Vongole avariate, condannato chef Sacco. Non indagati produttore e importatore

Marco Sacco condannato a 2 mesi e 20 giorni, così come la direttrice di sala Raffaella Marchetti. Nell'inchiesta non sono coinvolti né il produttore né l'importatore. L'avvocato dello chef: Inspiegabile, ricorreremo in appello

08 marzo 2024 | 17:28

Sono stati condannati a due mesi e venti giorni di reclusione, con sospensione condizionale della pena e non menzione, lo chef del ristorante Piccolo Lago di Verbania Marco Sacco e la direttrice di sala Raffaella Marchetti. «Ricorreremo certamente in appello perché, ne sono certo, non siamo noi i colpevoli: piuttosto siamo tra i danneggiati – dice il cuoco (che ora non serve più pesce crudo e molluschi) al Corriere della Sera – e non parlo solo di me e di mia moglie, ma di tutta la categoria dei cuochi». 

La vicenda che ha coinvolto lo chef Marco Sacco

Durante un banchetto nuziale organizzato nel locale, affacciato sul lago di Mergozzo nel Verbano-Cusio-Ossola, nel luglio del 2021, era stato servito un risotto con vongole risultate poi contaminate da norovirus. Al termine del ricevimento alcuni ospiti avevano poi accusato sintomi di intossicazione alimentare.

Quindi è seguita un’indagne dei carabinieri del Nas di Torino. Le vongole, di origine francese e importate da una società italiana, sarebbero state servite crude, poiché in etichetta non vi erano indicazioni che ne vietavano tale utilizzo.

Il provvedimento a carico dello chef Marco Sacco

Lo chef Sacco, due stelle Michelin, è stato, come detto, condannato a due mesi e venti giorni di reclusione, con sospensione condizionale della pena e non menzione.

A suo carico, e di Marchetti, il giudice Beatrice Alesci, del tribunale di Verbania, ha inoltre stabilito provvisionali per oltre 20mila euro. 8mila euro complessivi ai coniugi che organizzarono il banchetto nuziale nel suo locale e 250 euro per ciascuna delle 53 parti coinvolte, oltre a 10mila euro di spese legali per oltre 10mila euro.

La difesa dello chef Marco Sacco

Come dichiarato ad Open dall’avvocato dello chef Marco Ferrero, però, «inspiegabilmente» non sono stati coinvolti nell’inchiesta né il produttore né l’importatore e ha spiegato come la condanna sia «responsabilità altrui, trattandosi di un alimento acquistato in una confezione sigillata la cui genuinità sarebbe dovuta essere garantita, come previsto dalla legge alimentare del settore».

Il pm Fabrizio Argentieri aveva chiesto per entrambi una condanna a otto mesi. Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni, mentre non è ancora chiaro se gli imputati faranno ricorso in Appello.

Intanto come racconta lo chef al Corriere: «quel giorno, come sempre, abbiamo fatto tutto rispettando le procedure: sulla confezione delle vongole, infatti, non era indicata la necessità di cottura del prodotto sul quale, peraltro, non abbiamo eseguito neppure alcuna lavorazione. Quindi le responsabilità vanno cercate altrove, alla fonte del direi. Altrimenti più nessun locale servirà ostriche o altro pesce crudo, proprio come abbiamo deciso di fare noi, dopo questa tremenda esperienza». 

E, infatti, lui si domanda «possiamo noi cuochi fare piatti con prodotti crudi? Parrebbe proprio di no. E infatti, da quando è successo quel triste episodio, nei miei ristoranti non servo più pesce crudo e molluschi»...

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Alberto Lupini


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