Pizza Tramonti, non è la napoletana: è integrale e non si piega

La storia della pizza moderna ha radici che affondano nel XIX secolo, ma è negli anni '50 del secolo scorso che ha iniziato a diffondersi su larga scala, diventando una delle pietanze più consumate al mondo . Questa affermazione è dovuta in gran parte alla geniale intuizione di Luigi Giordano, giovane di Tramonti (Sa), che nel 1953 ha aperto una pizzeria per utilizzare le mozzarelle prodotte nel suo caseificio a Loreto di Novara

19 marzo 2024 | 15:33

La storia della pizza, intesa in senso moderno, inizia sul finire dell’Ottocento: solo dagli anni Cinquanta del secolo scorso, però, questo piatto ha iniziato ad avere una diffusione di grande portata, nazionale prima e mondiale poi, diventando in pochi decenni una delle pietanze più consumate di sempre.

Tutto nasce dalla geniale intuizione di Luigi Giordano, giovane di Tramonti (Sa) che nel 1951, dopo aver aperto un caseificio a Loreto di Novara (località in cui si trovava per svolgere il servizio militare), decide di affiancare a questa attività anche quella di pizzaiolo, nel 1953, così da poter utilizzare parte delle mozzarelle prodotte ma non vendute (vista anche la allora scarsa popolarità di questo latticino nella Pianura Padana).

Un viaggio nel tempo: la pizza Tramonti dal medioevo al successo moderno

Sulla scia del successo di Luigi tanti altri giovani tramontani hanno intrapreso questa strada nei decenni successivi: basti pensare che, negli anni Novanta, contestualmente al primo Festival della Pizza, si sono contate ben tremila pizzerie legate a Tramonti.

Del resto i giovani di questo piccolo borgo della Costiera Amalfitana, così come lo stesso Luigi, potevano contare su di una tradizione ben precedente anche al 1800. Seppur con le dovute differenze, una forma “primordiale” della pizza veniva prodotta in queste zone già nel Medioevo, cuocendo nei tanti forni rurali che popolavano la zona un impasto di cereali inferiori condito con lardo e erbe aromatiche.

Una tradizione rimasta in auge fino agli inizi del Novecento: si ha memoria dell’usanza dei tramontani di acquistare al ritorno dal cimitero il 2 novembre (giorno della commemorazione dei defunti) una schiacciata con pomodoro, olio e origano, che può essere vista senza forzature come una prima manifestazione della pizza della tradizione tramontana.

Se è vero allora che la pizza, in particolar modo quella di Tramonti, ha una storia che affonda le proprie radici così indietro nel tempo, è altrettanto vero che solo da pochi anni è riuscita ad affermarsi come prodotto d’eccellenza.

Tutelare la tradizione e guardare al futuro: il disciplinare della pizza Tramonti

Un punto di svolta si è avuto con la certificazione De.Co. del Comune di Tramonti ottenuta nel 2010 (deliberazione n.16 del 23 aprile). In quella occasione è stato contestualmente approvato un primo Regolamento per la Pizza di Tramonti a Denominazione Comunale che, ad oggi, rappresenta ancora l’unico documento in materia e l’unica fonte a cui i maestri pizzaioli possono attingere.

Dopo più di un decennio di onorato servizio è arrivato il momento di riprendere in mano e riformulare tale regolamento, così da creare un testo più preciso (alcuni punti del testo originale, infatti, peccano di una eccessiva approssimazione), di facile consultazione e che sia accettato come valido dai professionisti dell’arte tramontana della pizza.

In tal senso viene di seguito riportata una bozza il cui obiettivo è tracciare le linee guida riguardo il procedimento e le materie prime da impiegare nella preparazione della pizza Tramonti integrale aromatizzata al finocchietto selvatico.

Pizza Tramonti integrale aromatizzata al finocchietto selvatico, la ricetta

La nostra pizza in passato era fatta, seguendo la tradizione, utilizzando il “criscito”- una pasta di riporto del lievito madre - essiccato e passato di mano in mano, ovvero di famiglia in famiglia, sciolto in acqua e riportato poi in vita con un rinfresco di farina e acqua. Il giorno dopo esso veniva integrato nell’impasto per la pizza in percentuale alla farina utilizzata, generalmente 1 kg di farina integrale (farro, miglio, segale e farina di tipo 00).

