Nel 2003 reso obbligatorio negli USA per succhi vegetali (con previsione di ulteriore estensione a tutti i derivati orto-frutticoli)
10. Dal 2006 reso esplicitamente obbligatorio nella UE anche per prodotti di origine animale con il Re-golamento (CE) 852/2004
11. “sull’igiene dei prodotti alimentari” Durante la sua rapida ascesa il metodo HACCP, originariamente finalizzato alla tutela del consumatore rispetto ai pericoli
igienici, si è modificato ed è stato esteso alla gestione della qualità commerciale e quindi al rischio economico
SI Potrebbe continuare all’infinito perché ci sono più di 70 anni di storia scientifica sull’ haccp.

Condividiamo pubblicamente la ratio generale sull’obbligatorietà della visita e della for-mazione disciplinate dal D.LGS 81/08:

La ristorazione come qualsiasi altro settore produttivo italiano ossequia le norme di rife-rimento prima del D.Lgs 626/94 e poi del D.lgs 81/08. Il DVR è la Bibbia di ogni attività che attraverso gli strumenti ritenuti utili, le risorse specia-lizzate e le figure coinvolte redige a sua responsabilità civile e penale il DVR.

La definizione l’individuazione del rischio assume sempre una doppia valenza, generale e specifica, nella fase di individuazione si tiene conto: degli spazi, dell’ergonomia, dell’attività generale e delle mansioni specifiche, dell’utilizzo di attrezzature o utensili, e di prodotti o elementi chimici e biologici.

La configurazione del rischio del settore del codice ateco 56 può essere sintetizzato, per la genericità delle mansioni che procede a prescindere e per specificità del settore in due, e si solo due peculiarità:
a) La movimentazione merci;
b) Esposizione a video terminale.
Questo è possibile perché l’attività generica e specifica non è autorizzata all’uso di componenti chimici o a lavorazioni di trasformazione o evoluzione o ricerca biologica (stiamo parlando di ristoranti, pizzerie, bar, birrerie, winebar, cocktail bar, etc. solo per essere chiari).

La visita medica, a tutela del lavoratore è già obbligatoria per Legge di Stato, di rango superiore rispetto al rango della Regione, a maggior ragione nello stato pandemico in cui ci troviamo, quando il datore di lavoro con i suoi esperti individua un rischio specifico rispetto alle mansioni specifiche e non per i rischi generici.
Sulla formazione, gli organi di rango superiore hanno già normato (OMS, UE,ISS,INAIL) e se sono stati siglati protocolli d’intesa tra ministeri e OO.SS. delegando alla specifica responsabilità nel datore di lavoro per la valutazione specifica, e assumendo come leva strategica preventiva l’informazione addirittura individuando la forma e il modo “ opuscolo” e la strategia con il ricorso a comunicazione visiva con utilizzo di simboli (distanza-igienizzazione mani-uso di mascherine -10 cose da fare). Sui camici, le divise di colore chiaro sono normate dal 1962. Le cose semplici e sostenibili a noi italiani non piacciono …e poi diciamo degli altri.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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