Plagio a tavola: Romito vs Sposito La polemica corre sul web
Con le acque ormai calme, possiamo delucidare i lettori con l'oggettività - sempre nei limiti del possibile - di chi le cose ha aspettato a raccontarle ed ora può dipingerle su di uno scenario più ampio, completo, terminato, come la critica al termine di uno spettacolo teatrale. Il perno della questione? Il plagio ai fornelli; attori protagonisti? Niko Romito (nella prima foto) e Francesco Sposito (nella seconda foto); peso dell’opinione in relazione al mondo della ristorazione italiana? È sufficiente considerare le Stelle Michelin coinvolte, tre per il patron del Reale, due per lo chef di Taverna Estia. Attori coprotagonisti e/o comparse? Grandi nomi della stampa e del giornalismo, da Luciano Pignataro a Carlo Passera.
Come madre curiosità vuole, prima delle critiche, dei “non-detti”, dei temi fra le righe, l'intreccio della storia. A cominciare, seppur involontariamente, è stato lo scrittore, giornalista e gastronomo italiano autore del noto Wine blog Luciano Pignataro: a cena da Sposito, pubblica su Instagram la fotografia di un piatto di Fettucce ai gamberi - non dilunghiamoci a descriverne i metodi di cottura, diamo semplicemente un quadro generale, lo stesso che i follower di Pignataro potevano avere ad inizio weekend visionando la foto dell'eccellente piatto made in Campania. La serata trascorre, con sé la notte.
Bisogna aspettare il pomeriggio seguente perché la scintilla della polemica si accenda: pubblicato da Niko Romito un post sulla sua pagina facebook. Prima l’immagine: due piatti a confronto, quello “incriminato” dallo chef abruzzese, lo stesso immortalato dallo scatto di Pignataro (o di Giuseppe di Martini, la paternità della foto pare essere contesa tra i due, ma non è rilevante nello schema delle cose prendere posizione attribuendola a uno o all'altro), descritto da Romito come «un piatto non mio, attualmente servito in un ristorante italiano» e, subito accanto, una fotografia tratta da un libro dello chef tristellato, con nome “Fettuccia Gamberi Rossi e dragoncello Ristorante Reale anno 2010”. La somiglianza tra i due piatti fa presagire il seguito del commento di Romito: un accusa di imitazione ad un collega, senza però citarne il nome.
«Esiste un limite - scrive lo chef del Reale - anche per chi di solito è misurato come me e qui è stato superato. Va bene “ispirarsi” al piatto di un collega ma copiarlo no - e in ogni caso va citata la fonte. È questione di etica. Come per ogni mio piatto, abbiamo investito tantissima ricerca e lavoro per arrivare al risultato finale che in questo caso ha portato allo sviluppo, nel 2010, della tecnica dell'estrazione a freddo delle teste di crostacei (quelle che nel libro “10 Lezioni di Cucina” definisco “basi”)».
Nella foto: Niko Romito
La scintilla, grazie alla velocità di propagazione intrinseca nei social, inizia ad espandersi, il primo fuoco si accende. Carlo Passera, noto giornalista per Identità Golose, è la prima punta dell'iceberg ad essere raggiunta dal calore del gossip e, come dottrina giornalistica vuole, lo riprende immediatamente: dopo svariati tentativi nella speranza di contattare Romito (è lo stesso Passera a confermarlo in un commento al blog di Pignataro «Telefoniamo dunque più volte a Romito, per saperne di più, ma il suo cellulare risulta spento»), scrive quella che era una notizia già bella che fatta, pur non possedendo il nome dell’incriminato, ma con l’intenzione di accogliere più che volentieri una sua replica nel momento in cui il suo nome sarebbe venuto fuori: «Dal momento in cui Sposito stesso si è riconosciuto nel destinatario delle accuse di Romito - predica Passera sul blog di Pignataro quando i fuochi ormai si andavano spegnendo - Identità Golose non avrà alcun problema a ospitare una sua replica, se vorrà».
L’articolo è pronto nel pomeriggio. Il nome dell’accusato di plagio arriva la sera: Francesco Sposito replica lungamente, con un tono sufficientemente distante dalla pacatezza, direttamente sul proprio profilo facebook. Così si esprime lo chef premiato dalla Guida L'Espresso con 18,5 punti (risultato più che notevole): «Lei, sua Eccellentissima arroganza ha pensato bene di rendere pubblico in una commedia dell’equivoco che solo Dio sa dove vuole parare (non solo lui ma, anche gli addetti al settore) una inutile quanto insignificante comparazione tra due piatti che nulla hanno in comune se non gli ingredienti fettuccelle e gamberi».