Per questioni di velocità e comodità il criscito è stato negli anni sostituito dalla biga, una sorta di pre-impasto grezzo che consente di ridurre i tempi di fermentazione dell’impasto finale; nel nostro caso essa viene fatta utilizzando:

  • 1 kg di farina forte di tipo 00
  • 450 gr di acqua a temperatura ambiente
  • 10 gr di lievito

Deve girare in impastatrice per un massimo di 3 minuti, affinché possa rimanere - appunto - grezza. Deve infine essere lasciata maturare, ovvero lievitare, - tra i 15 ed i 18 gradi - , dalle 18 alle 24 ore.

Passiamo ora all’impasto vero e proprio:

  • 1 kg di farina integrale
  • 300 gr di biga (variabile dal 15% al 30% sulla percentuale di farina)
  • 700 gr di acqua
  • 2 gr di sale
  • finocchietto selvatico quanto basta e secondo i gusti

In questo impasto non vengono utilizzati grassi, come ad esempio l’olio, in quanto la farina integrale è di per sé ricca di sali minerali ed oli essenziali.

Ne risulterà un impasto omogeneo e liscio che andrà fatto riposare a massa per 5 ore, ad una temperatura compresa tra i 5 e 7 gradi. A questo punto si procederà allo staglio dell’impasto stesso, formando dei panetti da 250 gr che si faranno poi riposare, prima per 2 ore a temperatura ambiente e poi a 4 gradi dalle 12 alle 24 ore massimo. I panetti devono infine riposare altre 2 ore a temperatura ambiente per essere poi lavorati e quindi stesi ad una temperatura ideale di 20°.

La pizza va poi cotta per almeno tre minuti, preferibilmente in forno a legna, ad una temperatura che va dai 320 ai 350 gradi°.

Pane biscottato integrale, la ricetta

Da questo stesso procedimento nasce anche il nostro pane biscottato integrale anche detto pane dei marinai.

Per l’impasto vengono utilizzati:

  • 1 kg farina
  • 300 gr di biga
  • 700 gr acqua
  • 20 gr di sale
  • finocchietto selvatico Q.B.

Il procedimento dell’impasto, sia per il pane che per la pizza, segue i seguenti passaggi: prima si impasta la farina con il 50% della quantità di acqua prevista, poi si procede con un fermo macchina di 20 minuti per consentire alle fibre di assorbire l’acqua. A questo punto si aggiunge la biga con la restante parte di acqua a filo e si fa girare il tutto in macchina; in ultimo si aggiunge il sale.

Si otterrà anche in questo caso un impasto omogeneo e liscio che va fatto riposare a massa, in cella, per 10 - 12 ore ad una temperatura compresa tra i 7 ed i 10 gradi. L’impasto infine va rovesciato sul banco e lasciato riposare un’ora a temperatura ambiente.

A questo punto si procede alla formazione delle pagnotte - da 1 kg - che vengono lasciate lievitare per 30 minuti. A metà lievitazione la pagnotta viene tagliata a pettine (con fette di circa 2 cm), lasciata riposare per altri 30 minuti ed infine infornata a 240 gradi per 10 minuti in forno elettrico statico, e poi a 220 gradi per altri 40 minuti. L’ultimo passaggio prevede che le pagnotte vengano spezzettate e inserite nuovamente in forno ventilato a 130 gradi per 4 ore.

Nel caso in cui venisse invece utilizzato per la cottura il forno a legna esso va prima svuotato e pulito dalla cenere e dalla brace per evitare sbalzi di temperatura in prossimità delle stesse. Le pagnotte vanno infornate a circa 230 gradi e controllate a vista (in quanto ogni forno contiene la temperatura in modo diverso); il forno va tenuto semi-aperto per ottenere un’umidità ottimale. A questo punto si sfornane le pagnotte e le si spezzetta a partire dalle incisioni a pettine precedentemente fatte, per poi rinfornarle a 130 gradi per altre 8 ore a camera aperta.

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Alberto Lupini


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