Uno, nessuno e centomila: come la scelta dell'architetto influenza un progetto

Nel linguaggio comune utilizzato nell'ambito dell'architettura e del design occorre sostituire il termine "preso" con "scelto" per riflettere un rapporto più rispettoso e collaborativo tra architetto e cliente . Che sia per la propria casa o per un'attività nell'accoglienza o nella ristorazione, importante diventa il dialogo aperto e la fiducia reciproca nel processo decisionale e progettuale

19 aprile 2024 | 05:00
di Emanuele Svetti

Vi è mai capitato di parlare con un vostro conoscente e sentire pronunciare la frase “ho preso l'architetto per ristrutturare il mio locale”?

A me è successo spesso e tutte le volte ho pensato a come avesse “preso” questo soldatino, o Pokemon (per parlare con lessico contemporaneo), perché altra non potrebbe essere la scena da immaginare davanti ad un’affermazione del genere. Pensate: questi eserciti indomiti di imprenditori, manager, decision maker alla ricerca di architetti da “prendere” un po’ come i mostriciattoli del famoso anime giapponese: una scena aberrante.

Per questo quello che oggi si manifesta in me è, in realtà, un senso di disagio, perché penso a quante volte sarò stato “preso” anche io nella mia carriera di professionista, preso e posizionato sopra un tetto di un cantiere come un parafulmine di Fantozziana memoria, dando così una risposta ad eventi spiacevoli che poi nel tempo sono accaduti, oltre che alla scarsa qualità di molti progetti che si vedono in giro.

La scelta dell'architetto: atto di fiducia e determinazione

Mi chiedo quale tipo di sforzo intellettuale potrebbe essere il sostituire semplicemente il termine “preso” con quello meno svilente, da ambo le parti, che è: Scelto! Sì, Scelto! Perché nella vita capita spesso di dover fare scelte, siano esse importanti, giuste o dolorose, queste modificheranno e segneranno il tuo futuro. L'architetto deve essere scelto, deve sapere farsi scegliere e con coraggio condividere le proprie scelte, perché il processo di elaborazione di un progetto è fatto ancora una volta di scelte, che vengono fatte con coerenza, a volte con violenza, altre in maniera naturale senza condizionamenti.

Non fare ricerca, non mettersi in condizione di scegliere al meglio è una sorta di lasciarsi vivere senza una reale partecipazione, una sorta di rinvio della decisione fino al non poter essere più i soggetti della scelta, ma solo eventi completamente avulsi dalla nostra volontà. Scegliere d’altra parte è anche decidere, quindi impegnarsi in maniera cosciente e ragionata a fronte di una situazione, in questo caso il progetto che si intende realizzare: fare la prima scelta, far brillare la scintilla che possa generare il risultato desiderato è l’ingrediente senza il quale non si possono raggiungere risultati eccellenti in qualsiasi campo.

Scegliere un architetto, quindi è parte fondamentale del processo progettuale, è pensiero che si trasforma in parola per diventare azione, per questo dobbiamo avere chiaro sempre che un progetto non è semplicemente un processo di “costruzione”, ma una vera e propria “Co-costruzione”, cioè un processo decisionale, di confronto, realizzativo, che richiede la generazione di un “Tertium non datur”. Diviene facile comprendere, che se in un sistema di pensiero di questo genere si lascia al caso la definizione di uno dei componenti, se ne ammette in qualche modo in maniera implicita la possibilità di fallimento, ed ecco così palesato il nostro scopo: non ci dovrà mai essere una terza possibilità in questo rapporto.

Forse la spinta intellettuale che sta guidando la penna inizia a prendere il “sopravvento” e non vorrei portare le mie argomentazioni in un territorio eccessivamente complesso dove anche io potrei rischiare di perdermi dietro logiche metafisiche Aristoteliche, per questo preferisco tornare con i piedi per terra e limitarmi a cercare di dare alcuni semplici consigli sia al committente che al professionista.

Oltre il consiglio: l'importanza del dialogo con l'architetto

Parlando con i miei clienti, che spesso diventano per ovvie ragioni anche amici, confidenti e, perché no, “pazienti” (non potete immaginare quante sedute “psicoterapiche di interior design o architettura” ho fatto in quasi venti anni di carriera), la mia prima domanda è: perché avete scelto me? A questo punto se vedo che le espressioni si fanno stupite incalzo: quali sono le motivazioni? Avete visto i miei lavori che tipo di taglio hanno? Vi è piaciuto qualcosa in particolare? Perché pensate che potrei essere io l’architetto giusto per realizzare il vostro sogno? Credo che capirete, se siete arrivati a leggere fino a questo punto, e quindi non avete abbandonato con “l’inchino Aristotelico” di poche righe fa, come risposte del tipo “mi hanno parlato bene di Lei” o “mi è stato consigliato da un amico”, diventino per me inaccettabili, per quanto sia piacevole sapere che venga apprezzato da quel “tertium”, di cui scrivevo poco fa, ma che ribadisco, non voglio nel processo di interazione tra due soggetti ben definiti.

