Avere il ristorante pieno non basta A Milano La Mantia cambia location

Filippo La Mantia a fine anno chiude il suo locale a Milano: «Mi sposto in uno spazio più piccolo, è un po' come un trasloco». La colpa è del covid, e di tutto quello che ha tolto alla metropoli lombarda . «Il mio locale è pieno da maggio, ma l'affitto è troppo alto». Mancano all'appello eventi, cene aziendali e consulenze

27 agosto 2020 | 08:30
di Marco Di Giovanni
Prima era soltanto una voce che circolava sui social, ora invece ha trovato conferma. Il ristorante Filippo La Mantia Oste e Cuoco, punto di riferimento della buona cucina siciliana a Milano, chiude, o meglio, cambierà sede. Un locale «da 2mila metri quadrati e con 38 dipendenti» che contro il covid non ce l’ha fatta. E questo nonostante sia sempre super-richiesto, dalla riapertura a oggi. Filippo La Mantia, chef e socio Euro-Toques, lungimirante come sempre, realista per necessità «e un po’ cinico», ci spiega le ragioni.


Filippo La Mantia (foto: Flavio&Frank)

«Chiuderò, perché la situazione attuale non permette ad un ristorante così grande di sopravvivere. Cambierò location. È un po’ come fare un trasloco, vado ad abitare in un appartamento più piccolo». La domanda sorge spontanea: perché? Perché trasferirsi quando il proprio ristorante va a “gonfie vele” - se così si può dire in questo difficile periodo per la ristorazione tutta – dalla riapertura ad oggi? Filippo infatti non lascia spazio a dubbi: «Abbiamo lavorato tanto, da maggio fino a ieri, abbiamo sempre fatto tanti coperti». Ma questo non basta, non è il ristorante il problema.



L’affitto. Filippo La Mantia non è proprietario della struttura, ma è in affitto: «Pagavo 28mila euro al mese per il mio locale a Milano. I padroni delle mura mi hanno ridotto il canone in via provvisoria a 14mila euro per due mesi, poi sono tornato all’affitto pieno». Verrebbe da dire, in maniera superficiale: riempi il tuo locale e con i ricavi di pranzi e cene paghi quanto ti viene richiesto. Fosse così semplice.

In realtà La Mantia non basava il suo guadagno netto mensile esclusivamente sui coperti: «Eventi e manifestazioni, cene aziendali, consulenze». Dopo il covid, come sappiamo, questi comparti sono scomparsi (o si sono ridotti notevolmente). Eventi e manifestazioni sono stati tutti rinviati, alcuni a settembre (i più temerari), altri direttamente al 2021: «Tra moda e architettura qui a Milano facevamo una media di 80 eventi l’anno, li ho persi tutti»; anche le cene aziendali non trovano più posto nell’ordine del giorno di molte aziende. E le consulenze? «Si sono ridotte del 50% rispetto al periodo pre-coronavirus». Situazione non troppo diversa per show-cooking e simili. Tutto questo ha un impatto forte sul portafoglio della società dello chef, che se non si ridimensiona – come lui stesso ammette - «rischia di fallire».


Gli interni del ristorante Filippo La Mantia Oste e Cuoco

Ecco allora le ragioni per le quali La Mantia vuole un locale diverso. «Fosse stato mio, questo ristorante, chiaramente avrei lottato di più per tenerlo aperto. Ma essendo in affitto, non vedo perché non guardare in faccia alla realtà e scegliere una soluzione diversa, più idonea a questo periodo di cambiamento». Uno spazio nuovo, semplicemente più piccolo, ancora non individuato: «Mi stanno arrivando molte proposte, inizierà a decidere da ottobre in poi». Non è stata una scelta facile, quella dello chef siciliano – milanese d’adozione: «In questo ristorante ci ho speso un sacco di soldi». Non è un accontentarsi per sopravvivere, anzi, «è una scelta di coraggio».

La situazione è ancora in evoluzione. Filippo terrà aperto il suo Oste e Cuoco fino al 31 dicembre. «Sarà la mia ultima serata. Sono tanti anni che i miei clienti più affezionati mi chiedono di organizzare una cena di capodanno. Quest’anno lo farò, e sarà l’ultima prima del trasferimento». Una piccola pausa a gennaio, serve per «smontare tutte le cose mie», tutto ciò che ha contraddistinto il locale di La Mantia. E poi la nuova avventura comincerà.


Filippo La Mantia pochi giorni fa in visita al Savoy Beach Hotel di Paestum, in foto con Peppino Pagano

«Non sono né triste, né depresso. Anzi, sono contento. Il ristorante è sempre pieno, lo so, ma devo essere lucido, ormai ho 60 anni, devo avere la lungimiranza e il coraggio di cambiare, proprio come stanno facendo altri miei colleghi».

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Alberto Lupini


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