Uno studio non proprio recente (era il 2018) fu condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università del Michigan. Esso verteva sui cibi più “addictive”, in altre parole sui cibi che creano dipendenza. E qual è al mondo il numero uno tra questi cibi? A domanda, lo studio rispose: «Pizza is the No. 1 “addictive” food». Sì, la pizza.
Correliamo questo studio alle risultanze di un’indagine attuale, condotta nello scorso mese di marzo. Parte di questa indagine riguarda l’ipotesi di scenario, che noi tutti ci auguriamo imminente, della rinnovata liceità di poter consumare “away from home” (fuori di casa), dopo tanto tempo obbligatoriamente trascorso a casa. Ed ecco in sintesi i risultati. Non appena sarà possibile lasciare la quarantena le priorità dei luoghi di consumo saranno nell’ordine: pizzerie, bar, ristoranti, gelaterie. CVD: come volevasi dimostrare!
Nuove strategie
Restiamo focalizzati sulle pizzerie. A fronte di questo esito d’indagine, sono adesso i patron pizzaioli un po’ più tranquilli? Sta adesso diminuendo il loro pessimismo a beneficio di un ottimismo in crescita? Si tratta di essere ben equilibrati. Si tratta di far coesistere e di rendere utili, ai fini del rinnovando successo dell’attività, pessimismo ed ottimismo. Tre mesi di chiusura sono tanti e il danno complessivo è ingente, a partire da quello
tangibilmente economico. Sì, sono stati emanati provvedimenti e di sicuro ciò è meglio di niente, ma mai si può sopperire con il pannicello caldo dell’aiuto a quella che è stata l’assenza pressoché totale di flusso di cassa (il cash) per ben tre mesi, a fronte del persistere dei costi fissi.
L’ottimismo tuttavia rinasce se, con pazienza, saggezza e disciplina interiore, si vive questo forzoso momento di inattività come periodo sabbatico, facendo sornionamente finta che ce lo siamo scelti noi e non che ci sia stato imposto. Periodo sabbatico ad intendere che l’assenza delle attività quotidiane è l’
occasione per mettersi a studiare e a riflettere, anche facendo riunioni in rete con i propri collaboratori, per ripensare e inventare nuove modalità di espletamento delle proprie attività; prioritariamente un nuovo menu e il servizio di sala.
Per comodità di pensiero, sebbene magari la cosa ci infastidisca e ci renda nervosi e preoccupati, partiamo proprio dai due vistosi
elementi di cambiamento imposti di autorità:
Ai patron pizzaioli che al solo pensiero di queste due “tegole” abbattutesi sulle loro teste si lamentano e pensano al peggio, suggeriamo di mettersi nei panni dei loro clienti. Fate questa simulazione, per piacere. Ecco, e adesso che siete “clienti” non vi sentite tranquilli e cautelati, nonostante esteticamente non sia il massimo, nel constatare che il personale di sala e quello al forno e al banco indossano mascherine e guanti? E non vi fa piacere notare che i bagni oltre ad essere pulitissimi (diamo atto che in gran parte lo erano anche prima), adesso salvaguardano ulteriormente l’igiene grazie a doverosi accorgimenti? E non vi fa piacere che la possibilità stessa di calca, di stare gli uni addosso agli altri, sia stata recisa? Ecco, i vostri clienti si aspettano ciò semplicemente perché sanno che sono atti dovuti, sanno che indietro non si torna e sanno che adesso è così. E così, va detto, è più confortevole di prima. Quante opportunità si aprono con la riapertura, se nel frattempo oltre ad aver adempiuto agli obblighi di cui si è appena detto, avete anche messo a frutto le vostre riunioni e avere prodotto idee nuove?
Volutamente alla rinfusa, proviamo a tratteggiare qualche utile elemento di novità che diverrà normalità.
Smart menu
I menu e la carta dei vini e delle birreSarà proprio necessario che permangano oggetti cartacei? Nel nuovo scenario i menu cessano di essere oggetti e diventano schermate sullo smartphone del cliente. Nessun ingombro sul tavolo, nessun passamano, nessun andirivieni dei camerieri. Tutto più semplice, più veloce, più economico e più efficace. Su un menu siffatto è facile comunicare la proposta del giorno, facile cancellare all’istante una birra che è temporaneamente non disponibile. Facile imbastire, con app funzionante, comunicazioni personalizzate per il singolo cliente di cui abbiamo profilo. Ed è anche così che recupero incassi portati via dalla nuova prossemica. Ma il cliente cos’altro può aspettarsi nel merito dell’offering? Sicuramente, con l’ampliamento degli orari di apertura che si renderanno opportuni e necessari, il cliente si aspetterà che, raccontiamola così, il fritto composto da crocchè, supplì, frittatina di maccheroni non sia come da prassi una specie di antipasto in attesa della pizza, ma possa essere anche il “tutto” della consumazione se siamo fuori dagli orari canonici e oramai desueti di pranzo e cena. Può essere happy hour, aperitivo, brunch. E magari il cliente è bene in diritto di attendersi anche un servizio al calice.
Rafforzare il servizio di delivery
Take away e deliveryE non abbiamo parlato di nuove modalità per il take away e per la delivery. Tutto più meticoloso e con vicendevole rispetto di tempi resi noti e ben comunicati. Con magari più cura nei packaging per garantire maggiore qualità del prodotto una volta arrivato sulla tavola di casa.
Ridurre l'offering e puntare sulla qualità
9 tipologie di pizza al massimoE lo sterminato offering delle pizze? Una sorta di gara emulativa a chi aveva il menu più dovizioso. Viriamo saggiamente e virtuosamente, rendendo così felice il cliente, verso un’offerta che abbia come limite teorico (sottolineo, teorico) la cosiddetta super alternativa: questa pizza, e poi quest’altra pizza e poi quest’altra ancora, e basta. Non stiamo dicendo 3 pizze, ma un massimo di 9 sarà quanto di più favorevole possa verificarsi sia per la domanda che per l’offerta. È rispetto reciproco, è patto tacito tra cliente e pizzaiolo volto a garantire minimizzazione degli sprechi (e quindi dei costi) e massimizzazione della qualità nella componente di freschezza degli ingredienti, oltre all’ottimizzazione dei tempi di comanda e di servizio al tavolo. Solo nove pizze? Sì, solo nove, ma con alta rotazione nell’avvicendarsi delle stagioni.
Non torneremo alla "normalità"
Non si torna alla normalitàQuanto fuorviante e mal posto l’anelito al ritorno alla normalità. La normalità è una situazione storicamente determinata a fronte di acquisizione e metabolizzazione di norme (da cui “normalità”) e di comportamenti che diventano abitudine. Noi non torneremo alla normalità. Questa catastrofe ci impedisce di pensare alla normalità intesa come insieme di norme, comportamenti e abitudini così come vigenti fino al primo bimestre del corrente anno. Alla normalità non si “torna”. Verso la normalità ci stiamo andando. Tutti insieme.
Prendiamo atto della improcrastinabile necessità di avere in dotazione questi tre elementi e lo scenario prossimo venturo non ci apparirà demoniaco, cari patron pizzaioli, bensì luminoso:
- Si tratta di essere resilienti: la resilienza è la capacità di reagire davanti alle avversità ed è la velocità con la quale di ci riprendiamo dagli stress emotivi.
- Si tratta di essere ridondanti: la ridondanza qui è da intendere come la capacità di equipaggiarsi per trovare soluzioni e rimedi.
- Si tratta di essere consapevoli che viviamo nel mondo connesso e siamo parte, pertanto, della community always on.