Dalla scuola alla cucina, l'integrazione passa anche dalla cultura

Il caso di un'insegnante di una scuola media di Treviso che ha esentato due studenti musulmani dallo studio della Divina Commedia fa riflettere su come l'integrazione di personale straniero è essenziale per la ristorazione

11 luglio 2024 | 11:27
di Rocco Pozzulo

Un' insegnante di una scuola media di Treviso, ha deciso di esentare due studenti musulmani dallo studio della Divina Commedia di Dante Alighieri, dando luogo subito, da parte del Ministero dell’Istruzione, ad una ispezione per l’atto di “censura” alla famosa opera. Ne emerge la gratuità estemporanea della azione da parte dell’ insegnante, non concordata né con il Dirigente scolastico, né con il Consiglio di classe. A sua discolpa i riferimenti negativi a Maometto e alla religione islamica citati nel testo, ritenendoli offensivi e divisori verso l’intero mondo mussulmano.

La questione a molti ha fatto sorridere, forse anche Dante stesso dalla sua tomba, altri invece indignare, innescando una serie di pubbliche polemiche verso gli immigrati, e gli aspetti della loro integrazione nel nostro paese. Io quale docente da lunghi anni presso un Istituto Alberghiero, ritengo che la questione sia molto e ben più complessa, escludendo a priori anche l’aspetto dei programmi ministeriali di insegnamento, che non dovrebbero essere cambiati, stravolti, e quantomeno “censurati”da parte di alcun insegnate incaricato alla docenza.

Io quale Presidente della Federazione Italiana Cuochi, mi astengo comunque nel dare giudizi di fondo sulla intera questione, portando anche il mio pieno e dovuto rispetto all'insegnate di Treviso, la quale, molto probabilmente, sarà pure oggetto di provvedimento disciplinare. Nel nostro ambiente lavorativo, da molti anni condividiamo la “scena” con personale straniero, frutto anche di disperata migrazione, integrandosi e condividendo le sofferenze e le precarietà del nostro difficile mestiere. In questo momento “storico” dove esiste nella ristorazione precarietà di personale italiano, avere loro è una grande risorsa per l’indotto, purché rispettino e si adeguino alle nostre leggi e culture.

Negarsi a loro e non accettarli, così come loro possono fare nei nostri confronti, significherebbe una vera e propria rinuncia alla possibilità di creare un dialogo culturale inclusivo. Sempre più spesso nelle nostre scuole, troviamo in cucina ragazze con il capo coperto dal “chador”, il tipico velo islamico, come anche dover adeguare le nostre esercitazioni di laboratorio (cucina) per il loro credi religiosi. Qui non si tratta solo di qualche versetto di Dante, o del maiale, o il vino nelle pietanze, ma di aprirsi ad un’intera visione e condivisione del mondo che sta cambiando in fretta, e che dovrà, per causa di forza maggiore, reciprocamente dischiudersi verso altre tradizioni e culture.

Mi rivolgo poi a quella insegnate e collega di Treviso, escludere gli studenti musulmani, dallo studio della Divina Commedia significa rinunciare ad una ricchezza, alla possibilità di scoprire come le culture si influenzino a vicenda, come accade nelle nostre cucine, dando modo di capire e farsi capire. In un’epoca in cui le identità culturali vengono spesso strumentalizzate per creare divisioni e tensioni, ritengo che è giunto il momento di abbattere questi i muri. E allora, perché non cogliere questa occasione? Dante, il Sommo Poeta, certamente lo avrebbe condiviso.

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Alberto Lupini


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