Che occorra puntare (e rivedere) sulla scuola italiana, in particolare per quanto riguarda la formazione dei giovani che vogliono intraprendere la strada della ristorazione e dell’ospitalità, non è di certo cosa nuova. Ma come? A Vinitaly la premier Giorgia Meloni, in un discorso abbastanza fumoso a riguardo, a tirato fuori la notizia che il Governo starebbe lavorando al liceo del made in Italy. Nel discorso, come dicevamo, la Meloni, in verità, ha buttato lì un generico riferimento al settore agroalimentare, al vino e agli istituti tecnici, attaccando velatamente i licei tradizionali perché secondo lei non sarebbero in grado di offrire uno sbocco professionale a studenti e studentesse. Ma tanto è bastato che il liceo del made in Italy balzasse sulle bocche di tutti, con tanto di meme che cominciano a circolare in rete. Così ora tutti si domandano: come sarà questo liceo? E servirà davvero a formare studenti in grando di valorizzare, proteggere e sviluppare l’enorme patrimonio che si cela sotto la bandiera italiana? Diciamo subito che non si tratterà di un indirizzo nuovo nel vero senso della parola, in quanto non è altro che una versione del liceo economico-sociale inaugurato ai tempi dell’ex ministra Mariastella Gelmini. Solo che sarà più “autarchico”: nel triennio tutte le ore di economia e diritto vengono declinate in chiave italiana e italofila. In aggiunta a ciò, per rendere il nuovo liceo concentrato sull’Italia, ci sarà la rimozione della seconda lingua straniera nel biennio, sostituita da qualche ora di informatica e storia dell’arte. E qui la domanda sorge spontanea. Siamo davvero sicuri che togliere lo studio delle lingue straniere sia un vantaggio per chi poi dovrà lavorare con gli stranieri, pensiamo ad esempio nella ristorazione e nel turismo? Ma anche nella moda? O per chi dovrà difendere, tutelate e diffondere il made in Italy all’estero?
Cosa si studierà nel liceo del made in Italy
Ma andiamo nel dettaglio e vediamo quale dovrebbe essere il piano di studi del liceo del made in Italy secondo il disegno di legge numero 497, presentato al Senato all’inizio del 2023 da Fratelli d’Italia (che dell’idea di una scuola tutta italiana aveva fatto uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale):
- le materie del primo biennio : lingua e letteratura italiana; lingua e cultura straniera; storia dell’arte; matematica; informatica; scienze naturali; fisica; scienze motorie e sportive; storia e geografia; diritto ed economia politica; religione cattolica o attività alternative.
- Per gli ultimi tre anni, invece: lingua e letteratura italiana, lingua e cultura straniera, storia dell’arte, matematica, informatica, scienze motorie e sportive, storia, filosofia, religione cattolica o attività alternative. Poi le novità: economia e gestione delle imprese del Made in Italy; modelli di business nelle industrie dei settori della moda, dell’arte e dell’alimentare; Made in Italy e mercati internazionali.
Naturalmente secondo i depositari della legge il nuovo liceo servirà anche a proseguire gli studi nelle università di settore o negli istituti tecnici superiori. Non mancano anche i percorsi di alternanza scuola lavoro, che si dovranno realizzare con le industrie di riferimento. Quello che è certo è che il liceo del made Italy non potrà debuttare nel prossimo anno scolastico (le iscrizioni si fanno a gennaio, ndr), ma corredo un po’, si potrebbe inauguralo nell’anno scolastico 2024-25. Decisiva sarà la spinta del ministero delle imprese e del Made in Italy. Che punta a dar vita «a una rete di licei con sedi presso i distretti del Made in Italy», coordinati dallo stesso ministero e «adottati dagli imprenditori che rappresentano l’eccellenza del Made in Italy».
Come si concilia in un modo globalizzato?
Ma, come dicevamo, se gli intenti del Governo sono chiari («guidare lo studente ad approfondire e sviluppare le conoscenze e le abilità e a maturare le competenze necessarie per cogliere la complessità e la specificità di alcuni settori strategici dell’economia del paese, cosiddetti settori del Made in Italy»), sembrano essere meno certi i risultati di uno studio così “identitario” di una materia che richiede elasticità e capacità di misurarsi in un mondo sempre più competitivo e globalizzato. Per non corre il rischio che il made in Italy rimanga solo una materia di studio….
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Alberto Lupini
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