Royale si prepara per Host Al debutto due nuove linee
01 settembre 2017 | 10:05
Host 2015 è stato per la Royale di Lomazzo (Co), che progetta e realizza porcellane per la tavola utilizzate da più di 150 cuochi stellati Michelin nel mondo, l’evento della svolta. La collezione SuMisura ha segnato infatti l’inizio di un grande successo, che ha portato l’azienda guidata dalla famiglia Fanfarillo ad essere oggi leader mondiale nella produzione di articoli per la tavola. Una leadership che vanta la presenza in 20 Paesi del mondo, con numeri di fatturato che crescono in percentuale a doppia cifra. Ma soprattutto, Royale è divenuta un punto di riferimento per la cucina top nel mondo, da Milano a Tokyo a New York.
Royale può contare su una solida struttura commerciale e numerosi clienti sia sul territorio nazionale che estero. Il 30% della produzione è oggi destinato al mercato straniero. Questo grazie alla scelta di affidare il proprio marchio a selezionati partner che gestiscono, in via esclusiva, la vendita dei prodotti sul proprio territorio, offrendo un servizio accurato e confacente alle specifiche esigenze del proprio mercato, per tutti i target di clientela.
Italia a Tavola ha incontrato Angelo Fanfarillo, artefice assieme al suo staff di questo successo, per approfondire la sua case history e capire come è nata l’idea di cambiare totalmente il concetto di produzione e “rilanciare” il Made in Italy.
Prima della svolta, un percorso in salita. Come si muoveva il mercato?
Ricordo bene Host 2015, ma soprattutto gli anni precedenti. Arrivavamo da un periodo molto complesso e la produzione da anni difficili. Il valore di mercato della porcellana era “sprofondato”, in Itala entrava merce da ogni parte del mondo, a qualsiasi prezzo. Ogni giorno chiudevano fabbriche in tutta Europa. In aggiunta, la richiesta di articoli per cottura e buffet diminuiva a vista d’occhio e pezzi unici di manifattura rara venivano sostituiti con materiali alternativi: plastica, legno, acciaio.
Quando si decise di cambiare rotta riguardo le porcellane?
Parlando con un famoso chef italiano, 3 stelle Michelin, il discorso prese una piega particolare, interessante. Mi disse che la ristorazione italiana doveva tornare alle origini e che lui si sarebbe impegnato in prima persona. Bisognava cercare di riscoprire la passione per la cucina, lo stare insieme, sedersi attorno a un tavolo, condividere le gioie del buon cibo e di una bottiglia di vino. Mi resi conto che questi concetti si potevano applicare a tutta l’ospitalità. Anche alle porcellane. Era importante provare la materia per poi lavorarla con amore, scegliere colori legati alla terra, all’acqua, alla natura. Così iniziammo a girare i posti più sperduti dove lavoravano vecchi ceramisti, cercammo di capire le tecniche, apprendemmo molte nozioni, ma eravamo ancora troppo lontani dai canoni del settore professionale.
E il momento dell’intuizione?
Tante riunioni, analisi, approfondimenti. Poi ci chiedemmo: “Perché non proviamo a lavorare internamente, con le stesse tecniche, ma con materie prime idonee all’utilizzo intensivo? Perché non sfruttare anni e anni di esperienza in questo settore per generare qualcosa di nuovo?”. La strada era tracciata.
Quale fu il percorso che portò alla nascita di SuMisura?
Un giorno mi chiamò lo chef stellato Stefano Cerveni. Si stava lavorando a un progetto senza precedenti nell’anno di Expo, la “Terrazza Triennale” a Milano, un luogo di grande prestigio, unico. La Triennale è un palcoscenico di fama mondiale, dove sfilano arte, moda, design, storia e progresso. Cerveni e il suo team volevano sbalordire e utilizzare un prodotto mai visto. Nacque così SuMisura, prima una ciotola, poi un piatto gourmet, poi un altro ancora... e così via. Il resto è sotto gli occhi di tutti!
E Host 2015?
Di Host ho in mente un particolare. Decidemmo in fretta e furia di preparare qualche prototipo e campione proprio di SuMisura per provare a esporlo in un piccolo angolo, comunicando l’italianità e la modellazione artigianale di ogni singolo pezzo. Il risultato? Non riuscimmo neanche a muoverci: il nostro stand fu invaso da persone provenienti da tutto il mondo.
Un bilancio ad oggi.
In questi due anni abbiamo cercato di lavorare assiduamente per migliorare il prodotto, esteticamente ma anche in termini di performance. Poi a Barcellona, durante Hostelco, un’altra svolta. È giunto il momento di lanciare una collezione bianca, con una texture mai proposta, sempre basata sul concetto di materia, giocando sul grezzo e sul liscio. Nasce così Diva, che in pochi mesi diventa il nostro articolo più venduto, nonostante i costi e la fattibilità molto più complessa rispetto ad altre collezioni.
Host 2017: cosa ci dobbiamo aspettare da Royale?
