Scuole e ristoratori, ci vuole più collaborazione per formare i giovani
Si deve realizzare una vera saldatura (non solo a parole...) fra i ristoratori e le scuole. I giovani vanno formati adeguatamente e stimolati a intraprendere una carriera che può essere ricca di soddisfazioni
Da qualche mese seguo le polemiche e i dibattiti sulla scuola e sulla formazione dei futuri cuochi e camerieri. Non posso iniziare questo articolo senza citare una canzone famosa di molti anni fa di un giovane cantante di nome Luis Miguel: “Noi, ragazzi di oggi...”. Come in tante canzoni dedicate ai giovani, l’autore parla di sogni, aspirazioni, desideri e amicizia. Nei dibattiti molti chef sottolineano la scarsa formazione scolastica dovuta a una certa impreparazione dei docenti e a programmi didattici obsoleti; altri si scagliano contro giovani che escono dalla scuola anche con una buona preparazione ma che hanno poca o nessuna voglia di lavorare su orari impegnativi come quelli di un ristorante.
Vorrei fare due osservazioni: la prima è che la scuola, soprattutto la formazione personale, segue dei modelli dettati da programmi didattici scritti da un Ministero che, come sappiamo, spesso non annovera fra le sue leve specialisti del settore. La mia seconda considerazione è che molti chef aspettano sulle soglie dei loro ristoranti giovani di cui non conoscono il mondo e i desideri. Le loro aspettative verso questi ragazzi si possono riassumere in: lavorare, lavorare, lavorare.
Tempo fa scrissi su queste pagine che il lavoro della ristorazione andava rimodulato su turni meno massacranti, citando il famoso slogan degli anni ‘70: “lavorare tutti, lavorare meno”. Ho conosciuto chef e camerieri che si vantavano di lavorare anche 15 ore al giorno, io non penso che questo sia utile in un’ottica di lavoro che possa permettere di avere una certa tranquillità e serenità all’interno della sala e della cucina. Penso che si dovrebbero creare due brigate in modo tale che si possa lavorare nei tempi umani del lavoro.
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I ristoratori hanno il dovere a loro volta di formare i giovani durante gli stage e non semplicemente utilizzarli come manovalanza. Ma il mio sogno di docente ed ex cameriere e titolare è quello di vedere una vera saldatura (non solo a parole...) fra i ristoratori e le scuole. Gli antichi romani dicevano: “Hic Rhodus, hic salta” (“qui è Rodi, salta qui”, ossia “dimostraci le tue affermazioni, qui ed ora”). La mia esortazione è quella di non fermarci a guardare la grande statua, ma di mettere insieme le nostre capacità ed esperienze per saltarla. Vorrei concludere con le parole del già citato cantante: “Non farti prendere da questo eterno attendere, noi siamo quello che può succedere”.
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Alberto Lupini