La pasta italiana è uno dei prodotti più noti della nostra alimentazione: non a caso i nostri antenati, di alcune generazioni fa emigrati all’estero, erano chiamati “maccheroni”. La pasta (come prodotto e come piatto) varcando i confini nazionali, è stata apprezzata e si è diffusa in tutto il mondo intero. La sua qualità più che vedersi, si sente al palato e dipende degli ingredienti con cui è fatta; essenziale il grano, assolutamente duro e di grani selezionati. Importanti anche le tecniche di lavorazione che ha trovato in noi italiani grandissimi esperti nonché maestri.
Ma da prodotto a basso costo che serviva a sfamare gratificando i palati poveri, nel tempo vista l’alta gradibilità e al suo legame alla Dieta mediterranea, la pasta è divenuta un prodotto di grosso “business” economico. Nelle pubblicità sui giornali, nelle tv ed altro, sempre ho notato che viene evidenziato, e più volte rimarcato da parte dei vari “marchi” di produttori italiani, che il manufatto loro è ricavato con grani duri rigorosamente italiani.
Import ed export, dove è la verità?
La guerra in Ucraina ha messo con le spalle al muro alcuni produttori con la crisi per l’importazione, da quei luoghi, di grano e mais (ed altro); si tratta di produzioni che vengono utilizzate dall’industria alimentare italiana per sopperire la mancanza del prodotto primario locale. La pasta così prodotta usualmente è venduta poi con la dicitura “solo grani italiani”. Benché i referenti del nostro comparto industriale riferiscono a cuor sereno sulla veridicità delle loro affermazioni, molti consumatori si fanno delle domande e sollevano dubbi, specie ora che i rincari (oltre che per costi energetici di produzione industriale) siano lievitati ad dismisura anche per la mancanza di grano da trasformare.
Consumatori maliziosi poi hanno notato in una pubblicità televisiva di una notissima marca, leader da moltissimo tempo sul mercato, menzionare il loro prodotto ante crisi con “solo da grani duri rigorosamente italiani”, in seguito al mutamento dei mercati di approvvigionamento a “dai migliori grani mondiali”, sino a far sparire (dal sonoro) il riferimento della provenienza dell’ingrediente incriminato. E fatto recente inoltre la denuncia della magistratura verso i loro vertici di peculato, frode in commercio ed altri reati non da poco.
Trovo corretto ed onesto verso i consumatori la posizione del nostro “main partner”, grossissimo produttore di pasta con una grossissima esportazione, che giustamente ricorre e riconosce le importazioni di grano dall’estero (non solo Russia e Ucraina), riservando le nostre produzioni di grano nazionali alla alta gamma dedita alla ristorazione professionale e gourmet.
Come dice il detto “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi!“ è proprio vero. Non sta a noi di Fic giudicare l’operato, le strategie e le politiche commerciali di questa o quella azienda, come per tutte le cose, il valore e la sua collocazione nel “mercato libero” dipende dal consumatore, recependone serietà, trasparenza e soprattutto qualità del loro prodotto.
Grano non Ogm, siamo alle strette
Ma al di là di queste considerazioni, la Federcuochi è particolarmente preoccupata, per il rischio di dover rinunciare alle produzioni di cereali (grano, mais ed altri simili) non geneticamente modificate (senza Ogm): le attuali scorte in nostre mani sono arrivate al limite per le produzioni delle nostre paste, comprese quelle per alimentazione della zootecnica. Numerosi produttori, specie americani, utilizzano sementi Ogm, e durante la loro crescita, alti dosaggi di fertilizzanti e pesticidi, maggiori rispetto a quello consentito dalla legislazione della nostra Unione europea, sia per l’alimentazione umana che animale.
Infatti il pericolo di ritrovarsi, dopo anni di “battaglie legislative” contro le grosse lobby dell’agroalimentare, di dover bere latte di mucca, o mangiare uova da galline alimentate con mangimi non pienamente consoni è veramente fondato, così pure una buona e sana spaghettata. Si tratto di un pensiero mio e comune a tanti consumatori, con la viva speranza che questa guerra presto abbia termine, per un ritorno a una normalità dei mercati e degli approvvigionamenti, oltre che di morti inutili. Comunque cosa certa è che la Fic, come in passato, ora e sempre, vigilerà e garantirà con il suo operato e conoscenze un buon e sano mangiare.