Per Braschi niente crisi del fine dining: «È una coccola che ci sarà sempre»

Lasciata Roma, lo chef vincitore di Masterchef 6, è prossimo ad aprire Vibe, il suo nuovo ristorante a Milano. Non condivide l’idea di una crisi dell’Alta cucina e si scaglia contro quanti hanno attaccato Carlo Cracco. «Sono solo haters e persone piccole che godono di presunte crisi» e non rispettano la ricerca in cucina

13 maggio 2023 | 05:00
di Elisa Santamaria

La nostra inchiesta sui giovani talenti emergenti in cucina e il fine dining si conclude con Valerio Braschi, classe 1997. Originario di Sant'Arcangelo di Romagna, Braschi è noto per aver partecipato e vinto la sesta edizione di Masterchef poco più che maggiorenne, negli ultimi 4 anni è stato alla guida del ristorante 1978 di Roma, e ora è in procinto a lanciarsi in una nuova avventura a Milano dove a breve aprirà il ristorante Vibe, in zona Porta Genova. Osservatore attento di quanto sta accadendo nell’Alta cucina, in merito alle presunte difficoltà del settore commenta: «Non penso assolutamente che ci sia una crisi del fine dining. I ristoranti fine dining lavorano e lavorano bene, è ovvio che i costi sono molto più alti rispetto ad altri, anche perchè preparazioni di questo genere richiedono anche più personale».

«Certi haters o altri - continua Braschi - dicono che per mangiare questi piatti ci mettono pochi secondi, ma per arrivare a quelle preparazioni c’è bisogno di tanto studio alla base e tanta, tanta manodopera, perché comunque c’è una attenzione particolare ad ogni singolo aspetto del piatto che sia: la presentazione, la pulizia, la temperatura, il gusto, si guarda tutto», spiega lo chef tutto d’un fiato.

Gli haters contro Cracco, «persone piccole»

Braschi vanta quasi 400mila follower tra Facebook e Instagram, ed è stato colpito dall’accanimento degli haters nei confronti di Carlo Cracco attaccato duramente dopo la notizia del buco nel bilancio del suo ristorante in Galleria Vittorio Emanuele a Milano: «Ho visto in seguito alla notizia su Cracco quante persone godono di queste cose. Non entro in merito alla situazione economica dello chef perché non è di mia competenza. Ma le persone che godono della crisi del fine dining sono persone piccole, perché il fine dining non è assolutamente un sostitutivo della ristorazione classica: questo è quello che certe persone devono capire. La ristorazione classica è la ristorazione quotidiana, si può andare a mangiare tutti i giorni, mentre il fine dining è la coccola che ti puoi dare ogni tanto; quindi, sono due cucine diverse che però devono vivere parallele, non possono scontrarsi perché non c’è motivo: dovrà sempre esistere la cucina di trattoria, di casa, semplice pulita, come dovrà sempre esistere l’Alta cucina, per differenziare».

Prezzi del fine dining ritoccati: colpa delle materie prime costose

Ma le accuse alzate in questo periodo da chi sostiene che il settore sia in crisi sono rivolte anche verso i prezzi dei piatti che hanno fatto registrare un generale rialzo: «Parlare di crisi del fine dining penso che sia un parolone, i costi sono aumentati per tutti, per qualsiasi cosa, qualsiasi ristorante adesso ha aumentato i costi, poi è ovvio. Nel fine dining i costi sono più alti, ma se sono più alti c’è un motivo».

«È ovvio – continua Braschi - che la situazione in cui ci troviamo ha portato all’aumento dei prezzi: ma questo non è perché vogliamo fare più soldi. Le materie prime costano molto, molto di più e quindi le cose sono due: o si aumenta il prezzo, o si aumenta il prezzo. È l’unico modo per adattarsi a questa situazione. Il mio personale suggerimento, visto che c’è questo problema, adesso è quello di valorizzare sempre più materie prime a chilometro zero, locali, vicine, in modo da poter abbassare anche eventualmente i costi mantenendo una qualità altissima perché non si può pensare che la soluzione sia diminuire la qualità, perché nel fine dining, ma in generale in tutte le cucine, la qualità non deve mai essere bassa», sottolinea Braschi.

Il fine dining di Braschi: un viaggio alla scoperta dello chef

Nel panorama dei giovani e talentuosi chef italiani Braschi si è già dimostrato particolarmente intraprendente ed entusiasta, ed ha fatto parlare di sé anche per alcune sue “provocazioni culinarie”: come la "carbonara distillata", la "lasagna in tubetto", fino al "pene di toro", una tantum che si accostano ad una sua idea chiara e precisa di fine dining: «La mia idea è quella di una cucina che riesca a emozionare, divertire e far star bene le persone, e soprattutto far scoprire cose nuove e far fare loro un viaggio, una esperienza, far provare piatti che da nessuna parte potrebbero mangiare, che siano identificati di me stesso, di chi sono, del mio percorso e della mia voglia di crescere e di fare nuove cose, perché giustamente ho 25 anni e ho voglia di divertirmi e voglio che questa mia gioia e divertimento nel lavoro, la mia passione nella cucina si veda poi nei piatti, questo penso sia fondamentale» spiega con l’entusiasmo di chi ama davvero quello che fa.

Riguardo invece alla ormai imminente apertura del ristorante Vibe a Milano anticipa: «Sono molto, molto emozionato. Sarà un ristorante fine dining come era quello di Roma, qui avrò più spazio quindi mi divertirò tantissimo e proveremo ad andare anche oltre».

Il ristorante Vibe e il personale

Parlando del nuovo ristorante, Braschi apre anche un’altra pagina dolente per la ristorazione, la mancanza cronica del personale che, dalla pandemia in poi, sembra insanabile. «La cosa che è cambiata da prima è che adesso le persone vogliono vivere una vita facendo questo mestiere. Bisogna dare anche a chi lavora in cucina, e comunque in tutta la ristorazione - perché di solito si parla solo di cuochi, ma bisogna parlare pure di camerieri, maître, sommelier, anche loro lavorano come i cuochi 20 ore al giorno -  la possibilità di crearsi una vita fuori dal ristorante; quindi, bisogna dare anche orari che consentano alle persone di vivere e soprattutto uno stipendio adeguato a vivere. Le persone vogliono contratti più stabili e vogliono poter fare progetti, non vogliono vivere con l’acqua alla gola» commenta lo chef.

Brachi in vista della nuova apertura metterà in pratica una soluzione che favorisca la vita fuori dal ristorante dei dipendenti senza però incidere sul lavoro: «Il nostro obiettivo – spiega - è meno personale, piuttosto che averne tanto e pagato da fame», questo nonostante l’Alta cucina, come lui stesso ha ammesso, necessita di una importante forza lavoro, cosa che sa bene Braschi: «Chi c’è lavorerà sodo, ma avrà due giorni di riposo, lunedì e martedì, inoltre apriremo a cena da mercoledì alla domenica e pranzo solo sabato e domenica, quindi chi c’è dovrà correre ma avrà la possibilità di avere una vita fuori dal ristorante e una paga soddisfacente», conclude lo chef.

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Alberto Lupini


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