Il banqueting per ricevimenti è indubbiamente uno dei settori che hanno maggiormente sofferto la crisi causata dal Covid-19. Dalla scorsa primavera sono state annullate, o comunque rinviate, centinaia di cerimonie e per chi, come il Casale San Leonardo a Campofelice di Fitalia, in provincia di Palermo, si dedica solo ed esclusivamente all’organizzazione di eventi, la situazione è diventata insostenibile. Il paradosso è rappresentato dal fatto che da un lato fioccano le prenotazioni, ma dall’altro non si possono organizzare i servizi e si vive con lo spauracchio di programmare la riapertura, per poi ritrovarsi a dover disdire perché arrivano nuove disposizioni restrittive. Da zona gialla ad arancione il passo è breve e tantissime coppie hanno deciso anche quest’anno di rinviare matrimonio e ricevimento.
La sala ricevimenti
La storia del Casale
Il Casale San Leonardo sorge nel territorio di Fitalia, uno dei più grandi feudi siciliani insieme ad Alia e Cuntumelia, dove già i
bizantini costruirono le prime abitazioni tra il 940 e il 1070 d.C. Nel 1101, con l'arrivo dei Normanni, il territorio di Fitalia fu affidato a Goffredo di Palermo che costituì lo
Stato feudale di Fitalia. Il feudo nel 1590, dopo vari eredi, pervenne a Michele Settimo Naselli, che, avendo trovato il territorio disabitato, ottenne dal viceré la "licenza populandi" per fondare un nuovo centro abitato. Dopo un anno Don Michele Settimo Naselli morì e il progetto fu abbandonato. Nel 1766 lo Stato di Fitalia venne ereditato da Troiano Settimo Averna il quale acquisì il titolo di Principe di Fitalia e successivamente da Girolamo Settimo Naselli che riprese il progetto di popolare lo Stato di Fitalia realizzando così il Casale in una collina di fronte al monte Marabito e ai piedi del monte Pizzo Mezzaluna.
L'attività del Casale
«Noi facciamo esclusivamente eventi – commenta
Giuseppe Parisi del Casale San Leonardo, tesserato con la Federazione italiana cuochi -
organizzare un banchetto richiede tempo e da diversi mesi non riusciamo a programmare la nostra attività lavorativa. Per ripartire abbiamo bisogno di un preavviso di almeno due settimane e ad oggi, se tutto va bene, possiamo pensare di prendere prenotazioni dal 1° giugno».
Riservare il locale per un
matrimonio significa essere certi che tutto fili alla perfezione e, in determinati periodi dell’anno come la primavera e l’estate, ci si ritrova con un
calendario molto fitto, che non permette grandi aggiustamenti. «Se finalmente dovessero darci il via libera definitivo - prosegue Parisi -
avremmo eventi a catena tutti i giorni. Temiamo però di prendere le prenotazioni e poi di ritrovarci il 25 maggio di nuovo bloccati. Già, perché abbiamo già
perso aprile e maggio, dopo che decine di coppie avevano prenotato la location per il loro ricevimento, nei mesi tradizionalmente più votati ai fiori d’arancio».
Incertezza tra i clienti
Come gli operatori, anche gli sposi navigano a vista e si ritrovano a dover rincorrere il fatidico sì riprogrammando e concordando in tutta fretta data, chiesa, location per la festa e servizi accessori (fiorista, fotografo, intrattenimento, etc.).
«A
maggio speravamo di lavorare almeno a pranzo, ma purtroppo siamo ancora fermi - sospira Giuseppe Parisi, che gestisce Casale San Leonardo con il padre Pietro e il fratello Francesco - abbiamo ospitato l’ultimo matrimonio nella prima metà di ottobre del 2020 e adesso abbiamo veramente bisogno di riaprire.
Mio papà ha iniziato l’attività nel 2012 e siamo via via cresciuti negli anni, ma dallo scorso anno ci hanno veramente mozzato le gambe».
Pietro con Giuseppe ParisiAnche perché i costi fissi si fanno sentire e rischiano di esserci ripercussioni anche sul personale. «Nonostante tutto, in questo periodo morto abbiamo
continuato ad investire sulla struttura, tra manutenzione e nuovi progetti per rendere la location ancora più accogliente – conclude Giuseppe Parisi -. Lo facciamo anche per impiegare il personale, che a regime, tra cucina, sala e manutentori ammonta ad una cinquantina di persone.
La nostra struttura è molto grande e dobbiamo sopportare costi fissi giornalieri importanti, anche quando siamo chiusi. Non vediamo l’ora che ci lascino lavorare».