Insomma, siamo entrati nel vivo della questione. Oramai quella che era una banale scintilla ha incontrato nel suo vivacizzarsi un rametto secco, il fuoco si è alzato e tanto velocemente quanto è la propagazione via web, si è trasformato in un vero e proprio incendio nel bosco della ristorazione italiana. Tutti cominciano a parlarne. Chi ha ragione? Chi ha torto? A raccontarlo sono le svariate opinioni di esperti, giornalisti e cuochi, in commenti postati qua e là in rete. Ognuno dice la sua, riportare ogni singolo commento sarebbe inutile oltreché fuorviante.
Forse un nome vale però la pena prendere in considerazione, tanto per importanza quanto per indiretto coinvolgimento: Igles Corelli. «Volevo precisare a Niko Romito e Carlo Passera dell'attacco a Francesco Sposito, mio allievo, che l'estrazione a freddo delle proteine dalla testa del gambero rosso di Porto Santo Spirito […] è una tecnica del 2003 che facevo alla Tamerice. Sperimenti di naturaceutica, dove Francesco ogni tanto mi veniva a trovare. Secondo un mio punto di vista un cuoco dovrebbe essere felice se un suo piatto o una tecnica stimola un fuoriclasse come Francesco».
Nella foto: Francesco Sposito
Insomma, forse la reazione di Romito è stata esagerata, sarebbe stato sufficiente chiamare il collega; forse l’istinto giornalistico di Passera poteva controllarsi, contare fino a 10 e fare una telefonata in più. Forse una conclusione ben si addice a tutti coloro che hanno espresso una propria opinione intorno a questo argomento: il telefono non lo alza più nessuno. Anche Pignataro dice la sua contro Passera. «In questa vicenda è mancata una cosa. Doverosa. La telefonata che Carlo Passera avrebbe dovuto fare a Francesco Sposito prima di scrivere l’articolo su Identità Golose. Perché è un dovere elementare di un giornalista riportare le due versioni, anche prendendo parte per una delle due».
Passera risponde a tono: «Se avessi saputo che il destinatario dell’invettiva di Romito era Sposito, lo avrei cercato per sentire la sua campana. […] Quindi - essendo il post di Romito rivolto contro uno chef anonimo, e ignorando io chi si celasse dietro quell’anonimato - ho svolto il mio semplice ruolo di cronista, riferendo a tambur battente (la cronaca si fa così) la polemica come resa pubblica dall’interessato, che ha una certa autorevolezza». Incalza nuovamente Pignataro sul suo blog: Passera doveva chiamare Romito allora, per chiedere l’interessato chi fosse; il giornalista di Identità Golose si difende: il telefono era spento. E lì si conclude la questione. Si abbassa finalmente il sipario.
Com'è normale che sia, un punto di vista è da esprimere. Che un po' raccolga i contenuti dei commenti online, è normale. Che un po' sia di parte, perché pur sempre formulato da esseri umani, che onniscienti non sono, è altrettanto banale. Nell'era dei social nessuno parla più con nessuno, si comunica con post tanto freddi e indiretti, quanto in grado di raggiungere tutto il mondo, probabilmente prima di arrivare alla persona alla quale si rivolgono. Partendo da questo presupposto di fondo, uno sguardo soggettivo d'insieme è d'uopo. La reazione di Romito è comprensibile, ma forse lievemente impulsiva, non troppo calibrata; l'iniziativa di Passera conforme ai doveri di un giornalista, ma forse lievemente impulsiva, non troppo calibrata; la risposta di Sposito, ragionevole, veritiera, arguta, ma data l'aggressività, forse lievemente impulsiva, non troppo calibrata; le pacate accuse di Pignataro al collega di Identità Golose, corrette nell'insieme tematico del suo articolo, al quale però mancavano informazioni importanti, quindi, direi, forse lievemente impulsiva, non troppo calibrata.
La conclusione è chiara: che sia lo stress da ristorante (o da redazione), che sia la gelosia per il proprio lavoro, che sia l'incessante bisogno di dire la propria o che tutto sia da imputarsi alla tendenza dei social in questi ultimi anni, l'impulsività ha dominato un po' ovunque in questa vicenda. Il mondo della cucina italiana è esaltazione dell'arte e del talento degli chef al servizio dei prodotti e delle tradizioni della nostra enogastronomia. Le imitazioni possono esserci, le ispirazioni sono consone, qualche inghippo può presentarsi, ma placarlo in maniera complice e non accusatoria è dovere di una categoria, come quella dei professionisti della cucina, che dovrebbe appoggiarsi in un rapporto di complicità dato innanzitutto dalla passione comune per un mestiere che è arte, ma soprattutto dal ruolo di ambasciatori di una cucina che è unica - per identità - sul territorio nazionale e unica - per prestigio - nel mondo. Rispetto e complicità devono sopravvivere all'impulso più istintivo, un principio valido tanto per la nostra ristorazione quanto per la nostra etica in generale, la stessa etica di cui parla Romito nel suo primo commento.
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Alberto Lupini