Sushi sì, ma attenzione alle buone pratiche igieniche

L’apprezzamento per la cucina orientale si è diffuso ormai in tutto il mondo. In Italia aumentano i ristoranti in cui si serve pesce crudo. Il ristoratore deve porre massima attenzione alla materia prima , acquistando da fornitori qualificati ma anche rispettando le buone pratiche igieniche e di lavorazione

20 ottobre 2018 | 09:06
di Antonio Paolillo
Ha destato grande scalpore, lo scorso agosto, la notizia del coreano a cui è stata amputata una mano per aver mangiato pesce crudo infetto. L’infezione è stata causata da un batterio, il Vibrio vulnificus, che può essere presente sia nei pesci di acqua dolce che di acqua salata. Le complicanze del malcapitato sono state, però, dovute al suo già compromesso stato di salute: il soggetto, infatti, era affetto da numerose patologie quali il diabete di tipo 2, ipertensione e gravi problemi renali. Basti pensare che ogni anno in America sono circa 80mila i casi di vibriosi risolvibili con una terapia antibiotica.



Una notizia, però, che sarebbe potuta pervenire da qualsiasi parte del mondo visto che tutte le popolazioni che si affacciano sul mare hanno sempre consumato e consumano pesce crudo. In alcune zone del nostro Paese, specialmente quelle ricadenti sulle coste, ad esempio, si consuma ancora pesce non cotto come il tonno, ma anche molluschi bivalvi quali cozze, vongole, ostriche e fasolari, senza però essere immuni da alcuni rischi anche molto gravi. In Liguria sono aumentati i casi di anisakiasi dovuti al consumo di alici marinate al limone.

Si assiste però, negli ultimi anni, ad un nuovo ed entusiasmante interesse verso la cucina orientale che ha superato i confini e raggiunto gran parte dei Paesi non solo europei ma anche quelli oltreoceano. In Italia, ad esempio, il sushi è diventata una vera e propria moda se non una mania, i ristoranti giapponesi aumentano e i consumatori sono sempre più attratti da rotolini di riso, alghe e pesce crudo. Ma quali pericoli si possono nascondere dietro tali ricette? Quali gli accorgimenti e le buone pratiche igieniche e di lavorazione da parte dei ristoratori?



Tutti i prodotti della pesca sono potenzialmente a rischio infezione, ma è vero che il rischio di contrarre una tossinfezione alimentare diventa più elevato in caso di consumo di sushi, frutti di mare, ostriche e crostacei specialmente se non si rispettano le buone pratiche igieniche e di lavorazione. Le patologie a cui si può andare incontro vanno dalle parassitosi (una tra tutte quella dovuta all’Anisakis) alle epatiti dovute al virus dell’epatite di tipo A o E, oltre a quelle batteriche dovute a Salmonella typhi e Colera.

Il ristoratore deve porre massima attenzione nei confronti della materia prima e cioè il pesce, quindi la scelta di comperare solo da fornitori qualificati e che possiedono determinate certificazioni di qualità diventa un fattore fondamentale ma non essenziale, perché non basta acquistare la materia prima di ottima qualità se poi non si rispettano determinati standard igienici in fase di conservazione, manipolazione e somministrazione dell’alimento.



In Europa con l’entrata in vigore del Reg. (UE) 853/04 i ristoratori che intendono somministrare piatti a base di pesce crudo (sushi e sashimi) devono rispettare obbligatoriamente processi come quello dell’abbattimento. Per quanto riguarda il sushi, anche in Italia, così come in Europa, è obbligatorio il processo di abbattimento: il pesce viene congelato a temperatura di almeno -20°C per un tempo non inferiore a 24 ore. L’abbattitore professionale deve essere presente in tutti i ristoranti che servono pesce crudo: la procedura uccide i parassiti e blocca la proliferazione dei batteri.

Per quanto riguarda il consumatore è bene che questi si rivolga sempre a ristoratori di qualità e che abbiano implementato all’interno del loro locale un valido Manuale Haccp nonché corrette informazioni e certezze sulla tracciabilità e rintracciabilità del prodotto alimentare. Resta il fatto che mangiare carne e pesce cotti fa sì che possiamo evitare spiacevoli inconvenienti per il nostro organismo.

Per informazioni: www.tecnologialimentari.it

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Alberto Lupini


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