Tanti anni fa, quando i cellulari erano ancora un oggetto misterioso e le televisioni trasmettevano solo pochi canali, le osterie e le trattorie brulicavano di vita. Non c'erano prenotazioni obbligatorie, né tavolini da due per cuori solitari. I tavoli erano da quattro, sei, otto o, perché no, anche lunghissimi tavoloni che univano sconosciuti in un unico abbraccio di sapori e parole. Ci si sedeva dove capitava, gomito a gomito con estranei che ben presto diventavano compagni di risate, aneddoti e brindisi. Al centro di tutto c'era lei, la tavola, imbandita con semplicità ma con abbondanza. Pasta fumante, pane fragrante, salumi e formaggi saporiti, vino rosso corposo... il cibo era genuino, preparato con amore e con i prodotti della terra. Mentre si mangiava, si parlava. Si parlava di tutto e di niente, si raccontavano storie di vita vissuta, si condividevano gioie e dolori. Le risate si mescolavano alle note di una fisarmonica o di una chitarra, e l'osteria si trasformava in un piccolo palcoscenico di vita vera. Era in queste tavolate che nascevano le amicizie più sincere, quelle che duravano una vita intera. Era lì che si imparava a conoscersi, a rispettarsi, ad aiutarsi. L'osteria era una famiglia allargata, un luogo dove ognuno si sentiva a casa.
Poi, il tempo è passato. Sono arrivati i fast food, i ristoranti stellati, i locali alla moda. Le osterie e le trattorie hanno iniziato a chiudere, sopraffatte dalla modernità. Ma ora, qualcosa sta cambiando. Le persone (stranieri in primis) hanno voglia di tornare a stare insieme, di riscoprire il piacere della convivialità e del buon cibo condiviso, anche con sconosciuti, soprattutto dopo la piaga Covid, che ha costretto centinaia di milioni di persone a restare in casa. Ma oggi le tavolate, in particolare all'estero, stanno tornando di moda, e con esse la magia di un tempo che sembrava perduto. Un'occasione, anche per i ristoranti italiani, per riportare in auge il concetto di "sharing table", tavolo condiviso.
La storia e i vantaggi del tavolo condiviso al ristorante
Un concept della ristorazione che affonda le sue radici nelle osterie e nelle trattorie di centinaia di anni fa, come abbiamo spiegato, e che sta ritornando in voga con forza. Con l'inizio della globalizzazione nei primi anni 2000, il tavolo condiviso è diventato sempre più un "must have" per i ristoranti tipici delle grandi città internazionali.
Ma quali sono i vantaggi di questo servizio dal punto di vista del ristoratore? Innanzitutto, una maggiore fidelizzazione dei clienti: il tavolo condiviso crea un'esperienza culinaria più sociale e coinvolgente, che può fidelizzare i clienti e invogliarli a tornare. In secondo luogo, un'immagine distintiva del ristorante e infine una maggiore visibilità sui social media, perché essendo molto scenografici, questi tavoli invitano a essere fotografati e condivisi, creando una pubblicità gratuita per il locale.
Tavolo condiviso in Italia, l'esempio della Fiaschetteria-Trattoria Mario
Un esempio di un locale italiano che mantiene viva questa unicità del tavolo condiviso? La Fiaschetteria-Trattoria Mario a Firenze: correva l'anno 1953 quando Romeo, Amelia e il figlio Mario inaugurarono l'attività in Via Rosina nello storico borgo di San Lorenzo. Il soffitto di legno di quercia a cassettoni, ancora oggi visibile nel locale, risale a metà del Cinquecento ed apparteneva alle vecchie stalle del Palazzo del Gattamelata, oggi Palazzo Alessandri. Inizialmente l'attività era una mescita di vini dove si ritrovavano i lavoratori del Mercato Centrale: facchini, macellai, ortolani.
Nel 1957 con il matrimonio di Mario, la bottega diviene una Trattoria con il servizio ai tavoli e piatti caldi tipici della tradizione preparati con passione nella piccola cucina, come la zuppa di fagioli e verdure, la trippa alla fiorentina, la pappa al pomodoro, l'arista, lo spezzatino e il baccalà in umido. La Trattoria Mario è oggi un punto di ritrovo per studenti e turisti di tutto il mondo e ogni giorno, grazie alla passione tramandata da Mario ed Elena ai figli Romeo, Fabio e al resto della famiglia fa vivere la socialità e i sapori della Firenze di un tempo. Con la peculiarità dei tavoli condivisi.
«Dagli anni '50, il nostro locale è sinonimo di convivialità e condivisione - racconta Romeo Colzi, uno dei cuochi. Prima del Covid, i nostri tavoli erano super condivisi, ma con la pandemia questa tradizione si è affievolita, poiché le persone accettano meno volentieri di sedersi vicino a sconosciuti, gomito a gomito». Tuttavia, questo trend potrebbe cambiare nei prossimi anni, o magari nei prossimi mesi, come già accade all'estero. «Oggi sono più gli stranieri che gli italiani ad accettare questa tipologia di servizio, forse per sentito dire della disponibilità o grazie al tam tam sui social».
E, come spesso accade, in futuro gli italiani potrebbero riscoprire questa tradizione storica guardando l'esempio dello straniero. Nel frattempo, questa usanza viene mantenuta con estrema cura dai clienti over 50: «Sono la clientela più fidelizzata e disposta a questo genere di servizio». Ma anche i giovani, soprattutto dagli anni '70, hanno abbracciato questa pratica, con gli studenti universitari in prima linea». Sebbene questa abitudine sia un po' diminuita nel tempo, potrebbe tornare di moda come un ritorno alle origini. Basterebbe solo un po' di coraggio e l'uso efficace dei mezzi di comunicazione moderni, in primis i social network.
Come funziona il tavolo condiviso al ristorante
Ma come funziona il servizio? «Qui da noi si ordina ancora a voce al cameriere». Non esistono tablet o totem, la tradizione è viva. «Ognuno ordina il proprio piatto e poi, una volta finito il pasto, va a pagare alla cassa per sé. Ma può capitare che degli sconosciuti, facendo amicizia, alla fine optino per un conto unico e poi sistemino tra di loro. Inoltre, capita spesso che si ordinino più piatti da dividere, soprattutto i piatti grandi come la bistecca alla fiorentina» proprio come un tempo.
Un tempo che dovrebbe tornare in auge. Tradizioni che vanno mantenute vive: una fiamma che deve tornare ad accendersi. I giovani sono curiosi e aperti a nuove esperienze. Coinvolgerli nel processo di riscoperta della tradizione, valorizzando l'aspetto sociale e aggregativo del pasto, può rappresentare la chiave per un futuro che onora il passato senza rinunciare all'innovazione.
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Alberto Lupini
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