Home restaurant: che cos'è, come funziona e quali sono le prospettive

Tradotto letteralmente vuol dire "ristorante in casa" e indica appunto una forma di ristorazione che avviene all’interno delle mura casalinghe. La tendenza degli home restaurant si sviluppa nelle case particular cubane e prende piede con i guerrilla restaurant a New York. Scopriamo insieme tutto quello che c'è da sapere

27 giugno 2023 | 08:30
di Luca Bassi

Negli ultimi anni ti sarà probabilmente capitato di imbatterti nel termine home restaurant. Tradotto letteralmente vuol dire "ristorante in casa" e indica appunto una forma di ristorazione che avviene all’interno delle mura casalinghe. La tendenza degli home restaurant si sviluppa a partire dalle case particular cubane, e comincia a prendere piede intorno al 2006 con i guerrilla restaurant a New York. Attraverso i social network, questa moda si è lentamente diffusa in tutto il mondo, dando origine al fenomeno che conosciamo oggi.

Come abbiamo già accennato, l’home restaurant è un tipo di attività di ristorazione che, piuttosto che svolgersi in un classico ristorante, ospita i propri clienti all’interno di una comunissima casa. I proprietari mettono a disposizione di un piccolo numero di clienti la loro sala da pranzo, offrendo spesso pietanze tipiche della zona. In altre parole si tratta di far diventare la propria abitazione un piccolo ristorante. Un luogo da aprire ad amici, conoscenti o utenti esterni per proporre loro il menù della casa. Nel vero senso della parola.

Come si norma un home restaurant? Ce lo spiega l'avvocato Klun

Ma come si norma tutto ciò? Un home restaurant è davvero privo di norme? Può essere considerato concorrenza sleale nei confronti dei ristoratori che hanno a che fare, ogni giorno, con regole rigide e burocrazia? «Sino a poco tempo fa per aprire un ‘ristorante casalingo’ non servivano particolari autorizzazioni, in forza del principio secondo cui l’homer non svolge una vera e propria attività di ristorazione - spiega l’avvocato Alessandro Klun, autore di testi in materia di diritto della ristorazione. A partire dall’anno 2009, il legislatore ha cercato in più occasioni di introdurre una disciplina organica in materia, senza tuttavia riuscirvi poiché per nessuna delle proposte di legge presentate (DDL n. S.1612/2009, DDL n. S. 1271/2014 e DDL n. 3258/2015) è giunto a conclusione l’iter di discussione e approvazione parlamentare».

Klun, è opportuna fare chiarezza una volta per tutte: cosa differenzia un home restaurant da un ristorante che possiamo definire normale?
In ogni caso, sia pur sinteticamente, si ritiene opportuno ricordare gli elementi caratterizzanti i citati provvedimenti: l’attività di home restaurant ha carattere saltuario - per cui il reddito annuale generato non può eccedere i 10mila euro -, può svolgersi, con organizzazione familiare, per un numero massimo di venti coperti al giorno e all’interno di strutture abitative, anche condotte in locazione, aventi i requisiti igienico-sanitari per l’uso abitativo previsti dalle leggi e dai regolamenti vigenti, senza necessità di iscrizione al Registro degli esercenti il commercio e previa segnalazione d’inizio attività (SCIA) al comune competente, accompagnata da una relazione di asseveramento redatta da un tecnico abilitato e dell’attestato Haccp.

Home restaurant, cosa dicono le normative

In materia è intervenuto anche il ministero dello Sviluppo Economico il quale, con risoluzione n. 50481 del 10.04.2015, richiamando le citate proposte, ha espressamente stabilito che norme e regolamenti che disciplinano le attività di somministrazione al pubblico di alimenti, incluse quelle in materia di sicurezza alimentare, devono essere applicate anche agli home restaurant che, pertanto, pur con le loro particolarità, costituiscono attività economico-commerciali in senso proprio. In data 17 gennaio 2017, la Camera dei Deputati ha licenziato nella sua versione definitiva la proposta di legge n. 2647 avente ad oggetto “l’attività di ristorazione in abitazione privata”, ad oggi non convertito in legge.

