Martina: Distretti del cibo, un'occasione Fondamentale anche il ruolo dei cuochi

Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina spiega a Italia a Tavola il ruolo di opportunità dei distretti del cibo e raccoglie l'appello di Coldiretti a lavorare insieme . Per quanto riguarda invece le aspre critiche mosse dalla Fipe, spiega che «i cuochi sono parte integrante del progetto»

12 gennaio 2018 | 11:08
di Andrea Radic
Quella dei distretti del cibo è una novità introdotta con l'articolo 47 della Legge di stabilità durante il mese di dicembre, e permetterà alle aziende e cooperative agricole di vendere anche prodotti trasformati e pronti per il consumo attraverso l'utilizzo di strutture mobili e in modalità itinerante.



Se da una parte Coldiretti si è detta entusiasta dell'iniziativa, descrivendola, attraverso le parole del presidente di Coldiretti Lombardia Ettore Prandini, una «novità positiva che regola aspetti che non erano normati e dipendevano dalla libera interpretazione», dall'altra la Fipe - Federazione italiana pubblici esercizi fa muro con le parole furibonde del suo presidente, Lino Stoppani: «Una situazione inaccettabile che mortifica senza ritegno la categoria dei ristoratori».

Italia a Tavola, attenta alla situazione dai primi rumors di ottobre 2016 alla prima protesta della Fipe a dicembre, tira le somme prima dell'intervento di Martina, mettendo sulla bilancia vantaggi - «si allarga la platea delle imprese che potranno somministrare cibo» - e complicazioni - «si profilano percorsi ancora più complicati per la ristorazione più tipica».

A prendere parola direttamente con Italia a Tavola, spiegando ragioni e chiarendo dissensi, è ora proprio il Ministro Maurizio Martina.


Maurizio Martina

Quali sono le novità che porterà l'introduzione dei distretti del cibo?
Rafforzare la promozione, la sostenibilità ambientale e la programmazione produttiva integrata nei nostri territori. È questo l'obiettivo primario. I distretti del cibo sono una opportunità innovativa per rendere più stretti i rapporti di filiera tra agricoltori, artigiani, trasformatori, commercianti, ristoratori. Oggi siamo abituati a pensare per singolo settore o filiera, con questo strumento si ragiona di territorio, investimenti e food policy locale nel loro complesso.

Quali i vantaggi per il settore e per i consumatori?
Per i produttori può derivare una migliore remunerazione, legata agli accordi stabili di filiera e ad una maggiore riconoscibilità della zona di produzione, identificata dal distretto. Per i consumatori potrà essere l'occasione per vivere di più il proprio territorio, o magari per scoprirne di nuovi.

Il turismo enogastronomico potrà crescere grazie a questa novità?
È un obiettivo. Credo che soprattutto per le aree interne del nostro Paese ci sia la possibilità di aggregarsi meglio e comunicare insieme i valori e i punti di forza che possono attrarre i turisti. Con questo spirito, insieme al Ministro Franceschini, abbiamo dichiarato il 2018 Anno nazionale del cibo italiano. Dobbiamo farne un'occasione diffusa in tutte le aree del Paese, puntando a migliorare la nostra capacità di lavorare in squadra.

Il presidente di Fipe, Lino Stoppani, la accusa di dedicarsi solo alle esigenze del comparto agricolo e di utilizzare i cuochi e ristoratori solo come "testimonial" della Cucina italiana senza poi occuparsi dei loro bisogni.
Ho letto le dichiarazioni del presidente Stoppani e voglio dire che, a differenza del passato, abbiamo sempre pensato alla ristorazione e ai cuochi come parte integrante e fondamentale della filiera agroalimentare. È proprio nei ristoranti che il lavoro dell'agricoltore trova la sua massima espressione. Siamo pronti a fare meglio, attraverso il confronto e la condivisione del lavoro con tutti.

Il presidente di Coldiretti Lombardia, Ettore Prandini, chiama a raccolta l'impegno di tutti per fare sistema, il Ministero quale ruolo può avere?
Condivido l'appello e ribadisco che il Ministero continuerà a fare la sua parte. L'esperienza di Expo Milano ha dato ancora più spazio e valore all'esperienza agroalimentare, lasciando in eredità anche un metodo. Lavoriamo in maniera coordinata con istituzioni, organizzazioni e imprese. C'è tanto ancora da fare, ma abbiamo impostato una strada utile.

Se ce ne fosse l'opportunità continuerebbe a occuparsi di Politiche agricole anche il prossimo aprile?
Sarebbe un onore.

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