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Scarseggia l’olio di girasole, ma è davvero il migliore?

La guerra in Ucraina ha messo a rischio il mercato di un prodotto sempre più utilizzato sia per conservare che per cucinare. Ma quali caratteristiche ha? E in quali frangenti è meglio utilizzarlo?

di Serena Pironi e Francesca Agostini
 
06 maggio 2022 | 09:30

Scarseggia l’olio di girasole, ma è davvero il migliore?

La guerra in Ucraina ha messo a rischio il mercato di un prodotto sempre più utilizzato sia per conservare che per cucinare. Ma quali caratteristiche ha? E in quali frangenti è meglio utilizzarlo?

di Serena Pironi e Francesca Agostini
06 maggio 2022 | 09:30
 

Negli ultimi mesi il mercato alimentare italiano sta vivendo una crisi relativamente all’aumento dei costi energetici di produzione, dei costi delle materie prime e a problemi di fornitura delle materie prime provenienti in larga misura dall’est Europa. La guerra in Ucraina, in particolare, ha portato a difficoltà nell’approvvigionamento dell’olio di girasole in quanto principale coltivatore di girasoli al mondo, che detiene il 60% della produzione ed il 75% dell’export (fonte Mise). La dipendenza da questi Paesi ha portato ad una crisi che ha spinto il ministero dello Sviluppo Economico ad intervenire per permettere agli operatori del settore alimentare di gestire la mancanza di olio di girasole, oramai ingrediente cardine di molte preparazioni alimentari, soprattutto dopo la “messa al bando” dell’olio di palma. 

Olio di girasole, cosa sapere Penuria di olio di girasole, ma è davvero il migliore?

Olio di girasole, cosa sapere

 

Un prodotto sempre più utilizzato, ma è il migliore?

Oggi l’olio di girasole alto oleico trova massiccio impiego nelle conserve sott’olio, nei prodotti da forno e negli oli da frittura, tanto per citare alcuni impieghi. Con la Circolare dell’11 marzo 2022 il Mise ha indicato soluzioni pratiche di etichettatura per le aziende che si trovano a dover affrontare i problemi di approvvigionamento ed il conseguente uso di alternative. Ma l’olio di girasole è realmente il migliore per le preparazioni alimentari? 

Vediamo insieme quali sono le alternative disponibili, le caratteristiche nutrizionali e chimico-fisiche e quindi le applicazioni preferenziali della grande varietà di grassi animali e oli vegetali che esistono in commercio. Innanzitutto occorre fare la doverosa distinzione tra i lipidi animali (burro, strutto..) e quelli vegetali (oli di semi e margarine), in quanto entrambe le tipologie trovano largo impiego in cucina. 

Questi ingredienti apportano acidi grassi saturi ed insaturi in differente proporzione e si differenziano per l’origine che ne determina le caratteristiche chimico-fisiche e nutrizionali. La nostra dieta, intesa come alimentazione, deve prevedere un consumo di grassi per circa il 20% di cui 2/3 d’insaturi. I grassi animali sono più ricchi di acidi grassi saturi, mentre quelli vegetali sono più ricchi di insaturi (tra cui si annoverano i ben noti omega 3 e omega 6). 

Da un punto di vista tecnico, una prevalenza di acidi grassi saturi contribuisce ad una migliore stabilità del prodotto in cottura e frittura, ovvero, in altri termini, questi acidi grassi irrancidiscono meno velocemente nel tempo.

Quale differenza con l'olio d'oliva? Penuria di olio di girasole, ma è davvero il migliore?

Quale differenza con l'olio d'oliva?

Gli oli si ottengono o per spremitura meccanica (oliva) o per raffinazione/estrazione con solvente (per lo più quelli da seme). Possono essere usati esano o altre sostanze organiche, che poi vengono tolti dal prodotto attraverso l’evaporazione o la distillazione. L’olio così ottenuto è raffinato, di colore più chiaro e con una piccola percentuale di acidi grassi trans. Questo processo comporta la formazione d 3-Mcpd  e suoi derivati, legiferati. 

 

Cosa propone il mercato?

L’olio di oliva è il re della Dieta mediterranea ed è costituito da diversi acidi grassi insaturi, tra cui l’acido oleico, seguito da linoleico, linolenico e in bassa quantità alcuni saturi quali palmitico e stearico. Il suo vantaggio è quello di contenere gli antiossidanti tocoferoli, precursori della vitamina E. La frangitura è una fase di lavorazione fondamentale per preservare il contenuto degli acidi grassi; se il molino “scalda” troppo la massa si potrebbero innescare fenomeni ossidativi con il conseguente ottenimento di un prodotto non extravergine ovvero con un’acidità superiore allo 0,8%.

