L'equazione del gusto di Seby Sorbello Per creare piatti capaci di emozionare

07 aprile 2016 | 09:35
di Marco Di Giovanni
Spazio ad una cucina di qualità all’Assemblea nazionale della Federazione italiana cuochi, svoltasi in una due giorni in Veneto nella lussuosa cornice del Bhr Treviso Hotel. Non solo parole, non solo iniziative, non solo momenti unici di convivialità e scambio di opinioni. Uno dei momenti più “alti” di questo incontro tra i soci Fic è rappresentato senza dubbio dai cooking show. Un occhio di riguardo quindi alla ricerca, e di ricerca se n’è certamente occupato Seby Sorbello, executive chef del Ristorante Parco dei Principi di Zafferana Etnea (Ct) e presidente di Fic Promotion.


Enrico Lavernier e Seby Sorbello

Non un semplice titolo, nemmeno tante parole da sprecare a riguardo: Seby Sorbello racchiude la sua ideologia in cucina in un’equazione: “Sapere:Fare=Buono:Bello”. Una formula che appare di per sé semplice, quando in realtà nasconde dietro di sé l’essenza della professione di cuoco, una vera e propria garanzia della riuscita di un piatto, non di uno qualsiasi, precisa Sorbello, ma di un piatto che può entrare nella tradizione, ricordato dai posteri.

Partiamo dal primo termine. «Cosa significa sapere? - si chiede retoricamente lo chef - Significa conoscere il proprio territorio, gli ingredienti che si utilizzano e la maniera più efficace di disporli sul piatto. Una volta che so questi presupposti, allora, posso cominciare a fare». Non manca di chiarezza il discorso di Sorbello, il quale, a sostegno della sua tesi, fornisce semplici ma utili esempi: «Sapendo che un pomodoro contiene molta acqua, mi comporto di conseguenza nell'utilizzarlo nella mia preparazione; se scelgo una zucchina di un preciso territorio, la quale per sua stessa natura ha dei sapori straordinari intrinsechi, allora saprò cosa fare, vale a dire, ad esempio, esclusivamente scottarla per non alterarne il gusto. Questo è sapere, e dal sapere deriva il fare: così comportandosi si diventa professionisti nel nostro lavoro».

E ora la seconda parte dell’equazione. Cosa significa bello per Seby Sorbello? «Bello non si riferisce solo all’estetica del piatto, ad una disposizione degli ingredienti al posto giusto, ad una buona composizione; il bello è strettamente correlato con il buono, entrambi devono camminare a pari passo. Quando il buono è in grado di lasciarmi un ricordo, il bello dev’essere capace di evocarlo, partendo da una circostanza, da un ambiente, da una storia che va raccontata prima di tutto agli occhi».


I rossi non si toccano

Quest’equazione non solo è innovativa e al tempo stesso così ovvia e semplice da comprendere, è inoltre adatta ad ogni situazione, sempre vera, oltre a diventare presto titolo e argomento portante del nuovo libro, con titolo l’omonima equazione e sottotitolo “Guida all’esperienza consapevole del cibo”. La presentazione del testo-rivelazione avverrà in occasione di Cibo Nostrum, manifestazione nazionale di cucina prevista per il 22-24 maggio a Taormina, dove più di cento chef saranno in piazza alle prese con fornelli, ricette e cooking show, attorniati dalle bellezze di una città storicamente ed esteticamente intramontabile.

Una volta che conosco l’equazione, devo imparare anche il modo di usarla al meglio. E quel modo è lo scopo: lo scopo per il quale un piatto viene creato, il suo contesto, la sua ragion d’essere, tutti elementi questi che soprattutto ci aiutano a scegliere cosa aggiungere e cosa togliere eventualmente dall’idea iniziale della nostra creazione. «Non metto il pomodoro solo perché il mio piatto è carente di rosso, devo rispettare sempre tutti gli elementi dell’equazione e il suo senso di fondo».

A questo proposito, Seby Sorbello mostra il piatto che nel frattempo ha preparato con l’aiuto del suo assistente Enrico Lavernier. Si riconosce con facilità il tonno rosso, servito crudo a forma di lastra; poi il gambero rosso di Vazara, un croccante alla Carrubba (il frutto di un albero tipico della Macchia mediterranea, il cui profumo è deciso e unico nel suo genere), un cremoso al pomodoro datterino, un tuorlo d’uovo cotto a bassa temperatura (a 64°C per 12 minuti). Ingredienti questi ai quali poi vanno aggiunti la cipolla rossa in agrodolce, il peperone rosso e la fragola di Maletto, un frutto autoctono di grande pregio, che cresce nel Comune accanto a Bronte, da tutti noto per il suo pistacchio.

Seby Sorbello

Prima di rivelare il nome del piatto, Seby Sorbello evidenzia ciò che a tutto il pubblico era già noto: la prevalenza del colore rosso. Per comprenderla bisogna rifarsi sempre al libro in prossima uscita, in particolare ad un capitolo interamente dedicato ai colori: il rosso è un tono scientificamente legato al concetto di salute, ed domina nella creazione non per raccontare qualcosa di ricercato e complesso, al contrario, per avvicinare il cliente a ciò che sta mangiando, per comunicargli da subito l’intenzione dello chef.

Una curiosità va poi aggiunta. Essendo questo un piatto-bandiera per lo chef al suo ristorante in provincia di Catania, viene servito in maniera assolutamente particolare: «Prima di rivelare il nome del piatto al cliente, spruzziamo dell’aceto di lamponi e domandiamo lui quale colore quel preciso sentore gli evochi. Chiudete gli occhi, pensate al gusto dei lamponi. Così potrete comprendere il gioco che sta alla base del nome del piatto: “I rossi non si toccano”».

Un’equazione semplice, mai detta prima eppure così ovvia e al tempo stesso fondamentale, una teoria radicata dall’esperienza, una pratica riposta in un piatto simbolo come questo di Seby Sorbello. Tutti questi elementi rispondono ad un’unica concezione di fondo: la cucina è conoscenza e, quando è in mano a professionisti come chef Sorbello, riesce ancora a stupire e creare piatti che rimarranno nella memoria di chiunque li assaggi.

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Alberto Lupini


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