Presenteremo nuove forme e colori per SuMisura, giocheremo molto su colori reattivi che a una certa temperatura “si aprono” e prendono nuances e variazioni incontrollate. Presenteremo, ispirati a Diva, due nuove linee di altissimo livello. Lasceranno tutti a bocca aperta.
Posizione a Host 2017: padiglione 9 - stand R10.
Per informazioni: www.royale.it
Royale può contare su una solida struttura commerciale e numerosi clienti sia sul territorio nazionale che estero. Il 30% della produzione è oggi destinato al mercato straniero. Questo grazie alla scelta di affidare il proprio marchio a selezionati partner che gestiscono, in via esclusiva, la vendita dei prodotti sul proprio territorio, offrendo un servizio accurato e confacente alle specifiche esigenze del proprio mercato, per tutti i target di clientela.
Italia a Tavola ha incontrato Angelo Fanfarillo, artefice assieme al suo staff di questo successo, per approfondire la sua case history e capire come è nata l’idea di cambiare totalmente il concetto di produzione e “rilanciare” il Made in Italy.
Prima della svolta, un percorso in salita. Come si muoveva il mercato?
Ricordo bene Host 2015, ma soprattutto gli anni precedenti. Arrivavamo da un periodo molto complesso e la produzione da anni difficili. Il valore di mercato della porcellana era “sprofondato”, in Itala entrava merce da ogni parte del mondo, a qualsiasi prezzo. Ogni giorno chiudevano fabbriche in tutta Europa. In aggiunta, la richiesta di articoli per cottura e buffet diminuiva a vista d’occhio e pezzi unici di manifattura rara venivano sostituiti con materiali alternativi: plastica, legno, acciaio.
Quando si decise di cambiare rotta riguardo le porcellane?
Parlando con un famoso chef italiano, 3 stelle Michelin, il discorso prese una piega particolare, interessante. Mi disse che la ristorazione italiana doveva tornare alle origini e che lui si sarebbe impegnato in prima persona. Bisognava cercare di riscoprire la passione per la cucina, lo stare insieme, sedersi attorno a un tavolo, condividere le gioie del buon cibo e di una bottiglia di vino. Mi resi conto che questi concetti si potevano applicare a tutta l’ospitalità. Anche alle porcellane. Era importante provare la materia per poi lavorarla con amore, scegliere colori legati alla terra, all’acqua, alla natura. Così iniziammo a girare i posti più sperduti dove lavoravano vecchi ceramisti, cercammo di capire le tecniche, apprendemmo molte nozioni, ma eravamo ancora troppo lontani dai canoni del settore professionale.
E il momento dell’intuizione?
Tante riunioni, analisi, approfondimenti. Poi ci chiedemmo: “Perché non proviamo a lavorare internamente, con le stesse tecniche, ma con materie prime idonee all’utilizzo intensivo? Perché non sfruttare anni e anni di esperienza in questo settore per generare qualcosa di nuovo?”. La strada era tracciata.
Quale fu il percorso che portò alla nascita di SuMisura?
Un giorno mi chiamò lo chef stellato Stefano Cerveni. Si stava lavorando a un progetto senza precedenti nell’anno di Expo, la “Terrazza Triennale” a Milano, un luogo di grande prestigio, unico. La Triennale è un palcoscenico di fama mondiale, dove sfilano arte, moda, design, storia e progresso. Cerveni e il suo team volevano sbalordire e utilizzare un prodotto mai visto. Nacque così SuMisura, prima una ciotola, poi un piatto gourmet, poi un altro ancora... e così via. Il resto è sotto gli occhi di tutti!
E Host 2015?
Di Host ho in mente un particolare. Decidemmo in fretta e furia di preparare qualche prototipo e campione proprio di SuMisura per provare a esporlo in un piccolo angolo, comunicando l’italianità e la modellazione artigianale di ogni singolo pezzo. Il risultato? Non riuscimmo neanche a muoverci: il nostro stand fu invaso da persone provenienti da tutto il mondo.
Un bilancio ad oggi.
In questi due anni abbiamo cercato di lavorare assiduamente per migliorare il prodotto, esteticamente ma anche in termini di performance. Poi a Barcellona, durante Hostelco, un’altra svolta. È giunto il momento di lanciare una collezione bianca, con una texture mai proposta, sempre basata sul concetto di materia, giocando sul grezzo e sul liscio. Nasce così Diva, che in pochi mesi diventa il nostro articolo più venduto, nonostante i costi e la fattibilità molto più complessa rispetto ad altre collezioni.
Host 2017: cosa ci dobbiamo aspettare da Royale?
Presenteremo nuove forme e colori per SuMisura, giocheremo molto su colori reattivi che a una certa temperatura “si aprono” e prendono nuances e variazioni incontrollate. Presenteremo, ispirati a Diva, due nuove linee di altissimo livello. Lasceranno tutti a bocca aperta.
Posizione a Host 2017: padiglione 9 - stand R10.
Per informazioni: www.royale.it
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Alberto Lupini
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