Tale proposta prevede che l’home restaurant si svolga esclusivamente tramite piattaforme digitali, finalizzate all’organizzazione di eventi enogastronomici, riconducibili ad un terzo gestore che, oltre a porre in contatto l’utente cuoco e il fruitore del servizio, deve assicurare che le informazioni relative alle attività degli utenti, iscritti alle medesime piattaforme, così come le relative transazioni siano tracciate e conservate. Stabilisce altresì i seguenti ulteriori principi: il carattere saltuario dell’attività che non può eccedere il limite massimo di 500 coperti per anno solare, né produrre introiti superiori a 5mila euro annui; l’utilizzo dell’organizzazione familiare dell’homer; l’esercizio dell’attività, previa comunicazione al Comune, in unità immobiliari ad uso abitativo che possiedano le caratteristiche di abitabilità e di igiene previste dalla normativa vigente, senza modifica della destinazione d’uso ed escluse quelle destinate ad attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale o attività di locazione per periodi di durata inferiore a trenta giorni (c.d. B&B).

Successivamente l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel parere reso in data 22 marzo 2017, ha evidenziato che la proposta in esame, prevedendo il ricorso alle piattaforme digitali, il numero annuo di coperti, il limite reddituale annuo, l’esclusione delle attività di B&B, Case Vacanza in forma non imprenditoriale e locazione, introduce indebite limitazioni e sostanziali discriminazioni a carico degli operatori di home restaurant. Conclude l'Autorità auspicando “che, al fine di superare i profili discriminatori e restrittivi sopra evidenziati, i rilievi sopra svolti siano tenuti in adeguata considerazione in occasione del prosieguo dell'iter legislativo sul DDL”.

Il ministero dell’Interno, con parere 1° febbraio 2019, pur riportandosi alla risoluzione 50481/2015 del ministero dello Sviluppo Economico, ha escluso che l'home restaurant possa essere ricondotto alla ristorazione tradizionale, quindi alla disciplina in vigore per le attività di somministrazione di alimenti e bevande, con conseguente obbligo di presentazione di Scia preventiva, condizionatamente alla sussistenza di taluni specifici requisiti: Apertura al pubblico della struttura in cui viene svolta l’attività di ristorazione. Somministrazione di alimenti e bevande effettuata in favore di clientela che accede alla struttura soltanto tramite prenotazione. Attività svolta episodicamente ed occasionalmente, ossia, sulla base di quanto previsto nella risoluzione citata, per un numero massimo non superiore a 3 giorni a settimana. Ne deriva che in mancanza di una normativa ad hoc, occorre valutare le caratteristiche proprie di ciascuna fattispecie.

Si segnalano interventi giurisprudenziali in materia?

In attesa dell’approvazione di una disciplina che dia una definitiva regolamentazione al settore va segnalato un primo intervento in materia di home restaurant in sede di giustizia amministrativa. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione di Napoli, con sentenza 8 giugno 2018, n. 3883, riportandosi alla risoluzione 10 aprile 2015, n. 50481 del Ministero Sviluppo Economico - ha ribadito la soggezione dell’home restaurant alla disciplina dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande con conseguente obbligo per l’homer di presentare la SCIA se l’attività si svolge in zone tutelate ovvero l’autorizzazione comunale se si tratte di zone non tutelate.

Persistendo poi il vuoto legislativo, con conseguente necessità di fare affidamento ad atti di natura regolamentare e amministrativa, questione particolarmente dibattuta in materia di home restaurant è divenuta quella relativa all’obbligo di presentare o meno, per chi intende intraprendere e condurre questa attività la c.d. SCIA, segnalazione certificata di inizio attività, presso il Comune ove ha sede l’immobile nel quale egli intende svolgerla. In aumento sono i casi in cui le Amministrazioni locali, richiamando la citata Risoluzione MISE, irrogano sanzioni nei confronti di homer che svolgono la suddetta attività senza aver presentato alcuna preventiva segnalazione. In questo ambito, per la sua portata innovativa, si sofferma l’attenzione sulla sentenza n. 139 emessa dal Giudice di Pace di San Miniato, depositata in data 31 luglio 2019. La vicenda prende le mosse da un’ordinanza ingiunzione avente ad oggetto il pagamento della sanzione di euro 2500,00, notificata ad un homer per l’esercizio in ambito domestico della relativa attività, in difetto di preventiva SCIA presso il Comune di Montopoli V.no.

