L’appello dei cuochi alle scuole alberghiere: non spegnete l’entusiasmo dei ragazzi

Nella nuova generazione c'è chi ha ancora voglia di buttarsi nel mondo della ristorazione, di fare fatica e sacrifici. Le complicazioni però sono sempre di più, ecco perchè dai docenti serve una spinta motivazionale . L'appello dei cuochi è quello di trasmettere competenze e passione e accendere la scintilla nei cuori dei ragazzi

10 settembre 2021 | 16:27
di Federico Biffignandi

Il dibattito tra istituti alberghieri e mondo della ristorazione prosegue e le due parti non se le mandano certo a dire. La “bomba” l’hanno sganciata i dirigenti scolastici accusando di sfruttamento i ristoranti, ma i cuochi e imprenditori si sono rivoltati spiegando che ci sono anche i docenti incompetenti e privi di entusiasmo. Oggi, ancora i cuochi tornano a commentare la problematica, sottolineando che i giovani hanno ancora voglia di intraprendere con passione la carriera nella ristorazione, ma che questa deve essere alimentata già dai banchi di scuola.

 

Apreda: La scuola sia più intraprendente

Francesco Apreda, chef del ristorante Idylio (*) del The Pantheon Iconic Rome Hotel non ha dubbi su questo tema: «I ragazzi hanno ancora voglia di fare sacrifici - spiega - ma alcuni faticano a proseguire perché incontrano situazioni precarie che spengono le ambizioni. Situazioni che si incontrano anche nelle classi, dove purtroppo le ore di laboratorio sono poche, le stagioni estive di pratica anche. Ci sono però casi eccezionali che fanno bene ai ragazzi: recentemente sono stato a Rieti dove la scuola ha investito denaro per invitare chef stellati a parlare del mestiere agli studenti, ma soprattutto si sono creati rapporti per portare i ragazzi a fare tirocini in ristoranti stellati. Insomma, serve maggiore intraprendenza e voglia di creare connessioni».

 

Biscotti: Ai docenti manca esperienza nel settore

Una visione che viene condivisa anche da Angelo Biscotti, che rompe il mito di una nuova generazione formata solo da bamboccioni viziati. «Oggi i ragazzi sono un valore aggiunto - sottolinea - e la loro dote migliore, da cavalcare, è la gran voglia di fare, di mettersi a disposizione. Io mi occupo di formazione a Cast Alimenti e il nostro obiettivo è quello di far capire agli studenti quali sono le difficoltà del mestiere. Tuttavia, i limiti sono molti: da un lato non tutti i docenti hanno esperienza diretta nel settore, dall’altro le scuole mancano proprio di strutture tecnologiche utili a formare a dovere gli allievi».

 

 

Mangia: Le scuole statali, un rifugio per disperati

Secondo alcuni, l’effetto Masterchef sarebbe già svanito. Mentre fino a qualche anno fa gli show televisivi avevano fatto esplodere una passione scriteriata verso il mestiere, oggi le luci della ribalta sono state ridimensionate e sulla strada della cucina è rimasto solo chi ha davvero voglia. La pensa così Gianluigi Mangia dell’omonimo ristorante di Palermo: «I ragazzi oggi sono più motivati, più colti, più pronti e più appassionati di cucina perché hanno maturato il vero amore per il mestiere. Penso però che gli istituti alberghieri statali non formano al meglio, spesso sono rifugi per “disperati”: le scuole private serie sono migliori».

 

Grillotti: Con la Dad, persi due anni di formazione

La distinzione tra corsi regionali o provinciali e corsi privati viene evidenziata anche da Elia Grillotti, del ristorante La Corte di Rieti: «La realtà - precisa - è che il programma degli istituti regionali o statali non è sufficiente per preparare i ragazzi, le scuole pensano più all’apparenza che alla sostanza. Chi esce dalle scuole e trova lavoro è perché si è dato da fare privatamente. Io insegno in una scuola alberghiera e soprattutto con il Covid e la Dad si è rasentato il ridicolo a livello di insegnamento. Di fatto per due anni abbiamo fatto diplomare ragazzi non pronti ed è anche per questo che si è creato quel bisogno di personale, che si fa fatica a trovare nonostante le paghe (almeno del mio ristorante) elevate perché diamo 150 euro a servizio».

 

Feo: Giovani senza capacità pagati più del dovuto

La mancanza di personale denunciata quest’estate su più fronti risente anche del fatto che in molti, anche se nel settore da diversi anni, hanno abbandonato la ristorazione a causa della crisi e si sono dedicati ad altro. Perché il mestiere è duro, i sacrifici tanti e il tempo per la famiglia risicato, soprattutto nelle ricorrenze. Un bisogno disperato che crea delle ulteriori problematiche: «Oggi - spiega Alessandro Feo dell’omonimo ristorante di Casal Velino (Sa) - a costo di avere personale i ristoratori pagano più del dovuto quelli che trovano. Sono in pochi perché tanti preferiscono percepire sussidi come il reddito di cittadinanza, che è un problema serio anche questo. L’altro aspetto riguarda l’età in cui si rende possibile lavorare: ora è salita a 16, mentre prima era 14 e anche questo è un limite perché i ragazzi arrivano nei ristoranti per tentare la carriera a 18 anni e se capiscono che non è la loro strada poi è dura tornare indietro e dedicarsi ad altro».

 

Labriola: Cuochi con poco tempo, difficile formare i ragazzi

Sul tema del lavoro batte anche Antonio Labriola, chef consultant: «Penso andrebbe rivisto il contratto nazionale del lavoro per tutelare gli imprenditori e i dipendenti in modo da innescare un circolo virtuoso utile a tutto il settore. Se i ragazzi arrivano nei ristoranti impreparati, poi tocca ai cuochi formarli, ma i cuochi hanno fretta di lavorare e poca pazienza di insegnargli, pretendendo che sappiano tutto subito e non accettando limiti ed errori. Un consiglio ai ragazzi: non gonfiate i curriculum con competenze che non avete, create inutili aspettative che danneggiano tutti».

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