È questa la ragione per cui tutte le volte rimando alla visione di quello che ho già realizzato, all’analisi dello stile, del genere di intervento, all’empatia che si può generare davanti alla persona con cui si sta parlando, cercando così di generare la rottura di un blocco intellettuale illogico, che in realtà dovrebbe portare, con la generazione di tessere di diversa grandezza, un puzzle che ha più gradi di soluzione, da quella imminente della definizione della scelta di un architetto a quella più complessa della genesi di un progetto, fino alla consacrazione della sua realizzazione ed infine, si spera, la celebrazione di un successo.

L'importanza della fiducia nella scelta del giusto architetto per un progetto

Ragionando su quanto scritto fino adesso, risulterà chiaro come in ogni momento della vita potrà capitare di trovarci davanti a delle scelte, più o meno importanti, che per prenderle dovremo concentrarci su noi stessi e sui nostri bisogni, lasciandoci guidare dalle nostre necessità, non per forza dall’intuito: un esercizio propedeutico potrebbe essere quello di utilizzare lo smartphone per una volta nella modalità più appropriata, ossia per fare ricerca non su “come risolvere un dubbio di design”, ma su “chi potrebbe essere il soggetto più adatto a risolvertelo”, chi potrebbe prendere decisioni al posto tuo, sollevandoti da qualsiasi responsabilità.

E qui introduco un’altra tessera del nostro puzzle, la fiducia. Sì, perché non possiamo far a meno di questa componente, l’architetto che sceglierai dovrà godere della tua assoluta fiducia,  un fattore che ti aiuterà ad ottenere il miglior progetto possibile, preservando il tuo tempo, e anzi trasformandolo in quello che gli antichi Greci chiamavano Kairos o “momento giusto” e che in seguito Seneca ha definito “…l’occasione che incontra il talento”.

Un’ultima attenzione la farei sul piano delle capacità, diffidate da chi sa fare tutto, d’altra parte credo di poter affermare con assoluta tranquillità che non esistono i “tuttologi”, perché quindi dovreste diventarlo voi stessi o peggio prenderne uno perché “costa poco”, è un “amico” o è “vicino”. Sceglilo, selezionalo, guarda il suo stile, cosa realizza, parlaci, cerca di comprendere se è la persona che può aiutarti: deve essere una risorsa non un costo.

Uno, nessuno e centomila: l'importanza dell'identità di un architetto

Una volta cercato di chiarire il problema dal punto di vista del cliente voglio fare un salto indietro e tornare al titolo che ho voluto dare a questo breve scritto: “Uno, nessuno e centomila”.  Preso in prestito da Pirandello e uno dei suoi più celebri caratteri, Vitangelo Moscarda, voglio affrontare la problematica dal punto di vista più vicino a me: quello degli architetti. Vi chiederete il perché di questo spunto, in realtà, credo che come lui ci poniamo spesso di fronte ad un tema, quello della visione che abbiamo di noi stessi e l’idea che invece hanno gli altri di noi, che non è qualcosa di fisso, ma bensì in costante cambiamento.

Uno quindi rappresenta l’immagine che ogni architetto ha di se stesso, nessuno è quello che molti progettisti scelgono di essere durante il loro iter professionale. Centomila indica l'immagine che gli altri hanno di noi. Capirete quanto sia complesso gestire la presenza di così tante componenti e di come la necessità di “farsi scegliere” diventi fondamentale nell’evoluzione professionale di un architetto, che in qualche modo come Vitangelo, si ritrova a vivere un vero dramma, intimorito dal pensiero che la visione che ha lui di sé non sia la stessa che la moglie coglie, anzi è completamente diversa, così come succede al progettista quando scopre che non è visto dal cliente esattamente per quello che è, mettendolo terribilmente in crisi e cambiando il destino professionale dell’intrepido architetto.

Questo per sottolineare come l’immagine di noi venga, diciamo così, “disegnata”, per usare un termine a noi caro, da chi osserva il nostro lavoro, ma anche il nostro comportamento e , perché no, il nostro stile di vita. A chi, d’altra parte, non è capitato di sentirsi incompreso almeno una volta nella vita professionale? Quante volte avremmo voluto dare un’immagine di noi più rispondente alla realtà e allo stesso tempo avremmo voluto essere ascoltati per il valore che abbiamo? Non solo in famiglia, ma anche a scuola o con la nostra comitiva di amici. E non ne abbiamo sofferto?

Un progetto può “sbiadirsi” fino quasi a scomparire se non valutato per quello che è, e celebrato per quello che dovrà divenire. Ed ecco che le “centomila” immagini di noi che hanno gli altri, riescono a ridurre in “pezzi” l’essenza di un progetto e si precipita diventando “nessuno”. Tutto ciò deve farci comprendere che nella vita niente resta immutato, tutto è in movimento, tutto cambia, quindi anche le opinioni degli altri, e l’uomo ha tutte le capacità per modificarle.

Per questo cerchiamo di Co-Costruire il rapporto, facciamoci scoprire per quello che siamo, ricordiamo che al centro dei nostri progetti rimane e rimarrà per sempre l'uomo, non vendiamoci per quello che non siamo, perché solo un rapporto intellettualmente onesto e pieno di fiducia reciproca potrà generare progetti di eccellenza.

Per maggiori informazioni lo Studio Svetti Architecture rimane a disposizione, per approfondimenti info@studiosvetti.com

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Alberto Lupini


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