Esaminate le argomentazioni delle parti il Giudice adito accoglieva il ricorso di parte opponente osservando che l’amministrazione convenuta non aveva fornito la prova che l’attività di home restaurant, in mancanza di una specifica disciplina, si svolgesse in zona tutelata - quindi che il Comune rientrava in tale definizione - la sola che ai sensi della citata Risoluzione Mise, priva comunque di rango legislativo e normativo, trattandosi di parere dotato di valore esclusivamente interpretativo - richiede la Scia preventiva. Nel caso che ci occupa il Giudice ha concluso per l’annullamento dell’impugnata ordinanza ingiunzione valutando come diligente la condotta dell’opponente in quanto la sua istanza volta ad ottenere chiarimenti dal Comune di residenza rimaneva priva di seguito. Tale pronunzia ha evidenziato ancora una volta che la materia si trova in uno stato di assoluta incertezza normativa e regolamentare che richiede, volta per volta, un esame della fattispecie concreta.

Quali prospettive per il ristorante “fatto in casa”?

Nell’attesa di una disciplina organica e definitiva della materia le uniche indicazioni cui fare riferimento sembrano provenire dalla risoluzione Mise n. 50481/2015 con cui il ristoratore casalingo è stato equiparato a quello tradizionale, con applicazione della relativa disciplina. Ne consegue, allo stato attuale, che il somministrante in ambito domestico di pasti destinati al commercio è tenuto a presentare la Scia, a possedere i requisiti morali e professionali previsti per la somministrazione, a rispettare le norme igienico-sanitarie, a presentare un piano Haccp, ad osservare come le norme urbanistiche ed edilizie vigenti nel luogo in cui l’attività viene svolta.

Gli operatori del settore hanno individuato un’apertura loro più favorevole nel parere espresso dal ministero dell’Interno in data 01 febbraio 2019 in forza del quale colui che esercita l’attività di home restaurant a casa propria non ha bisogno di comunicare l'inizio attività (Scia), purché si tratti di attività privata, non aperta al pubblico, svolta occasionalmente e non in zona «tutelata» così come indicata, sia pur a titolo puramente interpretativo, nella citata risoluzione. Soltanto se indirizzata a un pubblico indistinto, pur svolta occasionalmente, essa potrà qualificarsi come somministrazione di alimenti e bevande.

E ciò in considerazione del fatto che anche se i piatti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. Ciò nonostante, la persistente situazione di carenza normativa ha generato il moltiplicarsi di provvedimenti sanzionatori nei confronti di tali attività che hanno reagito promuovendo impugnazioni in sede giudiziale. Appare pertanto sempre più evidente la necessità di introdurre una nuova e definitiva regolamentazione della materia, che contemperi, da un lato, le esigenze di un’economia della condivisione in forte espansione, tramite la definizione di procedure snelle e deburocratizzate che tutelino il cuoco a domicilio e incentivino nuove aperture; dall’altro la necessità di evitare che il ristorante casalingo, tramite l’approvazione di disposizioni che garantiscano la salute pubblica e l’igiene alimentare, i “clienti” e i lavoratori del settore, si traduca in un’attività svolta in concorrenza rispetto alla ristorazione tradizionale.

Soltanto se il Legislatore sarà in grado di coniugare le suesposte istanze, con regole certe, obiettive ed uniformi, ad essere tutelati saranno sia coloro che intendono svolgere attività di ristorazione domestica, quale modalità emergente di offerta alternativa del servizio e al contempo nuova opportunità di reddito, sia coloro che di quel servizio, intendono fruire. 

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Alberto Lupini


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