L’olio di oliva vergine è un olio di oliva ottenuto dalla spremitura con un’acidità tra lo 0,8% ed il 2%. Se l’olio dovesse avere percentuali superiori subisce un processo di raffinazione: una parte di olio raffinato assieme ad un 5-10% di olio vergine vanno a costituire ciò che troviamo in commercio con il nome di olio di oliva. Ciò che rimane dall’olio si chiama sansa, che viene sottoposta ad estrazione attraverso l’uso di solventi chimici per ottenere l’olio di sansa di oliva dotato di un’acidità inferiore o uguale all’1,5%. Gli oli di oliva vanno preferibilmente usati a crudo. 

Dibattito sulle fritture Penuria di olio di girasole, ma è davvero il migliore?

Dibattito sulle fritture
 

Tra gli oli da seme ricordiamo:

  • olio di arachide: costituito dal 19% di acidi grassi saturi (palmitico, stearico, arachidonico), il 53% di monoinsaturi (oleico) ed il 28% di polinsaturi (linoleico), pertanto maggiormente stabile ai trattamenti termici;
  • olio di mais possiede circa il 53% di acidi grassi polinsaturi (linoleico), il 32% di monoinsaturi (oleico) ed il 16% di saturi (palmitico e stearico), per cui è consigliabile il suo utilizzo a crudo;
  • L’olio di soia dal punto di vista compositivo è simile all’olio di mais, difatti possiede tanti acidi grassi polinsaturi (in particolare linoleico e linolenico) e, vista la sua instabilità, a volte si trova in commercio in forma parzialmente idrogenata;
  • L’olio di girasole ha una composizione simile a quella dell’olio di mais, con una presenza massiccia di polinsaturi (linoleico). Nella versione alto oleico, sale la quota dei monoinsaturi e quindi risulta più stabile al calore;
  • L’olio di palma, fino a pochi anni fa ampiamente utilizzato nell’alimentare per le sue caratteristiche tecnologiche e di stabilità, è ricco in acidi grassi saturi (palmitico) che lo rende assimilabile ad un grasso animale. Le implicazioni ambientali relative alla sua coltivazione hanno portato alla sostituzione di questo ingrediente con le alternative in commercio;
  • L’olio di colza possiede il 63% di monoinsaturi (oleico), il 31% di polinsaturi (linoleico e linolenico) ed il 7% di saturi (palmitico, stearico).

La stabilità dell’olio sottoposto a trattamento termico si misura mediante il suo “punto di fumo”, al superamento del quale si assiste a cambiamenti di viscosità, di colore e la comparsa di odore e fumo acre. Di seguito tale valore per gli oli appena citati:

  • Olio extravergine 160°C-240°C;
  • Olio di oliva 240°C;
  • Olio di arachidi 230°C;
  • Olio di girasole  alto oleico 232°C;
  • Olio di girasole 130°C;
  • Olio di palma 254°C;
  • Olio di mais 160°C;
  • Olio di soia 130°C.

Quelli con punto di fumo più basso sono, dunque, da preferirsi a crudo.

 

Margarine e grassi animali

L’idrogenazione parziale o completa rappresenta un trattamento che comporta la presenza in commercio di margarine. Difatti con questo processo chimico si fornisce ad una struttura insatura  la rigidità strutturale di un acido grasso saturo, con la formazione di un composto semisolido.

Tra i grassi animali, infine, troviamo i ben noti grassi solidi o semisolidi ricavati :

  • Burro: emulsione di grasso animale derivato dalla crema latte. Si ottiene tramite pastorizzazione e burrificazione meccanica. Contiene il 49% circa di acidi grassi saturi ed il suo punto di fumo solitamente è tra 120-160°C. Nella versione chiarificata (concentrata) il punto di fumo aumenta sino a 250°C;
  • Strutto: grasso proveniente dai tessuti adiposi del maiale i quali vengono trattati termicamente per ottenere la fusione della frazione grassa del tessuto. È dotato di buona resistenza al calore (il punto di fumo è circa 250°C), ma alte temperature, luce e aria non ne consentono una buona conservazione. Contiene un’elevata percentuale di acidi grassi saturi.

Considerata l’esamina delle caratteristiche dei principali grassi utilizzati in cucina, sono emerse le caratteristiche peculiari di ognuno di essi, al fine di poterli scegliere con consapevolezza nelle proprie preparazioni. I grassi sono macronutrienti fondamentali nell’alimentazione, occorre però che si tengano in considerazione i processi produttivi, le modalità di conservazione e d’impiego e le dosi di consumo affinché restino ingredienti sicuri e buoni.

 

Per informazioni: www.pigaservice.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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