Locali pubblici sotto attacco a causa di una movida poco controllata nel primo weekend di riaperture dopo il lockdown. Qualche multa (poche a dire il vero) è piovuta nei confronti di bar e ristoranti, ma soprattutto ad arrivare a raffica sono state le ordinanze dei sindaci che hanno limitato l’apertura di locali oppure di aree calde del divertimento lungo tutta l’Italia.
Chi monitora la movida ai tempi del covid?
Una punizione severa, sicuramente giusta per evitare assembramenti e facilitazioni di contagi (non va dimenticato che siamo in Fase 2, non siamo usciti dall’emergenza), ma perché nel
mirino devono finire sempre gli esercenti? E viene da dire sempre perché la questione del controllo della movida non è certo nuova per via del covid, ma esiste già dal momento in cui è stato coniato il termine. Basti pensare alla vendita di alcolici per minorenni. I locali sanno quanto le normative siano estremamente severe in questo senso e tutti (facciamo tanti...) sanno che gli alcolici si portano anche da casa e a quel punto i ragazzi possono berli ovunque, anche nei pressi di un locale che resta comunque incolpevole. O peggio, i minorenni si fanno comprare da bere da chi è pù grande, e le fanno consegnare "fuori" dal locale.
La domanda che sorge spontanea è quale sia la colpa di bar e ristoranti se giovani in preda a rivoluzioni ormonali e a crisi d’astinenza da alcol non rispettino le linee guida nei pressi del locale. Come può un gestore essere in grado di gestire centinaia di ragazzi alticci? Ma soprattutto, come può farlo se non ha il diritto di farlo nel momento in cui questi bivaccano in una zona non di competenza di quel locale?
Perché le amministrazioni comunali non hanno messo in atto controlli preventivi e un po’ più seri piuttosto che arrivare a notte fonda a sirene spiegate cercando (inutilmente) di smaltire gli assembramenti? Dubbi ormai annosi sui quali solo raramente arrivano le risposte.
Roberto Calugi
«Le multe sono giuste se si sbaglia - ha detto il direttore generale di Fipe,
Roberto Calugi - ma qui il tema non è punire, piuttosto prevenire. Assodato che il tema sia questo, sono le forze dell’ordine che devono monitorare il territorio, non certo i gestori dei locali. Se si pensa che questi vogliano incassare a tutti i costi anche senza rispettare le linee guida per la sicurezza, si sbaglia.
Ristoratori e baristi sono i primi a temere di ritornare al lockdown, perché dovrebbero chiudere e morirebbero sicuramente. Vorremmo evitare a questo proposito che oltre al danno ci fosse la beffa, noi abbiamo tutto da perdere da un ritorno alla quarantena. Detto questo ribadiamo l’appello ai gestori che richiamiamo alla
massima responsabilità e ad una gestione atta alla movida sana».
Matteo Musacci
Trovare accordi però è possibile.
Matteo Musacci, presidente dei giovani imprenditori Fipe, racconta la sua esperienza a Ferrara, dove lavora. «Con tutti i locali - racconta - ci siamo accordati per chiedere all’amministrazione di mettere a
disposizione personale di sicurezza privato (assumendosi l’onere delle spese) per filtrare l’ingresso delle persone nelle principali vie della movida. Abbiamo trovato un accordo e questo faciliterà il nostro lavoro. Smaltire un assembramento o impedire la movida è impossibile, ma regolarizzarla e calmierarla si può fare. Anche perché non esiste nessuna norma che permetta alle amministrazioni comunali di infliggere multe ai locali che non fanno rispettare certe regole fuori dal proprio raggio di competenza. Il mio consiglio per tutti i gestori di locali d’Italia è quello di riunirsi, fare squadra, collaborare e poi confrontarsi con le amministrazioni comunali di competenza per trovare un accordo».
Forse una soluzione potrebbe essere quella di concedere a tutti la gestione di spazi esterni anche gratuiti così come accade per i ristoranti: una maggior autonomia e responsabilizzazione potrebbe essere utile ad un monitoraggio più circoscritto e quindi sicuro. Di certo, anche in questo senso, qualche aiuto economico per pagare il servizio di sicurezza male non farebbe.